Per migliorare la Roma di De Rossi bisogna seguire i consigli di Mourinho
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9 maggio 2024, post Bayer Leverkusen-Roma 2-2: “Partita eroica” (Daniele De Rossi), “Grande spirito, dobbiamo ripartire da qui” (Leandro Paredes)
Dopo un anno, un cambio di allenatore, una finale di Europa League conquistata e una accarezzata e due-tre interviste fotocopia, la Roma è di fronte a un momento decisivo: quanto vale questa rosa e cosa serve per migliorarla, soprattutto se sarà chiamata a giocare la prossima Champions League?
Depurata dalla retorica a panchine alterne, la ri-evoluzione di De Rossi in sella alla Roma è stata in costante ascesa. Di entusiasmo, risultati, consensi e recentemente di valore degli avversari. E quindi di difficoltà. Le sfide in Europa League con Milan e Bayer e quelle in campionato con Bologna, Napoli e Juventus hanno mostrato i limiti che Mourinho declamava fin troppo pubblicamente: la rosa non ha abbastanza ricambi per reggere al top il doppio impegno settimanale, manca un terzino destro all’altezza, pochi difensori riescono ad attutire i contropiedi rivali: ben 12 subiti dal Leverkusen, 4 all’andata e 8 nel ritorno condizionato dalla ricerca della rimonta. Altri difetti esposti da Mourinho erano stati colmati da un mercato improvvisamente attivo dopo mesi di immobilismo: un terzino di piede sinistro (Angeliño, “il nostro miglior crossatore”, cit. De Rossi) utilizzato anche come terzo difensore sul centro sinistra e un’alternativa a Dybala (Baldanzi) con tutte le proporzioni del caso ma comunque con caratteristiche assimilabili.
De Rossi ha saputo trasmettere entusiasmo e autostima a un gruppo ormai sfinito dal rapporto con il suo predecessore, al quale la squadra contestava di avere come strategia principale la baraonda contro arbitri e avversari. La qualità della manovra ne ha beneficiato, la serenità del gruppo pure. Svilar, pur colpevole sull’1-2 della BayArena, è stato fin qui un ottimo protagonista e se è vero che Mourinho lo aveva schierato nella sua ultima panchina giallorossa contro il Milan, lo è altrettanto che non gli abbia mai dato la fiducia costante che gli ha trasmesso DDR dal suo arrivo. Il fatto che sia stato il migliore contro Napoli, Juventus e nei 180’ contro il Leverkusen non può passare inosservato: la squadra gioca per mantenere l’iniziativa ma quando il livello della competizione si alza, concede tanto. Sarà fondamentale un difensore veloce in campo aperto e abile anche senza punti di riferimento, come contro il Bayer all’andata.
In attacco il rientro di Abraham non basterà per compensare l’ormai certo addio di Lukaku, molto meno prolifico con DDR che con Mou. Dybala invece è stato molto più efficace in zona gol nella nuova gestione ma dopo le tante assenze pesanti degli anni juventini e la finale contro il Siviglia giocata per soli 65’, in Germania ha saltato l’ennesima sfida decisiva per infortunio. È un monito da non sottovalutare: la squadra non può essere costruita su di lui. La “storia clinica” sua e di altri (Spinazzola, Renato Sanches) è un fatto, non un’opinione (Paolo Cevoli sarebbe stato più colorito). Cristante uno e trino ha finito le bombole d’ossigeno e post Europeo sarà utile dargli respiro con un backup all’altezza. Centrocampisti possibilmente di sana e robusta costituzione e di energia oltre che di tecnica, insomma.
In questi mesi De Rossi ha mostrato di aver imparato tanto dall’esperienza negativa alla SPAL: ha reso più essenziale il suo possesso palla senza perdere il senso dell’estetica, ha modulato le scelte anche in base alle caratteristiche degli avversari, ha mantenuto grande equilibrio pur in un contesto emotivamente molto coinvolgente per lui. Non era facile né scontato. Tornato al via, come dopo un giro vorticoso di Monopoli, dall’estate avrà la possibilità di impostare la “sua” Roma. Che ha dimostrato di non essere “da ottavo-nono posto” (cit.) ma nemmeno da primi quattro posti. E che senza un rafforzamento radicale, pur mantenendo il suo grande “spirito”, dovrà superare sè stessa per migliorare il rendimento di questa stagione.