'Pellissier, perché hai imitato Marcolini?'
Sarà anche vero, come canta De Gregori, «che un giocatore non si giudica da un calcio di rigore». Ma non ditelo a Sergio Pellissier. «Non, non ditemelo, ci ha già pensato Marcolini...». Lui l'aveva già capito, negli spogliatoi. «Michele? So già che mi manderà un sms, io non lo leggerò...», ha detto Pellissier. E Marcolini? Lo ha beffato. «Ho letto il giornale lunedì e quando ho visto che s'aspettava un sms, non gliel'ho mandato... L'ho chiamato direttamente...». Immaginarsi il contenuto, non è difficile.
Storie di amici, di quelli veri, dietro un rigore sbagliato e prima di un gol capolavoro. «Visto, com'è Sergio?» aggiunge Marcolini. «Lui è un grande, per rimediare s'è inventato un gol da campione. Sergione lo è, perché i campioni non si abbattono per un errore... Certo, se vuoi la verità, un po' l'ho preso in giro...».Figurarsi. Fino all'anno scorso, il capitano «mordeva il freno». «Se non ci fosse Michele, qualche rigore in più l'avrei battuto...» pensava tra sé. «E qualche gol in più l'avrei fatto». Invece, niente. Il rigorista era Marcolini, specialista "alla Casarsa, o alla Signori, tanto per essere chiari. Rincorsa breve, un passo, due al massimo, e la palla piazzata. Bisogna essere freddi, anzi, di più, di ghiaccio. Perché il segreto è guardare il portiere, aspettare che faccia una mossa e piazzarla dove lui non va. E se trovi il portiere che aspetta più di te, più glaciale di te? Successe anche a Marcolini, qualche volta. Con Storari e la Juve, ad esempio. Più o meno quello che dev'essere successo domenica a Pellissier. «No, la verità è un'altra» racconta il capitano. «Mi ero allenato in settimana e mi sentivo sicuro. Avevo un po' studiato Frey, come si muove prima di un rigore. Ero pronto a batterlo così, ma qualcosa non ha funzionato. Lui è stato bravo, s'è mosso un po' da una parte, io ho provato a cambiare, ma lui c'è arrivato...». E lì non è stato facile. «No, proprio no. Le ho pensate tutte, potevo pareggiare ed eravamo ancora sotto, magari avremmo perso, per colpa mia. E poi, era un gol in meno per me... E poi ho pensato a Michele, vedrai come mi massacra, mi son detto...». Da lì, probabilmente, è spuntata anche quella forza trovata per salire in cielo a incornare l'angolo di Bradley. «Beh, è stato un bel gol, questo sì...», ammette.
Un gol da campione, dice Marcolini, tra uno sfottò e l'altro. «Certo, non può tirare i rigori come me... Scherzo, ovvio. Sergio li deve battere, lo ha fatto ancora e li ha sempre segnati. Mi ricordo anche l'anno scorso col Catania, segnò un rigore importantissimo. Sa come batterli, e gli farà bene anche per la classifica cannonieri...». Marcolini se n'è andato, ma gli amici restano per sempre. «Ci sentiamo spesso, ovviamente. Ho visto che sono partiti bene, sono molto contento. Il Chievo è stata una bellissima storia, anni indimenticabili. Vittorie e amicizie che restano al di là del tempo". Il presente è Padova, un'altra storia, anche questa da vivere, anche questa da vincere. «Ci proviamo» sorride Marcolini. «Anche per noi la partenza è stata buona, l'ambiente è ottimo, ma la concorrenza è spietata. Però, lottare è il nostro destino, no?». È anche quello di Pellissier. «Vincere partite così, ti dà un gran morale» spiega il capitano. Segnare gol così, ti dà una forza speciale. Perché non è facile sbagliare un rigore che può essere decisivo e non abbattersi. Ci vuole un fisico bestiale, e non solo. «Ci vuole classe, coraggio, forza, le qualità di Sergio» dice Marcolini. No, non è da tutti. È roba da Pellissier.