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Inter, Pavard e Bastoni 'braccetti diversi': come Inzaghi li ha trasformati in due jolly
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Tante persone si stanno accorgendo solo ora della bravura di Benjamin Pavard, che assieme a Alessandro Bastoni forma la nuova coppia di braccetti titolari di Simone Inzaghi: i braccetti diversi. Dove un tempo c’era la rocciosa rigidità di Skriniar, ora c’è il francese, con la sua tecnica da costruttore decentrato e il suo dinamismo flessibile da terzino destro evoluto prestato ad altri compiti. Pavard decisivo contro il Napoli in Supercoppa (assist per Lautaro) e nella partita scudetto contro la Juve, risolta da un tema tattico che lo vede protagonista e di cui avremo modo di parlare proprio in questo articolo. Pavard che sfiora il capolavoro contro la Roma e che torna a mettersi in mostra nella notte di Champions contro l’Atletico del Cholo. È un upgrade, inutile nasconderlo. Adesso il mantello del Demone può essere ancora più avvolgente. Sì, proprio a partire dalle caratteristiche e dalle funzioni particolari assegnate ai suoi braccetti di partita in partita, di fase in fase.
IL PRIMO QUARTO D’ORA - Martedì sera, quando l’Inter ha capito che la squadra di Simeone si contrapponeva in un certo modo (vedi sopra), ha azionato un dispositivo di sviluppo evidentemente preparato. Intorno al quarto d’ora la costruzione nerazzurra ad altezza centrocampo ha accentuato un tema di forte asimmetria tra Pavard e Bastoni. Dato che fino a quel momento l’Atletico si disponeva con un 3-5-2 storto, per schermare la prima costruzione di Bastoni con Llorente, e su Pavard usciva inevitabilmente in ritardo la mezzala Saùl, concedendogli spazio e quindi opportunità di costruire o condurre, ecco che l’Inter ha provato ad attivare di più il lato sinistro, altrimenti chiuso dal lavoro di Molina su Dimarco e appunto Llorente su Bastoni. Come?
ROTAZIONI E “PIATTAFORME DI LANCIO” - Beh, sfruttando quel ritardo di Saùl in uscita sul proprio centrodestra, per sistemarci dinamicamente una piattaforma di lancio per il cambio di gioco su Bastoni, spesso utilizzata da Calhanoglu (vedi immagine sopra) o Barella, o altrimenti dallo stesso Pavard ma in verticale, come risulta chiaro da questa giocata lunga per la torre di Thuram a Lautaro, una delle occasioni più importanti del primo tempo.
O come si può notare anche da quest’altra idea per Dumfries nel secondo tempo.
LA FLESSIBILITÀ DI PAVARD - Naturalmente questo spazio di cui godeva per un certo lasso di tempo Pavard poteva essere sfruttato dal francese in tanti modi. Vanno certo sottolineate le conduzioni palla al piede con cui non solo mangiava campo ma orientava la regia dell’Inter, però anche i movimenti senza palla. Guardate come si comporta tatticamente su questo cambio gioco di De Vrij.
Dopo essersi appoggiato di prima a Calhanoglu e mentre il turco serve Lautaro in verticale, Pavard non svuota semplicemente lo spazio che occupava, ma effettua un movimento sofisticato per andarsi a prendere la sponda dell’attaccante e far saltare i riferimenti al terzetto di centrocampo dell’Atletico, composto da Saul (che se lo perde), Koke su Barella e De Paul lontano in diagonale.
Queste sono “le sue curve” e le sue traiettorie di corsa spezzate (vedi sotto), che gli avversari non riescono a leggere in tempo. Eccolo ne “la mossa scudetto” che ha fatto impazzire la difesa bianconera, ripresentata a livello Champions.
Sembra essere un innocuo “svuotamento” per Barella, una corsa funzionale verso la bandierina ignorata dal compagno Darmian. Invece Pavard la converte in qualcos’altro, un’idea offensiva, una nuova linea di passaggio potenziale. Da qui Barella può servirlo in fretta con un rapido filtrante o crossare per la testa degli attaccanti nel cuore dell’area, come in effetti farà per Lautaro.