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Paulo Sousa, una vita sul roller coaster
Lo definì 'il miglior campionato del mondo'. Era il 1994, e Paulo Sousa si apprestava a vestire la maglia della Juventus nella Serie A tricolore. Un'operazione da 10 miliardi di lire per uno dei centrocampisti emergenti del panorama lusitano e continentale. Il nativo di Viseu, poi ritiratosi ad appena 31 anni per cronici problemi fisici, ha assunto i crismi del vincente in una carriera suggellata da numerosi successi: nove trofei in tutto, comprese due Champions – consecutive – con Juventus e Borussia Dortmund. Dal 2005, poi, l'incipit del curriculum da allenatore: dopo tre anni da vice della nazionale del suo paese sotto Carlos Queiroz, fu chiamato dal Queens Park Rangers del trio Briatore-Ecclestone-Mittal; da novembre 2008 ad aprile 2009 ottiene 7 vittorie in 26 partite, accumulando un gap di 9 punti dalla zona play-off che gli fu fatale. Il tecnico si scagliò contro il board londinese, reo, a suo dire, ''di aver raggiunto un accordo per la cessione in prestito di Blackstock al Nottingham Forest'' senza esserne informato. Parole dirette e taglienti, che portarono il management di Loftus Road alla drastica decisione di cacciare Sousa. Nel 2009 diventa allenatore dello Swansea City, subentrando a Roberto Martinez: settimo in Championship, ad un solo punto dal Blackpool e dalla zona playoff, l'allora 38enne mise però le basi per la scalata, sportiva e filosofica, del club gallese, tanto da meritarsi l'epiteto di 'forgotten man of the Swans' story' in un articolo dell'Independent del 2013 proprio sulla storia recente dello Swansea, oggi (straordinariamente) guidato da Gary Monk in Premier League.
Il 7 giugno 2010 arriva la chiamata del Leicester: una vittoria nelle prime nove costò l'esonero a Sousa, anche in questo caso non senza polemiche: ''Essere esonerati dopo aver avviato un progetto – teoricamente – a lungo termine è quanto mai sorprendente'' confessò il portoghese dopo l'allontanamento. Globe trotter da giocatore (sette squadre in dieci anni dopo la trafila dalle giovanili alla prima squadra del Benfica), globe trotter da tecnico: ecco, il 15 maggio 2011, la firma di un triennale con il Videoton, fresco campione d'Ungheria. Una Coppa di Lega ungherese e la Supercoppa d'Ungheria nel 2011 e 2012, un'eliminazione al secondo turno preliminare della Champions e una partecipazione nella fase a gruppi dell'Europa League (incontrando e battendo in casa, guarda un po', proprio il Basilea, sua futura squadra) partendo dal secondo turno preliminare, le dimissioni il 7 gennaio 2013 per motivi familiari e i rumors di una chiamata dei New York Red Bulls, senza che ciò si concretizzasse. Montagne russe, ancora una volta. Il 12 giugno 2013 Sousa raggiunge un'accordo con il Maccabi Tel Aviv: veni, vidi, vici. Una stagione, un successo nella Israeli Premier League, e poi i saluti. Il 28 maggio 2014 Sousa stipula un accordo triennale con il Basilea, con cui vince il titolo – sesto consecutivo per il club elvetico, pur perdendo la Coppa di Svizzera. Tutto è bene quel che non finisce bene, e così per Sousa arriva, il 17 giugno 2015, la rescissione consensuale del contratto. E pensare che, appena sette giorni prima, il presidente del club, Bernhard Heusler, aveva etichettato le voci di un accostamento tra Sousa e la Fiorentina come 'dettate solamente dall'isteria ridicola ed esagerata che contraddistingue il calcio', per poi spiegare, durante la spiegazione del neo tecnico Urs Fischer, come fosse un 'brutto segnale' l'infelicità di Sousa in terra svizzera.
La storia di Sousa, un vero e proprio ottovolante nelle emozioni dello sport. Manca ancora un tassello al puzzle: l'ufficialità con la Fiorentina. Pressing alto e contropiede sono i dogmi – gli hashtag, si direbbe oggi – del Sousa allenatore, con il 4-3-3 come marchio di fabbrica di un gioco pragmatico. Un uomo che, per essenza, ha diviso e sempre dividerà. Un personaggio eclettico, sopra le righe, cresciuto in una delle città più belle delle Beiras lusitane, ma, certo, non in una 'football city'. "Bem querer não se compra, não se vende, não se impõe com facas nos peitos nem se pode evitar: bem querer acontece." Voler bene non si compra, non si vende, non s'impone con coltelli al cuore nè si può evitare: voler bene succede. Così scriveva Jorge Amado. E,così, dovrà comportarsi Firenze, dopo le polemiche per la malagestione del Montella-case e quelle, decisamente più futili, sul passato a strisce bianconere dello stesso Sousa: voler bene al suo nuovo, funambolico ed intrigante tecnico. In attesa della tanto sudata ufficialità.
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