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    Pato: "Ronaldinho unico. Al Milan mi sfidava a gare di tunnel..."

    Pato: "Ronaldinho unico. Al Milan mi sfidava a gare di tunnel..."

    • Federico Albrizio
    Ronaldo il Fenomeno, il punto di riferimento di tutti i brasiliani. Anche per Alexandre Pato, che però rivela: "Chi non ha eguali è Ronaldinho".

    Pato è stato protagonista dell'ultima puntata del BSMT, podcast di Gianluca Gazzoli su YouTube, e ha parlato inevitabilmente anche di giocatori brasiliani che, come lui, sono entrati nella storia del Milan e nel cuore dei tifosi. R9, inevitabilmente, catalizza l'attenzione, ma il Papero ricorda con emozione il rapporto con il Gaucho raccontando un aneddoto dei tempi di Milanello.

    RONALDO IL FENOMENO O RONALDINHO - "Ronaldo per me è stato un idolo, il punto di riferimento che noi cerchiamo di essere in Brasile. E' stato molto importante per me, lo amo, giochiamo a tennis e lo batto facile. Se sta ascoltando lo sfido di nuovo (ride, ndr). Però quello che mi ha impressionato e per me non ha eguali è Ronaldinho. Il Samba. Roni per me era incredibile, è il nostro 9 del Brasile. Però Ronaldinho non so come spiegarlo. Mi ricordo che quando è arrivato al Milan si sedeva di fianco a me. Io arrivavo anche per dare il buongiorno. Per me Ronaldinho è stato quello più... Non so come dirlo".

    RONALDINHO AL MILAN - "Io guardavo in tv la Coppa del Mondo, tutto. Ho visto il passaggio che ha fatto, ha sofferto ed è tornato a vincere. Ronaldinho veniva da tanti anni di Barcellona che guardavo quando capivo più di calcio. Quando è arrivato al Milan e andavamo agli allenamenti, Ronaldinho mi diceva: "Ale, vediamo chi fa più tunnel oggi?". Io ok, ci proviamo. Io ne facevo due e lui dieci. Non ho visto tanto Pelé, ho visto Ronaldo. Però quello che era più vicino e che ho guardato era Ronaldinho".

    COSA SIGNIFICA GIOCARE A CALCIO PER UN BRASILIANO - "Non prendetemi in giro. Noi arriviamo sempre prima dell'allenamento a ridere e scherzare e le persone dicevano: "Guarda questi brasiliani, vogliono solo ridere". Però quando c'è il pallone cambia tutto. Tu vai lì, è divertente. Giochiamo perché è divertente. Però purtroppo il calcio è cambiato tanto. A parte quello, negli allenamenti ridevamo, scherzavamo. E agli allenatori non piace. Come a scuola, c'è quello che è più intelligente degli altri che fa tutto più veloce degli altri, sta lì a chiacchierare e quello di fianco non si concentra e per quello a volte si arrabbiavano. Poi sul campo era diverso. Facevamo quello che ci piace, con amore. Ora è cambiato tanto, anche in Brasile. Ok abbiamo Vinicius Junior, Raphinha, però è difficile fare di nuovo i giocatori che sono come Ronaldinho, Ronaldo, Rivaldo... Il calcio è cambiato e devi crescere".

    PERCHE' NON TUTTI I BRASILIANI RIESCONO AD AVERE UNA CARRIERA LONGEVA? - "L'Europa è molto diversa dal Brasile. Se tu vedi oggi anche la storia del Brasile, tu giochi a pallone sulla via senza scarpe. Però la cosa diversa che penso da brasiliano è la mentalità dell'europeo, è quello che manca al Brasile. Voi avete una mentalità diversa. Non è che qua non c'è l'amore, mi ricordo che Gattuso voleva scommettere tutto su due tocchi. Tu due io due, chi lascia cadere perde. Lui era matto ama il calcio. Però noi vediamo da un posto in cui non tutti hanno la possibilità di andare a scuola, in un centro di allenamento. A volte devi avere la fortuna di giocare in una via e che qualcuno ti trovi. L'educazione in Brasile è diversa rispetto a Europa o Stati Uniti. Capisco oggi e provo anche a parlare con tutti i giocatori piccoli, penso che in Brasile a volte facciamo più fatica a capire la persona che possiamo diventare oltre il calcio. Qui in Europa c'è già un obiettivo. In Brasile se vedi la possibilità di giocare a calcio lasci tutti, qui invece studiano per avere un piano B. Io mi ricordo, da 11 a 15 anni ricevevo 10 euro, poi mio padre mi ha dato 20 euro e me li sono tenuti in tasca per tre mesi. Perché pensavo che se li dava a me mancavno in casa. A 15 anni guadagnavo 300 euro, poi a 16 anni sono arrivato a 3mila, poi a 17 sono arrivato al Milan ed è salito a un milione. Tutto veloce. Ora è cambiato il calcio, a 16-18 anni prendi tanti soldi e io già guadagnavo bene per l'epoca. Con quei soldi puoi fare quello che vuoi, ma devi avere la testa. Se tu vai a parlare con un giocatore del Milan di 18 anni pensa diversamente dal 18enne che sta in Brasile. Ora c'è anche internet e anche loro stanno crescendo, si impara di più. Un'altra cosa che vedo sono i procuratori - non ce l'ho con nessuno -, loro devono insegnare ai giocatori a capire il loro valore e non lasciar loro pensare che sono solo prodotti. Insegnare tante cose, perché a volte non tutti hanno i genitori per insegnare loro queste cose. Al campo si può diventare un uomo e possono aiutare tutti. Io lotterò per insegnare questo".

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