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Parmamania: vince il calcio, per una volta
Bandiere, fiumi di persone che si abbracciano sotto colori diversi, un po’ gialloblù, un po’ blucerchiati, volti scoperti, zero spranghe, niente coltelli, nemmeno l’idea di portare una pistola in tasca, dato che va di moda di questi tempi, polizia che segue un corteo festoso dalla loro macchine, ma solo per ordine pubblico, pieno di vessilli alti e sventolanti. Inghilterra? Spagna? No, Italia, Parma. Una lezione di tifo è stata riservata nella giornata di domenica, dopo tutto quel fiume sudicio che ha sporcato una delle manifestazioni sportive del Bel Paese, che ha sottolineato ancora una volta la distanza fra noi e gli altri campionati, che ha scritto l’ennesima, forse la più brutta, pagina di una faccenda che con lo sport non ha nulla a che vedere. E’ facile cadere nel becero moralismo, o vittimismo, dipende dai punti di vista, essere banali è il rischio più ricorrente in queste occasioni, ma tacere forse è peggio. Lontani anni luce dalle soluzioni per debellare una malattia che sembra cronica, il sistema calcio si intreccia con quello politico, inevitabile, e ne vengono fuori schemi che si fa fatica a decifrare. Domenica no, niente di tutto questo: baci, abbracci e voglia di calcio, di sport, quello vero, seppure all’insegna di un gemellaggio storico che unisce Parma e Sampdoria. Le sciarpate, le sbandierate, della curva doriana, i cori pro Samp della Nord crociata, dedicata a una vittima, Matteo Bagnaresi, di un sistema che sta mietendo vittime e che non può essere considerato sport. Lo spettacolo stavolta, non lo offrono né Cassano, né Gabbiadini, solo una marea di tifosi festanti che sostengono la propria squadra e si sorreggono a vicenda, catapultando sensazioni nuove sul prato, anche verso i giocatori che una cosa del genere, forse, non l’hanno mai vista. E’ raro di questi tempo spiegare certe cose, ma la genuinità del tifo visto domenica in occasione di Parma-Sampdoria, è stata vera. L’altra faccia della medaglia, come si dice spesso in questi casi. L’impatto è stato forte: dalle immagini di Roma, a quelle di Parma, dalle pistole, ai pestaggi, alle rincorse dei poliziotti contro ultrà o simil-bestie, alle scene dolci di abbracci, pacifici scambi di bandiere, dai fischi all’inno Nazionale, all’assordante minuto di silenzio per Vujadin Boskov, indimenticato eroe. Imbarazzante, forse, non sentire nemmeno un colpo di tosse all’interno di uno stadio pieno di gente festante. Segno che qualcosa, in questo sport, si può e si deve salvare. Per una volta, almeno, una domenica è riuscito a vincere anche il calcio.