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Parmamania: da Tavecchio con dolore
Il Parma è caduto ancora, e altre volte cadrà. Sfiniti dalle chiacchiere fuori dal campo, Lucarelli e compagni, dopo l’ennesima scoppola e dopo altri mille errori sul campo, hanno terminato una settimana difficilissima, che ha decretato il fallimento ufficiale della società, tirata giù da una voragine di debiti, 218 milioni, che in maniera inspiegabile si è creata. Nello spogliatoio ancora si chiedono cosa li abbia portati fino a qui. Perché si è arrivato fino a questo punto in cui ora, non è più possibile tornare indietro.
Si cerca di guardare avanti, come si può, con un esercizio provvisorio che ha poco tempo per lavorare e molto lavoro da fare. Dinanzi a sé il Parma vede solo una gran nebbia, solo del fumo senza che nessuno sia capace di spegnere l’incendio divampato a settembre e che non trova nessuna soluzione di continuità. Con un magone inconfondibile, con un dispiacere unico, il Parma va da Tavecchio, per cercare delle rassicurazioni, per dettare delle regole da scrivere subito, affinché tutto ciò non si verifichi da nessuna parte.
E per chiarire la posizione forte dei calciatori, dei dipendenti, di quel briciolo di credibilità rimasta nel calcio e in quel poco di società che ancora c’è a Collecchio: o regole nuove, o addio campionato. La garanzia di giocare fino alla fine, da parte di Lucarelli e la squadra, non c’è, non c’è mai stata. “Decideremo di volta in volta” ha detto Cassani dopo il Torino, ha ripetuto più volte Lucarelli. Perché? Perché senza garanzie non si va da nessuna parte.
Da Tavecchio con dolore, sperando di trovare un po’ di sollievo. Un po’ di rassicurazione, un po’ di pace e tornare a giocare a calcio, a parlare di calcio. Quello vero. Altrimenti il Parma che è caduto, che cade sa settembre, non si alzerà più. Forse mai più.
Si cerca di guardare avanti, come si può, con un esercizio provvisorio che ha poco tempo per lavorare e molto lavoro da fare. Dinanzi a sé il Parma vede solo una gran nebbia, solo del fumo senza che nessuno sia capace di spegnere l’incendio divampato a settembre e che non trova nessuna soluzione di continuità. Con un magone inconfondibile, con un dispiacere unico, il Parma va da Tavecchio, per cercare delle rassicurazioni, per dettare delle regole da scrivere subito, affinché tutto ciò non si verifichi da nessuna parte.
E per chiarire la posizione forte dei calciatori, dei dipendenti, di quel briciolo di credibilità rimasta nel calcio e in quel poco di società che ancora c’è a Collecchio: o regole nuove, o addio campionato. La garanzia di giocare fino alla fine, da parte di Lucarelli e la squadra, non c’è, non c’è mai stata. “Decideremo di volta in volta” ha detto Cassani dopo il Torino, ha ripetuto più volte Lucarelli. Perché? Perché senza garanzie non si va da nessuna parte.
Da Tavecchio con dolore, sperando di trovare un po’ di sollievo. Un po’ di rassicurazione, un po’ di pace e tornare a giocare a calcio, a parlare di calcio. Quello vero. Altrimenti il Parma che è caduto, che cade sa settembre, non si alzerà più. Forse mai più.