Le parole escono fuori da sole quando pensi a Miccoli, stella polare del Palermo. Ma nel firmamento rosanero c'è anche un'altra stella, una luce che non brillava più e che adesso sembra stagliarsi all'orizzonte come una nuova galassia. La ribalta se l'è conquistata Igor Budan, nemesi di tanti altri giocatori che si sono affossati da soli creandosi problemi che la scalogna non aveva mai tenuto in gestazione per loro. L'attaccante croato è stato sgambettato dalla sfortuna quasi dieci volte, come il numero degli interventi chirurgici subiti in carriera. Igor è una sorta di allegro chirurgo, con particolare attenzione alle articolazioni. Ha curvato la schiena, ma non si è mai prostrato in ginocchio. E adesso si è rialzato.

Sono microstorie che se qualcuno avesse coraggiosamente provato a raccontare qualche mese fa, si sarebbe sentito dare del pirla. E chi scrive, in effetti, qualche epiteto parente se l'è beccato. Quando sta bene - e questo è difficilmente opinabile - Budan è tra i primi 10-15 attaccanti in Italia. Il problema - lapalissiano dirlo - è l'integrità fisica, se è vero che il colosso di Fiume non è mai riuscito a incamerare quella continuità che probabilmente lo avrebbe fatto diventare un grande, grandissimo giocatore.

Abbiamo quasi paura a scriverlo in ossequio alla scaramanzia, ma Igor stavolta sembra avere fatto pace con la Dea Bendata, che finora con lui non ci aveva visto mai. O, al contrario, ci aveva visto benissimo; punti di vista. Mangia - e qui usciamo di metafora - non lo vedeva per niente, mentre Mutti sta costruendo le sue fortune sopra questa colonna croata, che in area si fa sentire, fa salire la squadra e si sbatte spremendo sul campo fino all'ultima stilla di sudore (e sangue). È lui la fotografia da librocuore di questo Palermo, che al pari di Budan sta rinascendo come l'araba fenice. Già, gli arabi: un'altra favola che stuzzica. Ma questa, per il momento, è un'altra storia.