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Olanda, che fine hai fatto? Torna, il calcio ha disperatamente bisogno di te
La sconfitta di sabato per 2-0 in Bulgaria ha fatto scivolare la squadra al quarto posto nel girone A di qualificazioni mondiali ed è costata il posto a Blind. Nell'amichevole di domani ad Amsterdam con l'Italia andrà in panchina il suo vice Grim. Per l'incarico di nuovo ct si fanno i nomi di van Gaal, de Boer e Seedorf.
Chissà cosa direbbe nel suo castigliano-olandese che sapeva del nobile esperanto, il mito Cruijff. Forse la sua mentalità vincente avrebbe definito il movimento olandese di oggi, troppo difensivo e remissivo: rinnegatore di una fede che ha rivoluzionato il gioco, portandolo alla modernità.
Oggi quell’Olanda nel calcio non c’è più. Quasi come se i suoi interpreti abbiano, di colpo, perso l’orientamento di un’idea rivoluzionaria e si siano conformati, malinconicamente, al calcio globale dei nostri giorni che tutto appiattisce e nulla o quasi crea. Gli olandesi hanno sempre avuto nella loro storia il guizzo del genio, la bravura nel costruire, il visionario pensiero di unire due concetti che il mondo intorno a loro ha sempre pensato di dividere: il talento e la disciplina, vera alchimia della loro libertà calcistica.
Questa libertà oggi è soffocata dalla troppa disciplina e dalla pochissima cura del talento, in ossequio ai dogmi del tempo attuale, dove tutto va fatto di corsa in barba ai grandi principi dell’oriente che vogliono il tempo sempre presente a se stesso. Cosa che gli olandesi ben conoscono.
Mancano i dioscuri, i carismatici, i rivoluzionari, gli anarchici, i fuori controllo e i visionari. Insomma non ci sono più i Michels, gli Beenhakker, i van Gaal allenatori capaci di indicare il cammino verso la storia e la gloria. C’è solo cronaca, l’oggi rutinario. E di fatti c’è una nazionale priva di grandi centrocampisti (Strootman e il giovane de Jong a parte) e attaccanti, in cui giocano ancora Sneijder e Robben, reduci stanchi di glorie quasi mondiali.
Niente filosofia del talento di Neeskeens, van Basten e del sublime di Cruijff, ma solo la meccanica di comprimari troppo presi dal compitino per recitare Otello, Shakespeare, Bene nel teatro delle emozioni del calcio europeo.
Peccato, perché abbiamo bisogno dell’Olanda. Per la sua cultura della libertà, per la sua mentalità vincente del tutto è possibile, per il contributo al gioco. Ne abbiamo bisogno perché il calcio moderno ha perso le sue scuole più grandi: Italia, Olanda e Brasile. E questo è grave con buona pace della Spagna che tanto ci affascina ma che ragiona come Pizaro a Cuzco. Da conquistatori cioè, non da innovatori.
Gli olandesi sono stati per anni maestri, altro che gli inglesi. I sudditi di sua Maestà hanno inventato il gioco e l’hanno regolarizzato. Gli olandesi da vincenti, l’hanno scolpito rimodellandolo alla modernità. Oggi quella rivoluzione manca. C’è il 4-3-3 classico, il gioco all’attacco ma manca tutto il resto, il grande.
La tattica è quella delle minuzie e non dei grandi dettagli. Gli allenatori sono bravi ma non visionari. Il movimento in nome della commercializzazione ha rinunciato (vendendoli presto) ai giovani talenti dell’Ajax, del Psv, del Feyenoord.
L’idea di uscire per vincere all’estero si è fermata agli anni ’90. L’ultima vittoria in un trofeo UEFA è del 2002 col Feyenoord in Europa League. Poco troppo poco per chi ha fatto con la nazionale la storia del calcio non vincendo titoli ma insegnando al calcio a ragionare, imparando a esprimere talento e disciplina. Torna Olanda abbiamo disperatamente bisogno di te per non cadere vittime del calcio noioso di tempi grigi: i nostri.
@MQuaglini