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Occhio Frattesi, il calcio ha una memoria da elefante: le 4 dita a Leao sono un boomerang
Tra l’altro: nemmeno inedito, visto che una cosa simile la fece Francesco Totti rivolto a Tudor in un Roma-Juventus di quasi vent’anni fa (era il 2004). I tifosi interisti godono, perché nulla fa più godere un tifoso che vedere l’irrisione nella labbra dei propri idoli e lo sconforto dipinto nel volto degli avversari. I milanisti invece prendono nota. Se lo ricordi bene, Frattesi. Lo sfottò è per sua natura un boomerang. E il calcio, anche se non sembra, ha una memoria da elefante.
La parola chiave quando si tratta questo argomento così delicato è rispetto. Rispetto per lo sport e per l’avversario. Per il gioco stesso, per il senso del gioco e della sfida, anche per l'idea bella che si ha di se stessi. Vinco perché sono più bravo di te, non perché ti umilio. Tra l’altro: infierire deriva dal latino “Ferus”, cioè animale, il che rimanda a un contesto bestiale. Non sappiamo se tra i due c’è stato uno scambio di battute e di veleni, non è nemmeno importante. Stavolta sono i gesti a parlare più delle parole.
Insomma, con le quattro dita di Frattesi a mo’ di scherno non siamo nel territorio dello sort virtuoso, ma in quello della partitella da cortile dove dopo ogni gol ci si gira verso l’avversario e si fa il gesto dell’ombrello, oppure si indica il numero dei gol segnati. Cose così, che possono anche risultare divertenti, ma che - se ci pensate bene - non lo sono affatto. Non vogliamo essere moralisti, non ce n’è bisogno. Vogliamo solo ricordare che c’è anche un altro modo per fare festa, senza necessariamente tirare freccette ad un avversario già con le spalle al muro.
Il calcio è anche una questione di atteggiamenti. Anche, non solo. Ma è proprio da questi particolari che si giudica un giocatore nella sua interezza, per i gesti tecnici e per quelli che - con la tecnica - non hanno niente a che vedere.