Timossi: Osvaldo, scegli il Bologna
Prendete Manhattan. Sì, è il film di Woody Allen, quello che mi piace di più. "E’ anche il mio preferito", mi avranno detto decine di calciatori in quelle "eccentriche" interviste dove cercavo di fargli dire qualcosa di diverse dal solito "giocare a destra o a sinistra è indifferente, decide l’allenatore". E’ un po’ che non intervisto più un calciatore, finisce che ci faccio quattro chiacchiere, ma alla fine non si scrive nulla. Però lo ammetto: questa storia di Manhattan non mi ha mai convinto fino in fondo. Il mio amico Carlo Pallavicino (che come sapete è pure l’illuminato editore di questo sito) ci ha marciato una vita. Con i suoi talenti del pallone andavi sul sicuro: "Manhattan di Woody Allen è il mio film preferito". Era una sorta di spartiacque, una linea insuperabile: da una parte quelli di Manhattan, dall’altra quelli di Ogni maledetta domenica. Tutta questa storia mi serve per dirvi che metterei il ribelle Pablo Osvaldo tra i discepoli di Woody, anche se in verità non gli ho mai fatto una domanda del genere. E aggiungo subito che io sto con Osvaldo. Non ci ho fatto caso, ma se non esiste già lancio un nuovo hashtag: #iostoconOSVALDO.
Lunedì compirà 28 anni, non è più giovanissimo, ma certo neppure è da buttare. Ha lasciato parecchio del suo talento per strada, non voglio dire che sia un campione, però aveva (ha) i numeri per diventarlo: tecnico, veloce, moderno, rapido nello stretto, bravo di testa e spettacolare con certe rovesciate che sono pure coraggiose. A me il ragazzo è piaciuto, subito. L’ho conosciuto sette anni fa, quando seguivo la squadra dove giocava, la Fiorentina. L’ho incontrato nella "pancia" dello stadio Olimpico di Roma, credo dopo una partita contro la Lazio e credo dopo una delle sue tante bizze tra campo e panchina. Due cose ricordo con certezza: sgranocchiava qualcosa e aveva una faccia da irresistibile farabutto. Quei farabutti simpatici. Insomma, un giovane uomo di mondo, uno divertente, non banale. Avete presente lo sguardo di Gabbiadini, neo acquisto del Napoli? Ecco, senza offesa, pensate esattamente all’opposto e avrete Osvaldo.
Così l’altra sera, guardando Juventus-Inter, sentivo che qualcosa sarebbe successo. Ho osservato la faccia dell’italiano d’Argentina durante il riscaldamento e ho pensato: ora questo entra e combina qualcosa. Pensavo a un gran gol, ma non ho escluso un gran casino. Buona la seconda. Però diciamolo: Osvaldo aveva ragione, ha sbagliato Icardi. E ha sbagliato come Icardi spesso sbaglia, per un fastidioso eccesso di detestabile egoismo. Bene, Osvaldo no, lui offre gol e assist spettacolari. Dite che non doveva farlo in quel modo? Bene, ne avete facoltà, ma poi non lamentatevi se il pallone è solo noia, frasi fatte, atteggiamenti scontati. Poi vedendo il vaffa a Mancini, ho capito pure (come tutti) che Osvaldo aveva deciso di rompere con l’Inter, un po’ come fa con le madri dei suoi quattro figli (ultima compagna l’attrice argentina Jimena Baron).
Ora si dice che non lascerà l’Inter, perché evidentemente la società non vuole accontentarlo e assecondare il suo “vaffa-piano”. Io alla fine credo che verrà ceduto. E credo che sarà un bene per tutti, anche per il calcio italiano. Osvaldo non va frenato e tantomeno educato. Io credo vada solo capito. La differenza è sostanziale: lui ha cervello, le briglie sono indispensabili solo per chi non ne ha. Potrebbe andare al Milan, ma non credo sarebbe la scelta giusta. Potrebbe tornare alla Juve, ma non ne capirei fino in fondo il motivo. Potrebbe abbracciare Zola a Cagliari, ma credo si stancherebbe presto. Se posso permettermi gli direi di scegliere (tornare) il Bologna, fare una valanga di gol come fece nella Liga spagnola, portare i rossoblù sparati in serie A e tra un anno riconquistare pure la Nazionale. A Bologna magari ci pensano, sicuramente Osvaldo ritroverebbe Pantaleo Corvino. Uno che lo ha capito subito. Fu lui a volerlo alla Fiorentina, dove non lo voleva Prandelli, che poi lo chiamò in Nazionale.
Dettagli. Però io credo alla canaglia Osvaldo. Come credo che nel calcio italiano ci sia una pericolosa tendenza "esterofila". Meglio portare in patria stranieri collaudati (e consumati). Meglio riportare Cerci e dire che "bisogna aspettarlo", dimenticando che non si ha la pazienza per aspettare El Shaarawy e si ha una certa fretta di vendere il romanista Destro o considerare ormai al capolinea un meraviglioso attaccante come Pazzini. A me così non piace, sarà che sono un inguaribile romantico con una vera passione per Manhattan di Woody Allen.
Giampiero Timossi (giornalista Il Secolo XIX)