Calciomercato.com

  • AFP/Getty Images
    O Charuto do Timossi: i fantasmi del Faraone El Shaarawy

    O Charuto do Timossi: i fantasmi del Faraone El Shaarawy

    Sono i fantasmi del Faraone. Una manciata di giorni e il 27 ottobre Stephan El Shaarawy compirà 22 anni. Ha tutto, compreso una cresta impomatata alla quale dedica un’amorevole cura. Ha risolto i suoi problemi fisici, ha un contratto con il Milan fino al 2018, uno stipendio che con i premi arriva a 3 milioni a stagione e almeno fin qui ha incassato circa un altro milione all’anno facendo la réclame a un po’ di tutto, partendo dai biscotti. Eppure all’attaccante manca ancora qualcosa. Sicuramente gli manca il talent scout, l’uomo che lo ha scoperto, il suo ex procuratore.

    Lunedì sera ero ospite a Sky Sport, a casa del mio amico Alessandro Bonan. Il suo socio Gianluca Di Marzio era collegato da Genova, dopo Genoa-Empoli 1-1 stava commentando l’ira funesta (e sacrosanta) del tecnico rossoblù Gasperini. Sono arrivato a Milano in ritardo, ma ho fatto giusto in tempo ad ascoltare le parole di Roberto La Florio, ospite sul prato del Ferraris con uno dei miei miti assoluti, Roberto Pruzzo, O Rei di Crocefieschi (O Rei e non O Rey, è portoghese). Sono arrivato in ritardo, ma ho visto l’onesto e preparato e sincero La Forio togliersi un peso: “No, non sono più il procuratore di Stephan, questo non significa che non gli vorrò ancora bene come un nipote, uno di famiglia”. Anche queste dichiarazioni erano tardive. Dettaglio: uno di famiglia, il fratello Manuel El Shaarawy, è il nuovo agente del Faraone. Ha regolare licenza e quattro anni in più del fratello, di fatto affiancava La Florio già da un pezzo.

    La Florio non ha aggiunto altro, aveva la faccia triste, come se Robinson Crusoe vedesse sparire Venerdì tra le onde dell’oceano: il procuratore alassino scoprì i talenti dell’attaccante quasi dieci anni fa, lo ha visto crescere nelle giovanili del Genoa e portato a Padova, dove il giovanotto ha incassato il primo contratto da 90.000 euro a stagione, trovando un ambiente serio, molto serio, capace di coniugare una corsa promozione (poi fallita) con i primi guai fisici del Faraone. E infatti a inizio stagione Shephan si era potuto curare e pazienza il Padova in A alla fine non era salito. Padova è ambiente perfetto per far crescere i giovani. Due nomi? Albertini e Perin, ma non solo.

    Continuiamo con il Faraone e i suoi fantasmi. La Florio è lo stesso agente che aveva spinto El Shaarawy verso il Milan di Allegri e l’attaccante ci aveva messo del suo pure con un’intervista dove affermava di essere “da sempre tifoso del Milan”, tagliando ogni convenevole su altri club che cercavano di strapparlo alla concorrenza, in particolare Juventus e Inter. La Florio c’era, vigilava, diceva qualche no, spingeva. Probabilmente anche l’estate scorsa, quando tentò di convincere Stephan ad accettare le offerte di club russi e tedeschi, che a loro volta avevano già convinto il Milan a cedere l’attaccante. Il Faraone disse no e probabilmente qualcosa con il suo agente si spezzò, proprio in quell’occasione.

    Credo che quella (non) scelta sia stata un errore, anche se gli autarchici obietteranno subito che i talenti vanno trattenuti in Italia. Vero, ma vanno anche valorizzati, possono essere esaltati da esperienze europee come sta succedendo a Immobile o Pellè. E soprattutto in questo Milan credo sia ancora difficile per El Shaarawy imporsi. Le responsabilità sono sue. Era amico di Balotelli, ma ne soffriva la personalità. Come oggi soffre quella di Menez. A Verona, pur nella giornata di festa, chi stava a bordo campo non ha potuto non osservare che in tre occasioni il Faraone e il francese si sono mandati a quel paese. Succede, come può accadere che uscendo dal campo un attaccante si lasci scappare un “vaffa”. Stephan si giustificherà subito: “Non era certo per mister Inzaghi, ma per la mia prestazione”. Mister Inzaghi forse avrà finto di crederci, ma conosce a memoria le debolezze degli attaccanti. E non ha gradito, come non ha gradito le parole pronunciate alla vigilia da El Shaarawy, che ricordava di stare meglio, di essere pronto e quindi (inevitabilmente) di meritare più spazio. Inzaghi lo ha accontentato, l’attaccante non ha accontentato Inzaghi. El Shaarawy sarebbe perfetto per il 4-3-3 del Milan, Allegri costruì questo modulo su di lui, per lui, mandando a ramengo il resto, albero di Natale e affini.

    Inzaghi segue la stessa linea, ma ora ha almeno due tasselli insostituibili in attacco: il capocannoniere Honda sulla destra, e Menez “falso nove”. A sinistra? Sì, certo ci sarebbe il Farone, a condizione che cresca, stringa i denti e rigetti in gola la facile scorciatoia dei “vaffanculo”. Ci sarebbe, a condizione che rammenti che un attaccante moderno deve anche curare la fase difensiva, cosa che fa benissimo il neo acquisto Jack Bonaventura, uno che se continua così potrebbe squartare anche le ultime velleità del Faraone. Con il  4-3-3 di Inzaghi il Milan può vincere molto (Scudetto escluso, almeno quest’anno) e ripartire da questo schema di gioco. E per il tridente il Faraone sarebbe fondamentale, più di Pazzini, più di Torres che al momento sono relegati entrambi alle spalle dell’intoccabile, il “falso nueve” Menez. Allora coraggio El Shaarawy, si dia da fare, magari faccia vedere che a 22 anni si è grandi davvero. Anzi, esageri e si tagli la cresta, che rischia di diventare noiosa. Noiosa come le qualità inespresse di un meraviglioso attaccante italiano. Potenzialmente parlando.

    Giampiero Timossi (giornalista Il Secolo XIX)
    Su Twitter: 
    @GTimossi

    LEGGI GLI ARTICOLI DI TIMOSSI ANCHE SUL SUO BLOG
     

    Altre Notizie