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Napolimania: ha ragione De Laurentiis! Vanno fermate le nazionali, o si rischia un nuovo caso Ronaldo
Anche il calo di introiti provocato dal Covid ha intaccato il Napoli soltanto in maniera marginale, tanto che De Laurentiis si è permesso il lusso di ingaggiare Osimhen (costo a bilancio di 80 milioni di euro) e di consegnare a Gattuso anche il suo pupillo Bakayoko. Tutto ciò a conferma di quanto don Aurelio riesca a gestire al meglio le risorse che arrivano alla sua società attraverso le prestazioni sportive del team. Per questa ragione e per il bene di tutte quelle società che non hanno lo stesso bacino di utenza del Napoli, non ci si può permettere il lusso di fermare i campionati nazionali e le competizioni continentali per club. I bilanci di tutte le società professionistiche reggono solo se riescono a ricevere il quantum per loro previsto dalla ripartizione dei diritti tv e, per non subire un calo di introiti, bisognerà giocare tutte le partite previste dal contratto triennale che scadrà a giugno prossimo. Non una in meno, come invece saranno costretti Figc e Lega Calcio, qualora fosse necessario ripiegare sui playoff per assegnazione dello scudetto, per l’accesso a Champions ed Europa League, oltre alle retrocessioni nel campionato cadetto.
Cosa fare per ridurre al minimo il rischio di una catastrofe economica nell’industria del pallone che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone? Bisogna fermare l’attività delle nazionali. De Laurentiis ha ragione nel dire che dal mese di novembre sarà necessario evitare che i calciatori di club possano aggregarsi alle rispettive nazionali, così da evitare altri rischi di contagio, come è successo a Cristiano Ronaldo con la selezione portoghese. Quest’anno qualcosa bisogna sacrificarlo e non può essere di certo la contrazione dei campionati nazionali che garantiscono le risorse a tutti i club.
Quest’anno e fino a quando il Covid non sarà domato, bisognerà fermare tutte le competizioni delle nazionali, perché il momento che la società civile sta vivendo è molto simile a quello dello stato di guerra. Basterà osservare l’albo dei campionati del mondo di calcio e ci si accorgerà che dopo le prime tre edizioni del 1930 in Uruguay (vinsero i padroni di casa), del 1934 in Italia e del 1938 in Francia (entrambe le edizioni vinte dall’Italia), si passò direttamente ai Mondiali del 1950 in Brasile. Questo perchè la seconda guerra Mondiale (1939-1945) bloccò quasi tutte le attività sportive internazionali. Anche se il nemico del mondo è diverso da quelli di allora, oggi più che mai il calcio dovrà essere limitato ai confini nazionali ed al massimo allargarsi solo al continente europeo.