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    Napoli: vincere lo Scudetto non è un obbligo, ma lottare per vincerlo sì

    Napoli: vincere lo Scudetto non è un obbligo, ma lottare per vincerlo sì

    • Massimo Callegari
    Un club che ha acquistato 4 dei 7 calciatori più cari dell’estate in Serie A, con l’allenatore più pagato del campionato (6,5 milioni come Simone Inzaghi) e senza gli impegni delle coppe europee, deve competere per lo Scudetto? Elementare uaglió: sì, il Napoli deve lottare per lo Scudetto. Attenzione: “lottare”, non “vincere”, quello è un obbligo per pochi(ssimi). Ma deve e può farlo, ancor più dopo essere riuscito, con risultati ben superiori alla qualità del gioco, ad accorciare il margine dalla vetta a un solo punto. Non era scontato, dopo il crollo inquietante di Verona.

    La società ha assecondato Antonio Conte, blindandolo con un contratto che ne certifica il valore e rende complicato attaccarlo/delegittimarlo: il prezzo da pagare, non solo nei confronti della piazza che già lo adora, sarebbe insostenibile. L’aspettativa che il tecnico genera è stata determinata dai risultati spesso immediati che ha ottenuto; dalle scelte che ha fatto, andando in club reduci da annate negative, preferibilmente senza impegni europei nel primo anno della sua gestione; e dalla strategia comunicativa, in cui ha sempre abilmente miscelato “politica estera e politica interna” (copyright Ettore Messina). Alla Juve “questa squadra (senza Pirlo e Vidal, ndr) arriva da un settimo posto” era il concetto reiterato allo stremo nelle interviste pubbliche ma sin dai primi allenamenti era stato un monito sprezzante verso i suoi calciatori: dovete provare vergogna dopo un piazzamento del genere e su quel sentimento costruire la rinascita.

    Ora molto è nelle sue mani, perché l’avaria di fuoriclasse nel calcio attuale ha prodotto il paradosso di dare più importanza agli allenatori che ai calciatori. Molto resta comunque anche nei loro piedi e solo il campo dirà se sono davvero così preziosi. Già, perché negli ultimi due anni solo la Juventus aveva avvicinato la valutazione data dal Napoli a Lukaku, nell’ipotetico scambio con Vlahovic, che sarebbe stato strategico per il club bianconero più per il bilancio che per l’aspetto tecnico. Scott McTominay ha le potenzialità fisiche, di carattere, tattiche e tecniche (in that order, cit.) per fare la differenza in Serie A e per questo è stato pagato oltre 30 milioni di euro, quasi al massimo della sua curva di prezzo nonostante non fosse certo di partire titolare nel malandato Manchester United di Ten Hag. Piaceva solo a club di seconda fascia in Premier (West Ham e Newcastle) ma i 10 gol dell’ultima stagione sono indicativi della sua capacità di assaltare l’area con forza e tempi di inserimento, anche di testa: caratteristica fondamentale per diversificare la qualità offensiva dei centrocampisti azzurri, come ha mostrato la rete di Anguissa al Parma. Insomma, Conte dovrà legittimare sul campo la sua insistenza nei confronti della società per ottenere questi calciatori. La sua fiducia totale in loro è una base enorme su cui lavorare.

    Proprio il camerunese e Lobotka avevano vissuto la stagione della vita nella cavalcata scudetto. Sono andati probabilmente anche oltre i loro limiti, grazie al lavoro di Spalletti e alla chimica che si era creata nel gruppo. Lo slovacco è stato tra i pochi a salvarsi anche nella scorsa stagione. Altri sono crollati, in un gruppo sfaldato che Conte sembra aver già ricompattato con il suo infallibile metodo di selezione, meritocratico quanto spietato. David Neres (28 milioni, settimo acquisto più caro dell’estate italiana) ha illuminato la rimonta sul Parma con strappi di tecnica e velocità. Al netto di due gravi infortuni al ginocchio sinistro, è andato in doppia cifra solo in un campionato in Olanda. Ma, sempre ricordando che la Serie A non è la Champions, da noi può diventare presto un giocatore determinante. Un salto di qualità rispetto a Politano e Ngonge e che ben si combina con la strapotenza offensiva di Kvaratskhelia. Per questi e altri 150 milioni di motivi (più 6,5 all’anno) il Napoli ha il dovere di competere per lo Scudetto. Essere non solo “scintilla” (come nell’arrembaggio finale col Parma) ma anche “dinamite”, martellante fino a far implodere l’avversario. Tra lottare e vincere, poi, ci sono di mezzo la Juventus, con grandi margini di crescita dopo il convincente avvio, e ancor più l’Inter, che resta la favorita. Come lo era il Milan di Allegri e Ibra, che Conte beffò sul traguardo con la sua prima Juventus bella e impossibile…

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    Ah bene perché non accadrà

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