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    Napoli-Verona, la moglie di Giuliani: 'Dimenticato da tutti perché l'Aids fa paura, lo hanno fatto morire da solo'

    Napoli-Verona, la moglie di Giuliani: 'Dimenticato da tutti perché l'Aids fa paura, lo hanno fatto morire da solo'

    Giuliano Giuliani, portiere del secondo scudetto del Napoli, se n’è andato a 38 anni, il 14 novembre del 1996, ucciso dall’Aids. E oggi la moglie Raffaella Del Rosario parla dell’ex estremo difensore dei partenopei, che ha difeso la porta anche del Verona, alla vigilia della sfida tra i suoi due vecchi club: “A Verona è stato un anno e mezzo meraviglioso, giravamo in tandem per non stare lontani nemmeno in bicicletta! Vivevamo una favola. Poi è arrivato il Napoli. Era felice di andare a giocare con Maradona, anche se avrebbe preferito l’Inter, con cui aveva già firmato un contratto. È saltato tutto per via di Zenga, che all’ultimo decise di restare. Giuliano è un tipo razionale, amava il Nord, ma Napoli ha conquistato anche lui” le sue parole a la Gazzetta dello Sport. 

    NAPOLI - “Festini a base di sesso e droga? Giuliano mi raccontava di queste serate tra i calciatori più giovani. Lui era tra i più “anziani”, non ha mai partecipato”. 

    MATRIMONIO DI MARADONA - “Il 25 ottobre era nata la mia Gessica, quindi non potevo muovermi. Lui invece partì (il matrimonio era a Buenos Aires, ndr), nonostante lo avessi supplicato di restare. Più di un anno dopo, nel darmi la notizia della malattia, mi confessò di avere avuto una notte di sesso in quei giorni in Argentina, disse che quello fu il suo unico tradimento”. 

    L’AIDS - “Si pensava fosse una malattia riservata a gay, drogati e a chi aveva una vita sregolatissima. Non certo a uno come Giuliano. Per il mondo del calcio poi era completamente tabù. I giocatori la temevano, avevano paura di essere accostati a determinati ambienti. Infatti sparirono tutti. Come prese la notizia? Come dicevo era molto razionale, pensò subito a come avere le cure migliori. Io invece la presi malissimo. Avevo 24 anni e quando seppi del tradimento decisi di andare via. Poi mi toccarono anche gli esami, che per fortuna andarono tutti bene, ma ero nel panico, da sola a Udine con una bambina di un anno e la paura di morire. Per questo lo lasciai e tornai a Napoli dalla mia migliore amica. La malattia non c’entrava: lui era andato a letto con un’altra, il problema era quello. Adesso non ho più alcun rancore. Con Giuliano parlo spesso, gli racconto come stiamo io e Gessica…”.

    IL GIORNO DELLA MORTE - “Vivevamo tutti a Bologna, sono corsa in ospedale. Oltre a me non c’era nessuno. È morto solo per una malattia che può capitare a chiunque”. 

    ZERO TELEFONATE DAGLI EX COMPAGNI - “Era molto amico di Fusi, Corradini, Renica e Zola, il gruppo più tranquillo. Tutti scomparsi. Due-tre anni fa si è fatto vivo Renica e mi ha chiesto perdono, mi ha detto: “Ho avuto paura”. Io comunque in un certo senso li capisco: si sentivano cose allucinanti, c’era chi parlava di festini gay e di droga, quindi questi ragazzi preferivano star lontani. Ma tutta la società sbagliava sull’Aids, i malati erano ghettizzati e credo che sia stato fatto poco anche dopo: la malattia esiste ancora ma nessuno ne parla. Mi piacerebbe fare qualcosa per sensibilizzare la gente, ma da sola è davvero dura. Avrei voluto organizzare una partita per Giuliano, ho lanciato diversi appelli che nessuno ha raccolto. Eppure si fanno tante iniziative per altri calciatori scomparsi, per lui niente. Si vede che la parola Aids spaventa ancora”.

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