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Napoli-Juventus vista dal campo: Politano capopopolo, Thiago Motta prevede il secondo tempo
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Era prima di un’altra partita importante e appena prima di scendere dall’auto, al Taxista che mi accompagnava chiesi: sarà pieno secondo lei stasera il San Paolo? Lui, buttando un occhio allo specchietto retrovisore, di taglio mi disse: non credo. NON CI FIDIAMO ANCORA.
Era un Napoli che non funzionava, era il Napoli di Gattuso, incartato nel dopo Ancelotti che fu il dopo Sarri. Quelle 4 parole però, dette più di 4 anni fa, da allora mi risuonano nelle orecchie ogni volta che metto piede a Napoli, mi sembrano il termometro migliore per misurare la città. Perché se a Roma, Roma e Lazio sono una fede, a Napoli, il Napoli è un amore.
Credo che solo così, parlando di innamoramento e dei suoi gradi, si spieghi il Napoli di Antonio Conto e perché, arrivando al Maradona per la partita con la Juventus, si percepisca un’aria diversa, un’aria che a ben vedere non è il solito velo di tensione pre grande partita.
D’accordo ci sono molti più controlli del solito. Pur riconoscendoci ad esempio, persone che ci vedono spesso, ci hanno comunque chiesto un documento perché “oggi è tutto un po’ più…insomma tutto un po’ più”. In generale si percepisce un’euforia direi “preventiva”, per quanto arrivi ben prima di un calcio d’inizio, un gol o un fischio finale.
Il Maradona, pieno solo delle persone che ci lavorano, è contento, già a 3 ore dalla partita.
Thiago Motta sorprende tutti: Kolo Muani dall’inizio. O forse a ben vedere, l’allenatore bianconero fa paradossalmente la cosa più naturale di tutte, considerato quanto la Juve pagherà questo prestito di 5 mesi.
Il francese, a osservarlo da vicino nel riscaldamento, mi ha ricordato Khaby Lame. Vi prego non pensiate sia una presa in giro, tutt’altro. Ora vi spiego. Al di là di tratti somatici che possono anche ricordarlo, l’attaccante francese, in mezzo al Maradona traboccante di entusiasmo, è rimasto calmo, quieto, placido, guardandosi spesso attorno, come ogni tanto il content creator più famoso al mondo fa nei suoi video. Anche complice un italiano che di fatto non parla e un inglese che mastica solo, Kolo Muani nel riscaldamento non ha detto una parola, esattamente come Khaby, si è limitato a mostrare come si faccia una cosa. L’ha fatto vedere in primis a Vlahovic, che ha vissuto il pre partita in maniera molto serena, cercando di prendere la traversa da centrocampo, ballando con Pinsoglio una “loro” canzone messa dal dj set del Maradona. Kolo Muani, dicevo, ha mostrato come si faccia il centravanti per Thiago Motta: prima col velo che porta Yildiz a un passo dall’1-0, una giocata che difficilmente in quel frangente Vlahovic avrebbe immaginato e poi segnando. Butta in porta una palla vagabonda e premia un primo tempo che la Juve ha giocato con personalità, corsa e credo, nella propria idea calcistica e nell’impostazione tattica del proprio allenatore.
Dall’altra parte, come sempre, Conte ha mosso i suoi. Per chi non avesse mai visto da vicino l’allenatore del Napoli durante i 90’, beh dovete sapere che arriva un certo punto in cui Conte si spazientisce e inizia a chiamare ogni singolo passaggio alla sua squadra. E ogni passaggio da lui chiamato è accompagnato da un “SEE!!”. Conte ieri ha capito presto che la pressione della Juve aveva bloccato la ruota del suo Napoli, che non girava come al solito. Perché Lobotka non si vedeva e gli esterni non riuscivano a trovare l’1 contro 1. Fermatevi su questo concetto perché, almeno a livello tattico, è quello che nel secondo tempo, farà la differenza.
A qualche metro da lui, Thiago Motta dimostra di sentire la partita, perché soprattutto nel primo tempo, rispetto allo stile solito dell’allenatore bianconero, le indicazioni sono il triplo. Come col Milan, ferma spesso Gatti, voglioso di contribuire alla costruzione, perché rimanga in marcatura preventiva su Lukaku. Parla e tanto con Yildiz, per indirizzarlo nella pressione sulla difesa del Napoli, ma anche per gestirlo mentalmente dopo l’errore sotto porta. E infine, prevede il secondo tempo: richiama cento volte Thuram, chiede ai compagni che parlino col centrocampista francese, che troppe volte non segue l’inserimento di Anguissa.
Ecco, Anguissa. La sua non esultanza, quello stare in piedi, indietreggiando un poco, guardando gli occhi trasfigurati di Mc Tominay che gli urla in faccia a pochi passi, ecco questa è l’immagine della superiorità del Napoli nel secondo tempo. Il Napoli è superiore e non solo lo sa, ne è convinto, lo dice lo stesso Politano alla sua panchina, dopo il 2-1 di Lukaku.
Conte nel secondo tempo fa abbassare Lobotka tra i difensori per aiutare l’impostazione, così il Napoli ha più aria e gli esterni riescono sistematicamente a puntare. Al di la di questi accorgimenti, il Napoli semplicemente corre il doppio della Juve. Per la precisione, a fine partita, la squadra di Conte avrà corso 4km in più di quella di Motta, la stessa identica differenza, a favore della Juve, che c’era stata contro Atalanta e Milan. Sarà un caso.
Contestualmente, dalla parte bianconera spariscono i leader, in campo si vede urlare, sbraitare ed agitarsi solo Gatti. Koopmeiners, utile al possesso quando la squadra gira o meglio “ruota”, per rimanere sulla filosofia di Thiago Motta, ancora una volta sparisce quando c’è bisogno di reagire. L’olandese è di nuovo il bianconero con più km nella partita, quasi 12, a fronte di 43 tocchi totali. Ecco nel secondo tempo, di questi 43, solo 12 e uno è il calcio d’inizio. È la fotografia di una Juve a metà, che gioca un tempo bene e poi si spegne, come se bastassero 45’ per accontentarsi. Locatelli, che nel primo tempo primeggia anche nei duelli aerei, nel secondo tempo non vince più un contrasto.
Di contro, Politano diventa capo popolo, agita la gola del Maradona ad ogni corner, esulta da solo sull’1-1 totalmente in trance e salta addosso a Lukaku dopo che il belga zittisce il settore ospiti, sul definitivo 2-1. La stagione di Politano, la sua partita, la scivolata che fa per recuperare palla su Kolo Muani, prima di crollare esausto, sono l’esaltazione del gregariato contiano. Come lo è Simeone e il suo atteggiamento, uno che il campo lo vede poco, entra e sdraiato a terra, mette la testa tra il pallone e il piede di un avversario per non far ripartire la Juve.
È anche o forse soprattutto qui la differenza, vince la Cazzimma del Napoli, contro una Juve che prometteva “finalmente” un gioco principesco e che invece fin qui rimane impelagata nei propri principi.
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" Motta ha ragione quando dice che la Juve ha pagato gli sforzi di Champions. Ma questa è propri...