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Napoli-Inter: Conte viene da zero vittorie in 4 giornate, come nel suo primo Scudetto
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Scenario che non si concretizzerà solo per una questione di minuti. Con un gol invece che, come nei mondi immaginari di Nolan, ne apre un altro totalmente differente. E inaspettato. Preso quel gol il Napoli si scioglie, scoprendosi meno forte di quanto pensasse di essere. Un trucco che Conte aveva ben celato, per carità. I partenopei non avevano certo incantato per calcio espresso, rimanendo lontani - a proposito di Nolan - galassie spazio/temporali dalla creatura che con Spalletti, più o meno di questo periodo, chiudeva i conti proprio due anni fa.
Ma quando scegli Conte la vittoria non implica l'aspetto estetico della questione, casomai è un accessorio, un dettaglio da chi frequenta passerelle; no, Conte è il più brutale dei sarti, il suo capotto deve svolgere la funzione primaria: scaldare e aiutarti a superare l'inverno. Nessuno pensava però che un piccola incisione, un graffietto, come quello di Angelino, potesse aprire uno squarcio. Udinese, Lazio e Como - due punti su nove disponibili - a far entrare un vento gelido, a congelare una squadra e una città che si sa, col freddo, non vanno troppo d'accordo.
La notizia vera, la malcelata sorpresa, è però proprio questa: nell'inaspettata bassa qualità della trama del sarto Conte. Perché se le sue creazioni erano sempre state oggetto di garanzia se non altro sulla tenuta, questo Napoli di febbraio si è rivelato appunto una sorpresa inaspettata, una creazione meno resistente rispetto a quelle del recente passato. Anche perché Conte, gli inverni, li aveva sempre superati lanciando ben chiari messaggi ai suoi avversari. Che fossero stati i tre anni juventini, i due al Chelsea o quelli all'Inter (escludiamo la parentesi Tottenham), per ritrovare un filotto negativo del genere - nessuna vittoria per quattro giornate consecutive da gennaio in poi - tocca tornare addirittura alla prima esperienza bianconera. Quella che terminò da imbattuto e che lo incoronò campione d'Italia, ma che vide la sua Juve raccogliere 4 punti da fine febbraio a metà marzo tra Milano (sì, il famoso gol di Muntari), Chievo, Bologna e Genoa. Anno domini 2012.
Un Conte che da sarto, ancora, in fondo, stava studiando, un artista che non aveva la malizia di oggi. E invece, il suo Napoli di febbraio, più che disegnato, pare rattoppato. Per necessità degli eventi, per carità. Tamponato in qualche modo a lungo nella perdita difensiva di Buongiorno ma non evidentemente preparato alle ricuciture necessarie dopo il ko di Neres. Sì, perché il Napoli ha dovuto reinventarsi anche a livello tattico e per quanto Conte abbia apportato del taglia e cuci qua e là, questa volta le cose non hanno funzionato. Aprendo così persino a qualche mugugno, all'inevitabile chiacchiericcio di chi si ritrova lì un oggetto né particolarmente bello né particolarmente funzionale, almeno allo scopo per cui era stato creato.
Insomma, l'Inter arriva al Maradona e trova un Napoli paradossalmente sciupato. Mentalmente bloccato a ciò che poteva essere e non è stato; e per questa ragione vulnerabile, nel suo spirito e nell'ambiente che lo circonda. Per una partita che restituisce una sensazione diametralmente opposta a quella che sembrava dovesse essere. Con la Champions League di mezzo e la corsa aperta ancora in tutte le competizioni, per come sembrava mettersi, questo incrocio era segnato in calendario come un punto critico soprattutto per i nerazzurri. Oggi, invece, nonostante l'impegno sia solo uno, lo è per il Napoli. Un match, insomma, matematicamente ed emotivamente pesante. Perché con un ko, a +4 questa volta andrebbe l'Inter; ma soprattutto perché con un differenziale di 9 punti in un solo mese da quel gol di Angelino, quella cucitura lì, apertasi come uno squarcio, non prometterebbe davvero nulla di buono.