'Mumo' Orsi, eroe dei due mondi: da fuoriclasse a violinista e... quel gol a 67 anni
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Tutti però erano a conoscenza di quello che la famiglia Agnelli, padrona della FIAT, aveva appena concluso.
Una trattativa finita su tutti i quotidiani dell’epoca che se da una parte aveva esaltato tutti i tifosi della Juventus dall’altra aveva scandalizzato il resto del Paese per le cifre astronomiche pagate per uno “che tirava calci ad un pallone”.
100 mila lire d’ingaggio. 8 mila lire al mese di stipendio. Una FIAT 509 in regalo con tanto di autista e una meravigliosa villa sulle colline sopra Torino. Si sapeva anche che non si stava parlando di un calciatore qualsiasi.
Con l’Argentina, il Paese dov’era nato da genitori italiani emigrati, aveva vinto il Campionato Sudamericano in Perù l’anno prima ma soprattutto in quel 1928 aveva portato con i suoi dribbling, i suoi assist e i suoi gol l’Argentina alla finale del Torneo Olimpico di Amsterdam perso in finale contro l’Uruguay ma che non gli impedì di conquistare il premio come miglior calciatore della manifestazione.
Quando Raimundo Orsi arriva a Torino però sono in tanti a storcere il naso o quantomeno a rimanere spiazzati. Chi si aspettava un marcantonio robusto e imponente quasi non crede ai propri occhi quando l’ala sinistra dell’Argentina viene presentato a tifosi e stampa.
Non arriva al metro e settanta, è esile fisicamente, ha le spalle strette, i capelli perfettamente imbrillantinati e ... un naso decisamente importante!
Insomma, sembra più un ballerino di tango che un calciatore.
A questo punto la curiosità di vederlo in azione dopo quella prima e non certo esaltante impressione aumenta a dismisura.
C’è un problema però e non di poco conto.
Il regolamento in vigore vieta l’utilizzo di giocatori stranieri, anche “oriundi”. La Juventus, mentre intraprende una dura battaglia con la Federazione per rimuovere quella imposizione, per tutta la prima stagione di Orsi in Italia non potrà schierarlo ... pur continuando a pagare regolarmente il calciatore argentino.
A quel punto gli allenamenti della Juventus diventano un vero e proprio evento.
Accorrono in migliaia ad assistervi e quello che vedono non lascia dubbi: Orsi è un fuoriclasse autentico.
Gioca all’ala sinistra ma non si limita a rifornire di cross gli attaccanti ma si accentra spesso e, grazie alla grande abilità con entrambi i piedi, va spesso a concludere con risultati eccellenti. Prima del termine della stagione successiva arrivano i cambiamenti auspicati.
Il Governo fascista è perfettamente consapevole dell’importanza del calcio come mezzo propagandistico.
Non solo “apre” ai calciatori stranieri nel nostro campionato ma per gli “oriundi” (nati all’estero da genitori italiani) arriverà la famosa “naturalizzazione” che li renderà italiani a tutti gli effetti e quindi utilizzabili in Nazionale.
Dalla stagione 1929-30 “Mumo” Orsi diventa uno dei pilastri di quella Juventus che dopo un primo campionato in chiaroscuro (concluso al terzo posto ma con Orsi come miglior realizzatore della Juve) inizierà un dominio assoluto per cinque stagioni consecutive. Nel dicembre di quel 1929 arriva anche il suo esordio in Nazionale, festeggiato con una doppietta nella netta vittoria (sei reti ad una) contro il Portogallo.
Di quella Nazionale “Mumo” sarà una delle stelle di prima grandezza e il suo contributo sarà determinante nella conquista del Campionato del Mondo del 1934, organizzato proprio in Italia.
Sembra tutto perfetto.
Campione del Mondo, amato e riverito nella squadra più forte d’Italia, coccolato da tifosi e media, un portafogli pieno e una vita negli agi della Torino di allora.
Ma la moglie ha nostalgia di casa si dice. Nella primavera del 1935, con la Juventus che sta per appuntarsi sul petto il quinto scudetto consecutivo, Raimundo Orsi torna in Argentina.
“La madre è gravemente malata” è la versione ufficiale ma non certo l’unica.
La Juventus, riconoscente verso il suo campione, non pone ostacoli. Si parla perfino di una “buonuscita” importante.
Orsi ha quasi 34 anni e come è normale che sia si pensa ad una carriera ormai al crepuscolo.
Niente di più sbagliato.
Dopo una stagione con il suo vecchio club (l’Independiente) e un breve e non felice passaggio al Boca Juniors, Orsi ritrova il suo vecchio spunto sia con il Platense che con l’Almagro mettendo a segno in totale 23 reti in 50 incontri. La sua voglia di calcio non si è esaurita.
“Mumo” ha sempre bisogno di nuove sfide.
Va prima in Uruguay al Peñarol contribuendo a portare al titolo la squadra fondata da emigrati italiani provenienti da Pinerolo e poi al Flamengo in Brasile ... dove, tanto per cambiare, vincerà il Campionato Carioca, quello dello Stato di Rio de Janeiro.
A 39 anni lascerà il calcio per tornare alla sua grande passione: il violino.
Metterà in piedi un’orchestrina suonando in diversi locali di Buenos Aires.
Bravo per carità ... ma mai come con un pallone tra i piedi.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
A perorare la causa di Orsi presso la dirigenza juventina furono Combi e Rosetta che lo videro in azione con l’Argentina alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928.
«Uno così in Italia non si è mai visto! Con lui in squadra diventeremmo imbattibili»
Questa le sentenza dei due azzurri.
Un dirigente della Juve, tale Vaciago, partì immediatamente per l’Argentina con un solo dichiarato obiettivo: chiudere l’affare e portare Orsi in Italia. La cifra era solo un dettaglio.
La curiosità e il fermento per l’arrivo di Orsi a Torino fu tale che nella stagione in cui non poté scendere in campo erano talmente tanti gli spettatori che presenziavano agli allenamenti per vederlo in azione che la Juventus decise ... di far pagare il biglietto!
Una delle caratteristiche principali di Orsi, che sarebbe apprezzatissima nel calcio moderno, era che lui, ala sinistra era in realtà un destro naturale che però aveva imparato a calciare con eguale abilità anche con la “zurda”, con il piede sinistro.
Questo gli regalava quell’imprevedibilità che lo rendeva praticamente impossibile da marcare.
Poteva andare sul fondo e crossare oppure stringere verso il centro dell’area per tirare in porta ... e il suo score (77 reti in 177 partite con la Juventus) ne è una chiara dimostrazione.
Forse l’attrazione assoluta per i tantissimi tifosi juventini che presenziavano agli allenamenti di quella prima stagione “ai box” era ammirare “Mumo” a fine allenamento quando si allenava su uno dei suoi colpi preferiti: il calcio d’angolo.
Riusciva a calciare il pallone in modo tale che ogni corner diventava una potenziale occasione da gol. Il pallone partiva teso verso il centro dell’area ma al tempo stesso carico di un effetto tale da farlo finire quasi sempre nello specchio della porta avversaria.
Si parla di oltre dieci reti segnate da Orsi in carriera direttamente da calcio d’angolo.
Il gol di Raimundo Orsi che per importanza e bellezza rimarrà in eterno nella storia del calcio italiano è senz’altro quello realizzato nella finale del Campionato del Mondo del 1934 contro la Cecoslovacchia. Gli azzurri sono sotto di un gol e di minuti al termine ne mancano meno di dieci quando si sviluppa un’azione sulla destra del nostro attacco. Monti serve Guaita che guadagna la linea di fondo e crossa verso il centro. Il pallone è alto, lento e non arriva come sperato nel cuore dell’area avversaria.
Giunge invece dalla parte opposta, sul vertice dell’area di rigore. Orsi ha seguito la traiettoria del pallone. Si ferma, si coordina e al volo colpisce il pallone mandandolo all’angolino alla sinistra di František Plánička, il bravissimo portiere ceco.
E’ un gol che lascia senza fiato, che fa spellare le mani di applausi ai 55mila presenti allo Stadio Nazionale di Roma ... ma è soprattutto il gol che ci permette di raggiungere il pareggio e giocare i supplementari nei quali un gol di Angelo Schiavio darà il primo titolo mondiale all’Italia.
Fuori dal calcio la grande passione di “Mumo” era il violino con il quale si destreggiava con assoluta padronanza.
Molto frequenti nel suo periodo torinese le “convocazioni” ai suoi compagni di squadra a cui proponeva le sue composizioni musicali. «Ragazzi ho un nuovo “tanghito” da farvi ascoltare» e pare che nessuno si tirasse indietro ... anche se gli unici ad apprezzare veramente la musica di Orsi erano gli altri due argentini della Juventus, Renato Cesarini (si, proprio quello dei gol nella sua “zona”) e l’arcigno centromediano Luis Monti.
Esiste un’altra versione in merito alla “fuga” di Orsi verso l’Argentina prima del termine di quel campionato. L’ormai imminente invasione dell’Abissinia da parte delle truppe di Mussolini aveva letteralmente mandato nel panico Orsi che temeva una chiamata alle armi. Decisamente improbabile vista la sua fama e nonostante avesse già svolto regolare servizio militare in Argentina.
Un’altra delle grandi “passioni” di Raimundo Orsi erano le scommesse.
Scommetteva semplicemente su tutto!
Sul colore del vestito del barista al bar Combi, alla targa, pari o dispari, della prossima macchina di passaggio, sul fatto che avrebbe segnato nel prossimo match o vinto il torneo di ping-pong interno (dove pare fosse un autentico portento) e addirittura sul meteo della giornata!
Infine un divertente aneddoto che dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, di che calciatore sia stato Raimundo Orsi. Nel 1969 “Mumo” si trova di passaggio a Roma.
Viene riconosciuto e gli viene proposto di ripetere il famoso gol contro la Cecoslovacchia della finale dei Mondiali del 1934.
Si va al Flaminio dove Orsi si presta di buon grado a quella simulazione-ricordo.
Si posizione esattamente come allora sul vertice dell’area di rigore.
Arriva il cross. Orsi si coordina e il suo destro al volo non finisce però la sua corsa come allora all’angolino basso sul palo lontano.
No.
Stavolta finisce all’incrocio dei pali.
Raimundo “Mumo” Orsi ha 67 anni.