Mourinho: 'Voglio un club in cui fare solo l'allenatore. Ho odiato dover essere il volto della Roma. Così ho cambiato il calcio'
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L'ESULTANZA ICONICA COL PORTO - "Ho avuto così tanti modi di festeggiare un gol bizzarri nel corso della mia carriera... Però quello è probabilmente quello che ha cambiato la direzione della mia carriera".
PORTOGALLO - "L’altro giorno, ho incontrato un ragazzo per strada che diceva: ‘Quando rivivremo in Portogallo una cosa del genere?’. Gli ho detto che possiamo vincere gli Europei tra un paio di mesi perché abbiamo un incredibile squadra nazionale, la migliore di sempre. Ma con un club che vincerà ancora la Champions League in Portogallo? Vediamo se ce la faremo nei prossimi vent’anni...".
HO FATTO LA DIFFERENZA - "In Inghilterra ho fatto la differenza grazie al mio modo di allenare non tradizionale. L’Inghilterra era sempre presente nella mia giornata. Sapevo che dal punto di vista metodologico avrei potuto fare subito la differenza perché il mio modo di allenare era abbastanza lontano da quello tradizionale".
LE FINALI CON LA ROMA - "Sono l’unico allenatore europeo ad aver giocato due finali negli ultimi due anni. Concentriamoci sul mio presente. Non sono così per aver vinto la Champions League 20 anni fa. Ma se vai dal 90% degli allenatori e chiedi loro: “Vorresti giocare due finali europee in due anni consecutivi?”, la maggior parte di loro risponderà “Sì”".
PROGETTI VINCENTI? NON SOLO - "Non è che ho paura di lavorare con i club non “costruiti per vincere”. Quando alcuni allenatori hanno raggiunto un certo livello forse dicono: "Lavorerò solo per progetti fatti per vincere”. Il mio lavoro è cercare di trasformare i club in club “fatti per vincere”, o per raggiungere degli obiettivi".
VOGLIO SOLO FARE L'ALLENATORE - La descrizione del lavoro dei miei sogni è “head coach” (capo allenatore). Questo è il mio sogno. Essere l’allenatore. Essere colui che lavora con la squadra, concentrato sullo sviluppo dei giocatori, sulla preparazione delle partite. Sfortunatamente, ho avuto delle situazioni in cui dovevo essere molto più di questo. Quando sei molto di più non sei un allenatore bravo come potresti essere. Il club mi ha messo in una posizione dove non voglio essere".
LA ROMA - "A questo proposito, dopo la finale di Europa League che abbiamo perso, e con le circostante in cui abbiamo perso, credete che fossi felice di essere il volto del club che è andato in conferenza stampa per parlare di quello che è accaduto? No, l'ho odiato. Datemi una struttura professionale in cui io sia solo l’allenatore perché questo è ciò in cui sono bravo. La gente dice che sono bravo a comunicare. Ma molte, molte volte dici una cosa sbagliata se comunichi tre o quattro volte a settimana. La struttura di un club spinge nella direzione sbagliata".
FUTURO - "L’unica cosa che voglio è che i traguardi e gli obiettivi vengano stabiliti da tutti in modo equo. Non posso andare in un club dove, per via della mia storia, l’obiettivo è vincere il titolo. Quello che sto dicendo è che le persone dovrebbero guardarmi nel modo in cui mi guardano gli altri. Quello che è importante per me è che il club abbia degli obiettivi e che io possa dire che sono pronto a lottare per questi. E che siano almeno semi-realistici. Perché quando andai alla Roma nessuno sognava la finale di Europa League e noi ce l’abbiamo fatta. Non è possibile che vada in un club quasi retrocesso e l’obiettivo sia vincere la Champions League".
RITIRO - "Ho 61 anni e la gente pensa che voglia smettere a 65. Non è affatto così, ho ancora tantissima strada davanti a me".