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Mourinho, dov'è finita la spocchia?
Il vero Mourinho, però, se ne sarebbe fregato della classifica, dei risultati, dell'evidenza insomma. E avrebbe trovato il modo, pescandolo chissà dove, per cercare di indebolire il rivale innanzitutto sul piano psicologico. Quante volte lo abbiamo visto sfidare il mondo, quando guidava l'Inter? Tante sue frasi, tante sue accuse gratuite, erano così straordinariamente provocatorie che sono entrate nella mitologia del nostro calcio parlato, dagli zero tituli delle avversarie della sua Inter a Lo Monaco, all'epoca dirigente del Catania ("io conosco Monaco di Baviera, Principato di Monaco..."), dalla culla d'oro di Rosella Sensi a - guarda caso - la presunta età del settantenne Ranieri, uno che manco conosce l'inglese. Stavolta, invece, Mou ha abbassato la testa prim'ancora di giocare: "Ranieri? Merita un premio, ogni allenatore è lontano chilometri da lui".
La resa, in fondo, è cominciata lì. Perché Mourinho è sicuramente un tecnico magari poco spettacolare ma preparatissimo anche sul piano tattico, però la sua qualità principale è nella capacità di creare un gruppo pronto a buttarsi nel fuoco con lui e per lui, unito come nessun altro mai, che non vede l'ora di mettersi nella scia del suo leader anche quando quest'ultimo scatena bagarre quasi insensate, contro tutto e tutti. Armi fondamentali del portoghese, insomma, sono proprio la presunzione, l'arroganza, la spocchia. Se queste vengono meno, Mou non è più Mou. E il Leicester di Ranieri, ex nemico, lo umilia.
Stefano Agresti