Milanmania: Cerci non basta per dimenticare Torres, Balotelli e la farsa Seedorf
Il 2014 in casa Milan è stato uno degli anni più tormentati della storia recente del club rossonero: tre allenatori diversi sulla panchina, uno stato di confusione generale che ha partorito operazioni di mercato frutto più della necessità di tappare alla bene e meglio le tante falle di una rosa tecnicamente tra le più scarse che si ricordino che di una reale programmazione. E' stato anche l'anno in cui si è consumato il clamoroso strappo tra Adriano Galliani e Barbara Berlusconi, colei che prima o dopo è destinata ad assumere il timone della società dal padre Silvio con l'obiettivo di restituirle la grandeur degli anni migliori; idee diverse praticamente su tutto, dalle strategie di rilancio del brand e del marketing, al calciomercato, passando con le scelte di politica sportiva che vedono Galliani da una parte come sponsor dei dirigenti che rappresentano i vecchi poteri e Barbara dall'altra a spingere per un profondo rinnovamento negli uomini e nelle idee. L'idea di Silvio Berlusconi del doppio amministratore delegato ha partorito una tregua che ha retto a fatica nel 2014, ma cosa avverrà nel 2015 in caso di mancato ragiungimento del terzo posto che conduce alla Champions League, l'obiettivo imprescindibile di questa stagione?
LA FINE DELL'ERA DI ALLEGRI - Il 2014 a tinte rossonere inizia con l'illusorio successo interno contro l'Atalanta, in cui segna va anche a segno per la prima volta in Serie A il promettente centrocampista classe '95 Bryan Cristante, lanciato da Allegri per restituire freschezza e brio a una squadra che, Champions League a parte, è stata protagonista di un avvio di stagione con una media da retrocessione in campionato. Basta una sola settimana per spazzare via tutto: il Milan crolla contro il Sassuolo sotto i colpi di Berardi e Allegri viene esonerato dopo un tira e molla che si trascinava dall'estate precedente. Galliani vorrebbe promuovere dalla Primavera Filippo Inzaghi (l'uomo che pochi mesi dopo riporterà il Torneo di Viareggio dopo 13 anni dall'ultima volta), ma Berlusconi sceglie Clarence Seedorf, che lascia il Botafogo e il calcio giocato per avventurarsi in una delle imprese più ostiche della sua carriera.
SEEDORF E LE PROMESSE TRADITE - Dopo i primi incoraggianti segnali di ripresa nel doppio successo contro Verona e Cagliari, iniziano ad emergere i primi forti contrasti con l'ala italiana dello spogliatoio (da Abbiati a Montolivo, passando per Poli, Pazzini e Abate), che non gradisce le idee rivoluzionarie del nuovo tecnico, che ottiene dal mercato invernale il giapponese Honda e tre giocatori come Essien, Taarabt e Rami che sconvolgono alcune gerarchie prestabilite. Inoltre, Balotelli viene eletto a simbolo e punto di riferimento per provare una rimonta che riporti il Milan nei quartieri alti della classifica, ma ben presto Seedorf dovrà ammettere di aver fallito come tutti quelli che prima di lui avevano puntato sul talento discontinuo di Supermario. A rendere particolarmente accidentato il percorso dell'olandese è però la relazione pressochè inesistente con Galliani che Seedorf considera, sbagliando, già il passato del club, credendo al progetto di rilancio con Maldini, Albertini e Sean Sogliano come nuovo uomo mercato promesso solo a parole da Barbara Berlusconi, un piano che gli prospetta anche totale carta bianca in sede di campagna acquisti e cessioni. Tra alti e bassi (su tutti la pesante eliminazione negli ottavi di Champions per mano dell'Atletico Madrid) il Milan si ritrova a due giornate dalla fine del campionato a giocarsi ancora l'accesso all'Europa League grazie anche al ritorno al successo in un derby tre anni dopo l'ultima volta, ma il ko di Bergamo rovina i piani. Nonostante una media punti al livello del Milan di Ancelotti, Seedorf paga con l'esonero l'ottavo posto finale e il primo anno senza coppe europee dal 1998-99 da e apre le porte all'arrivo, con sei mesi di ritardo, di Inzaghi.
LA CARICA DI PIPPO - Che col nuovo allenatore si respiri un clima di maggiore intesa tra le varie componenti del club lo si evince anche da un mercato che, per quanto sia fatto di operazioni a basso costo, porta ai riscatti di Rami e Poli e agli arrivi di Menez, Alex, Diego Lopez, Bonaventura, Armero e Fernando Torres, oltre alle partenze di personaggi poco propensi alla disciplina come Taarabt e soprattutto Balotelli o non più in linea con i nuovi parametri economici del club, come avviene per il figliol prodigo Kakà, che saluta di nuovo dopo appena un anno. L'entusiasmo del debuttante portato da Inzaghi è alimentato ben presto dalle vittorie contro Lazio e Parma nelle prime giornate di campionato e dalle prime prodezze in maglia rossonera dell'ex Paris Saint Germain e dal ritorno ad alti livelli dei vari Abate, Mexes e Honda. Dopo una fase di assestamento nella parte centrale della prima metà di campionato, in cui la squadra incappa nelle sconfitte con Juventus, Palermo e Genoa e in troppe prestazioni altalenanti come contro Empoli, Cesena, Fiorentina e Cagliari, la recente vittoria contro il Napoli e il pareggio di Roma rilanciano le ambizioni di Champions League.
CHAMPIONS OBBLIGATORIA - Con Torres sempre più ai margini del progetto e Menez e Bonaventura a prendere per mano il resto della truppa, il Milan sembra aver trovato una sua fisionomia più precisa e i giorni finali di del 2014 hanno già portato in regalo Alessio Cerci, l'esterno chiamato a far pesare di meno l'assenza a gennaio di Honda e a regalare a Inzaghi un'arma letale in più per il suo attacco. Salutato il deludentissimo Torres e in attesa di sfoltire una rosa con troppi volti scontenti (Albertazzi, Zaccardo, van Ginkel, Pazzini e forse El Shaarawy), le prime settimane dell'anno nuovo devono necessariamente all'insegna di una serie di ritocchi a centrocampo e in difesa (in particolare sulla fascia sinistra) per accrescere ulteriormente il valore di una squadra che ha l'obbligo, pena la permanenza nell'anonimato di questi ultimi anni, di tornare nell'Europa della Champions League. A Galliani il compito di correggere i disastri di un 2014 da incubo per creare nel 2015 le premesse della risalita.
LA FINE DELL'ERA DI ALLEGRI - Il 2014 a tinte rossonere inizia con l'illusorio successo interno contro l'Atalanta, in cui segna va anche a segno per la prima volta in Serie A il promettente centrocampista classe '95 Bryan Cristante, lanciato da Allegri per restituire freschezza e brio a una squadra che, Champions League a parte, è stata protagonista di un avvio di stagione con una media da retrocessione in campionato. Basta una sola settimana per spazzare via tutto: il Milan crolla contro il Sassuolo sotto i colpi di Berardi e Allegri viene esonerato dopo un tira e molla che si trascinava dall'estate precedente. Galliani vorrebbe promuovere dalla Primavera Filippo Inzaghi (l'uomo che pochi mesi dopo riporterà il Torneo di Viareggio dopo 13 anni dall'ultima volta), ma Berlusconi sceglie Clarence Seedorf, che lascia il Botafogo e il calcio giocato per avventurarsi in una delle imprese più ostiche della sua carriera.
SEEDORF E LE PROMESSE TRADITE - Dopo i primi incoraggianti segnali di ripresa nel doppio successo contro Verona e Cagliari, iniziano ad emergere i primi forti contrasti con l'ala italiana dello spogliatoio (da Abbiati a Montolivo, passando per Poli, Pazzini e Abate), che non gradisce le idee rivoluzionarie del nuovo tecnico, che ottiene dal mercato invernale il giapponese Honda e tre giocatori come Essien, Taarabt e Rami che sconvolgono alcune gerarchie prestabilite. Inoltre, Balotelli viene eletto a simbolo e punto di riferimento per provare una rimonta che riporti il Milan nei quartieri alti della classifica, ma ben presto Seedorf dovrà ammettere di aver fallito come tutti quelli che prima di lui avevano puntato sul talento discontinuo di Supermario. A rendere particolarmente accidentato il percorso dell'olandese è però la relazione pressochè inesistente con Galliani che Seedorf considera, sbagliando, già il passato del club, credendo al progetto di rilancio con Maldini, Albertini e Sean Sogliano come nuovo uomo mercato promesso solo a parole da Barbara Berlusconi, un piano che gli prospetta anche totale carta bianca in sede di campagna acquisti e cessioni. Tra alti e bassi (su tutti la pesante eliminazione negli ottavi di Champions per mano dell'Atletico Madrid) il Milan si ritrova a due giornate dalla fine del campionato a giocarsi ancora l'accesso all'Europa League grazie anche al ritorno al successo in un derby tre anni dopo l'ultima volta, ma il ko di Bergamo rovina i piani. Nonostante una media punti al livello del Milan di Ancelotti, Seedorf paga con l'esonero l'ottavo posto finale e il primo anno senza coppe europee dal 1998-99 da e apre le porte all'arrivo, con sei mesi di ritardo, di Inzaghi.
LA CARICA DI PIPPO - Che col nuovo allenatore si respiri un clima di maggiore intesa tra le varie componenti del club lo si evince anche da un mercato che, per quanto sia fatto di operazioni a basso costo, porta ai riscatti di Rami e Poli e agli arrivi di Menez, Alex, Diego Lopez, Bonaventura, Armero e Fernando Torres, oltre alle partenze di personaggi poco propensi alla disciplina come Taarabt e soprattutto Balotelli o non più in linea con i nuovi parametri economici del club, come avviene per il figliol prodigo Kakà, che saluta di nuovo dopo appena un anno. L'entusiasmo del debuttante portato da Inzaghi è alimentato ben presto dalle vittorie contro Lazio e Parma nelle prime giornate di campionato e dalle prime prodezze in maglia rossonera dell'ex Paris Saint Germain e dal ritorno ad alti livelli dei vari Abate, Mexes e Honda. Dopo una fase di assestamento nella parte centrale della prima metà di campionato, in cui la squadra incappa nelle sconfitte con Juventus, Palermo e Genoa e in troppe prestazioni altalenanti come contro Empoli, Cesena, Fiorentina e Cagliari, la recente vittoria contro il Napoli e il pareggio di Roma rilanciano le ambizioni di Champions League.
CHAMPIONS OBBLIGATORIA - Con Torres sempre più ai margini del progetto e Menez e Bonaventura a prendere per mano il resto della truppa, il Milan sembra aver trovato una sua fisionomia più precisa e i giorni finali di del 2014 hanno già portato in regalo Alessio Cerci, l'esterno chiamato a far pesare di meno l'assenza a gennaio di Honda e a regalare a Inzaghi un'arma letale in più per il suo attacco. Salutato il deludentissimo Torres e in attesa di sfoltire una rosa con troppi volti scontenti (Albertazzi, Zaccardo, van Ginkel, Pazzini e forse El Shaarawy), le prime settimane dell'anno nuovo devono necessariamente all'insegna di una serie di ritocchi a centrocampo e in difesa (in particolare sulla fascia sinistra) per accrescere ulteriormente il valore di una squadra che ha l'obbligo, pena la permanenza nell'anonimato di questi ultimi anni, di tornare nell'Europa della Champions League. A Galliani il compito di correggere i disastri di un 2014 da incubo per creare nel 2015 le premesse della risalita.