AFP/Getty Images
Milanmania: Allegri merita delle scuse?
Complimenti. Doverosi, meritati, inevitabili. Alla Juventus, che torna in finale di Champions League 12 anni dopo l'ultima volta contro ogni pronostico, a Massimiliano Allegri, che di questo gruppo granitico ha saputo essere il comandante migliore, a dispetto di chi non lo definiva all'altezza del predecessore Conte. Me compreso, che continuo a nutrire qualche perplessità sul suo percorso alla guida del Milan, in tre stagioni in mezzo in cui sono stati raccolti un primo posto, un secondo dietro la Juve, un terzo con successiva qualificazione alla fase a gironi di Champions League, prima di lasciarsi.
LA RIVOLUZIONE MORBIDA - Male, perchè dietro il solito comunicato scarno a ufficializzarne l'addio dopo un primo periodo fatto di grandi entusiasmi e di vittorie e un secondo di tensioni ed incompresioni e troppe scelte subite dall'allenatore livornese, c'è l'ultimo picco di gloria dell'epopea berlusconiana e i prodromi di un disfacimento prima gestionale che tecnico che sta convincendo oggi il numero 1 del club a cedere il timone a qualcun'altro. Nel suo primo anno bianconero, ci si ricorderà di un Allegri maturo e paziente nella costruzione di una squadra ancora più vincente di chi l'ha diretta prima di lui. Un gruppo fatto di gente con valori, che non aveva bisogno di stravolgimenti, di ribaltoni; di una rivoluzione morbida sì però, senza intaccare i principi base ma apportando qualche conoscenza tattica diversa e una gestione umana dei singoli calciatori più soft, meno esasperata.
PECCATO CAPITALE - Terminato il peana in Suo favore, mister, ci consenta ancora qualche appunto sulla sua esperienza rossonera, che per nulla intacca il suo valore professionale. Del Suo Milan, tutti ricordano in negativo quello Scudetto perso nel 2012 in favore della Juve di Conte, anche per effetto del famoso gol di Muntari. Io ho sempre preferito sottolineare le colpe di non riuscire a far valere sul campo la maggiore ricchezza di un organico che annoverava gente come Thiago Silva, Nesta, van Bommel, Seedorf, Ibrahimovic, Cassano, Pato, al cospetto dei rispettabilissi Padoin, Vucinic, Matri, Estigarribia... La gestione di certi giocatori acciaccati nel momento topico della stagione (l'infortunio di Thiago Silva contro la Roma, a ridosso del quarto di finale col Barcellona), una filosofia di gioco non particolarmente spettacolare e una personalità in campo europeo non così spiccata (basti pensare che nei suoi primi due anni, con una rosa importante, il Milan vince in trasferta solo con l'Auxerre, pareggiando con Ajax e Bate Borisov e perdendo dal Viktoria Plzen). Poi il peccato capitale dell'ultima stagione, quella del congedo: con un gruppo ormai clamorosamente depotenziato, sfilacciato e con una società che da tempo lo aveva sfiduciato, la decisione di restare col contratto in scadenza un anno dopo e senza possibilità di rinnovo ha finito di deligittimarlo agli occhi dei calciatori. La Roma, prima di virare su Rudi Garcia, aveva insistito per portare Max nella Capitale, salvo incassare un clamoroso rifiuto. Senza rancore, mister, quello fu il suo errore più grosso. Ma fatto certamente in buona fede e per affetto nei confronti del Milan. Anche per questo, complimenti!
LA RIVOLUZIONE MORBIDA - Male, perchè dietro il solito comunicato scarno a ufficializzarne l'addio dopo un primo periodo fatto di grandi entusiasmi e di vittorie e un secondo di tensioni ed incompresioni e troppe scelte subite dall'allenatore livornese, c'è l'ultimo picco di gloria dell'epopea berlusconiana e i prodromi di un disfacimento prima gestionale che tecnico che sta convincendo oggi il numero 1 del club a cedere il timone a qualcun'altro. Nel suo primo anno bianconero, ci si ricorderà di un Allegri maturo e paziente nella costruzione di una squadra ancora più vincente di chi l'ha diretta prima di lui. Un gruppo fatto di gente con valori, che non aveva bisogno di stravolgimenti, di ribaltoni; di una rivoluzione morbida sì però, senza intaccare i principi base ma apportando qualche conoscenza tattica diversa e una gestione umana dei singoli calciatori più soft, meno esasperata.
PECCATO CAPITALE - Terminato il peana in Suo favore, mister, ci consenta ancora qualche appunto sulla sua esperienza rossonera, che per nulla intacca il suo valore professionale. Del Suo Milan, tutti ricordano in negativo quello Scudetto perso nel 2012 in favore della Juve di Conte, anche per effetto del famoso gol di Muntari. Io ho sempre preferito sottolineare le colpe di non riuscire a far valere sul campo la maggiore ricchezza di un organico che annoverava gente come Thiago Silva, Nesta, van Bommel, Seedorf, Ibrahimovic, Cassano, Pato, al cospetto dei rispettabilissi Padoin, Vucinic, Matri, Estigarribia... La gestione di certi giocatori acciaccati nel momento topico della stagione (l'infortunio di Thiago Silva contro la Roma, a ridosso del quarto di finale col Barcellona), una filosofia di gioco non particolarmente spettacolare e una personalità in campo europeo non così spiccata (basti pensare che nei suoi primi due anni, con una rosa importante, il Milan vince in trasferta solo con l'Auxerre, pareggiando con Ajax e Bate Borisov e perdendo dal Viktoria Plzen). Poi il peccato capitale dell'ultima stagione, quella del congedo: con un gruppo ormai clamorosamente depotenziato, sfilacciato e con una società che da tempo lo aveva sfiduciato, la decisione di restare col contratto in scadenza un anno dopo e senza possibilità di rinnovo ha finito di deligittimarlo agli occhi dei calciatori. La Roma, prima di virare su Rudi Garcia, aveva insistito per portare Max nella Capitale, salvo incassare un clamoroso rifiuto. Senza rancore, mister, quello fu il suo errore più grosso. Ma fatto certamente in buona fede e per affetto nei confronti del Milan. Anche per questo, complimenti!