Milan società fantasma, Pioli lasciato solo: esonerarlo non avrebbe senso
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I troppi infortuni, causa principale dei deludenti risultati in campionato, sono il primo capo d’accusa nei confronti del tecnico, considerato responsabile anche degli errori del suo staff di preparatori atletici fiducia, lo stesso per la verità dell’anno dello scudetto. Questo è quanto trapela dalla società e la voce del verbo “trapelare” deve far riflettere perché nessuno, né il grande capo Cardinale, né l’amministratore delegato Furlani, né tantomeno il nuovo “senior advisor” Ibrahimovic hanno speso una parola per difendere, o almeno far finta di difendere, Pioli. Al contrario, proprio in un lunghissimo messaggio di auguri natalizi Cardinale tra l’altro ha scritto testualmente: “Non sono soddisfatto della attuale posizione in A o della Champions”. Un passaggio importante, perché indirettamente chiama in causa l’allenatore, anche se mai nominato.
Chi comanda ha tutto il diritto di scegliere i propri dipendenti, ma il silenzio che dai piani alti ha circondato il presente e soprattutto il futuro di Pioli non aiuta né il tecnico, né i giocatori che sono i primi a rendersi conto della posizione delicata di chi li guida. Perché un conto sono le critiche legittime dei tifosi o della stampa, a cominciare da quelle autorevoli di Giancarlo Padovan su questo sito, e un altro il distacco della società, che in questo caso si rivela una volta di più una società fantasma, prima ancora che priva di competenza calcistica. Ricordare, per credere, come Galliani aveva sempre difeso pubblicamente gli allenatori del Milan in difficoltà, non attraverso comunicati, né tanto meno facendo filtrare la fiducia del club ai media. E soprattutto ricordare, per credere, che i cambi degli allenatori, specialmente nelle grandi squadre, spesso di rivelano controproducenti. Il più clamoroso riguarda il ritorno di Sacchi, che alla fine del 1997 fu richiamato per sostituire Tabarez, quando il Milan era settimo, e poi chiuse all’undicesimo posto, il peggior piazzamento nei 31 anni della gestione di Berlusconi.
Pioli può avere delle colpe, come qualsiasi suo collega, ma non servirebbe esonerarlo a metà stagione, un po’ perché non c’è nessun allenatore di livello disponibile a sostituirlo e molto perché i problemi, come ha spiegato ieri sulla “Gazzetta” il grande “ex” Capello, sono a monte e cioè nella campagna acquisti. E quindi, se ha pagato Maldini per avere sperperato 50 milioni dopo lo scudetto, a maggior motivo dovrebbe pagare chi ha preso il suo posto, spendendo (male) più del doppio, e cioè Moncada responsabile delle scelte tecniche e Furlani che le ha avallate a livello economico. Salvo sorprese, invece, Pioli sarà il classico capro espiatorio che fa comodo a tutti. Ma se è già stato deciso così, meglio aspettare la fine della stagione per puntare non soltanto su Thiago Motta, ma anche su chi gli ha costruito la squadra, con la stessa competenza con cui aveva creato il miracolo Chievo e il fenomeno Atalanta. Ci riferiamo all’ex rossonero nell’anno della stella Giovanni Sartori, lui sì capace di scegliere nuovi talenti spendendo poco, sempre in silenzio, senza postare foto delle sue acrobazie sulla spiaggia nei giorni di festa mentre gli altri lavorano. E ogni riferimento all’ultimo arrivato Ibrahimovic non è affatto casuale.