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  • Milan-Monza: l'Ibra dirigente ha tutto da imparare da Galliani, sempre che ne abbia l'umiltà

    Milan-Monza: l'Ibra dirigente ha tutto da imparare da Galliani, sempre che ne abbia l'umiltà

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Domani all’ora di pranzo, se riuscirà a debellare l’influenza, Zlatan Ibrahimovic dovrebbe sedere in tribuna per Milan-Monza poco distante da Adriano Galliani. Il suo esordio da dirigente rossonero produrrebbe un incontro ravvicinato con chi è stato il suo amministratore delegato per gli anni in rossonero.

    Anche se non sono per nulla simili, Ibra avrebbe molto da apprendere da un uomo di calcio come Galliani. Perché se l’advisor milanista è un uomo di campo, Adriano è un uomo di scrivania, e ha vinto tutto quel che c’era da vincere. Ma ha fatto di più: è stato ed è senatore della Repubblica, è stato amministratore delegato di Mediaset, ha saputo ricominciare da Monza, sua squadra del cuore, avvicinandola al suo nome e al suo lignaggio calcistico, quando era in serie C e portandola in serie A.

    Certo, senza Silvio Berlusconi, senza le sue visioni anticipatrici, le sue capacità economiche e, anche, una certa disinvoltura nei rapporti politici, Galliani probabilmente sarebbe stato solo un bravo dirigente di qualche squadra minore. Ma, come nella parabola dei talenti, Adriano ha fatto fruttare la fortuna di avere incontrato un imprenditore come Silvio. Prima ci ha messo capacità e competenza, poi ci ha aggiunto la fedeltà, infine non è stato mai restìo alla generosità, un aspetto che lo sempre accomunato al suo mentore.

    Non credo che Gerry Cardinale sia come come Berlusconi, ma mi piacerebbe che Ibra portasse nella sua esperienza qualcosa che ha appreso da Galliani. Per esempio l’umiltà e lo spirito di servizio, due qualità che sono necessarie a chi vuol farsi ascoltare da un padrone esigente. Essere il consigliere fidato di un potente presuppone una capacità di distacco emozionale, molto equilibrio, la pazienza di ascoltare prima di proporre, la certezza di non essere mai quello che dice l’ultima parola.

    Cardinale è un accentratore, come lo era Berlusconi. Decide lui, non lascia decidere a nessun altro. Anche se il consigliere prescelto si chiama Ibrahimovic, anche se ha segnato e vinto con tutte le squadre dove ha giocato, anche se è mosso da un ego smisurato. Un’altra caratteristica del delicato lavoro di consigliere quella di stare sempre un passo dietro il patron o il presidente. E, a volte, assecondarlo anche quando non si è d’accordo. E, quasi sempre, lasciargli i meriti anche se ne ha pochi o non ne ha per nulla.

    Ora, mentre sappiamo di che pasta sia fatto Galliani, su Ibrahimovic è lecito nutrire qualche dubbio. Lo svedese non è esattamente uno che ama il dietro le quinte, ma la ribalta. Non è - anche se la maggioranza crede il contrario - uno che fa gruppo. Non è - almeno secondo me - uno che coltiva visioni collettive. E’ un individualista narciso che insegue traguardi, rivendicazioni o meriti personali. In questo senso la vita sportiva di Galliani, che è l’esatto opposto, potrebbe fargli da guida. Se la prende ad esempio, anche modificando se stesso, non se ne pentirà.

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