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    Milan, Maldini non parli di stagione da 8: ha speso nel peggiore dei modi 50 milioni. Ecco cosa meritano i tifosi

    Milan, Maldini non parli di stagione da 8: ha speso nel peggiore dei modi 50 milioni. Ecco cosa meritano i tifosi

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Paolo Maldini è stato un grandissimo giocatore che avrebbe meritato il “Pallone d’Oro” come il suo erede Fabio Cannavaro, anche se il Mondiale lo ha perso e non vinto ai rigori. Nessuno ha vinto cinque coppe dei Campioni/Champions con la maglia del Milan come lui e per questo è ancora amato dai tifosi rossoneri che lo considerano il custode della gloriosa storia del club.

    Purtroppo, però, Maldini ha lasciato il calcio in un pomeriggio di quattordici anni fa, dopo la sua ultima partita a Firenze. E il “purtroppo” non è legato alla facile nostalgia per il passato, bensì al fatto che non basta essere stato grande come giocatore per esserlo anche come dirigente. Gli esempi in tal senso sono tantissimi, ma per rimanere al Milan ricordiamo un altro capitano e Pallone d’Oro come lui: Gianni Rivera che guarda caso ha vinto le due coppe dei Campioni rossonere prima di Maldini. Subito dopo aver festeggiato lo scudetto della “stella” nel 1979, proprio con Liedholm in panchina, che sei anni più tardi avrebbe fatto esordire “il figlio di Cesare” in serie A, Rivera fu promosso addirittura vicepresidente e per due volte non riuscì a impedire la retrocessione dei rossoneri, facendo valere come dirigente la sua esperienza di giocatore.

    Maldini al confronto è un gigante, perché grazie anche a lui il Milan ha rivinto uno scudetto dopo undici anni ed è arrivato in semifinale di Champions dopo sedici. Proprio perché ha vinto tutto in campo, però, non può dire che la stagione del Milan sarà da 8 se la squadra arriverà al quarto posto, per tornare in Champions. Bisogna infatti ricordare che quest’anno il Milan partiva con lo scudetto sulle maglie ma non è mai stato in corsa per rivincerlo, ha perso 3-0 la Supercoppa contro l’Inter, è uscito dalla coppa Italia in casa contro il Torino, è stato battuto negli ultimi quattro derby senza segnare almeno un gol, come non era mai accaduto nella sua storia, e come se non bastasse tutto ciò oggi è quinto in campionato, con sedici punti meno rispetto all’anno scorso, una retromarcia inferiore soltanto a quella del Verona in lotta per salvarsi.

    Proprio perché ha vinto tutto con il Milan e nel 1994, con Capello, ha addirittura festeggiato scudetto e Champions contemporaneamente, Maldini esagera quando dice che questa può essere una stagione da 8. Il voto sembra quindi un messaggio di autodifesa indirizzato alla proprietà, non a caso accompagnato dalle sue parole pronunciate subito dopo l’eliminazione dalla Champions: “Il fatto di essere arrivati a questi livelli deve essere sfruttato, investendo per rimanere tra le prime quattro e fare bene in Italia”. Sembra un invito a scucire altri milioni per rinforzare la squadra, anche se non bisogna dimenticare che l’estate scorsa Maldini e Massara hanno già avuto cinquanta milioni a disposizione, spesi nel peggiore dei modi perché il calo in campionato e l’ultimo, doppio, kappaò con l’Inter in Champions sono la conseguenza di una fallimentare campagna acquisti, testimoniata dal fatto che il giocatore più costoso, De Ketelaere, è sempre rimasto in panchina nelle sfide più importanti, per non parlare di Origi entrato soltanto per disperazione e Ibrahimovic nemmeno inserito nella lista Uefa per partecipare alla Champions.

    Ripetuti errori di progettazione che non sono certamente da imputare né a Pioli, né tantomeno alla proprietà che infatti sta pensando di cambiare l’area tecnica e non l’allenatore. In attesa di sapere come finirà questo giochino dello scaricabarile, con o senza quarto posto finale, i tifosi del Milan, che hanno sempre riempito San Siro, meritano di applaudire una squadra più forte di quella intravista quest’anno, che in fondo è la stessa che aveva vinto uno scudetto considerato inatteso da tutti. Ben vengano, quindi, nuovi investimenti ma a patto che siano accompagnati da una indispensabile competenza nelle scelte. E soprattutto con un vero gioco di squadra anche fuori dal campo.

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