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    Milan, Leao zittisce le critiche, non i tifosi: ora la rimonta scudetto, Pioli permettendo

    Milan, Leao zittisce le critiche, non i tifosi: ora la rimonta scudetto, Pioli permettendo

    • Gianni Visnadi
      Gianni Visnadi
    Troppo semplice dire che Leao ha zittito i tifosi dopo il gol segnato a Donnarumma. Semplice e sbagliato, ma soprattutto comodo. Meglio dire che se la prende con i tifosi che con l’Udinese avevano fischiato non lui, ma tutto il Milan, e perché non avrebbero dovuto?, piuttosto che considerare che quel gesto era per chi per mesi ha sostenuto che fosse un giocatore sopravvalutato anzi dannoso, non un campione ma un ragazzo stravagante, che rideva troppo e correva poco, che non avrebbe giocato nel grande Milan, che che che…

    Eppure Leao era stato abbastanza chiaro, «le critiche mi caricano», ha detto a partita appena vinta. L’oggetto: le critiche. Non i fischi, non i tifosi. Mentendo, perché le critiche feriscono sempre. È giusto che Leao si sia preso la rivincita davanti al più forte giocatore del mondo, del quale sosteniamo da tempo essere la migliore imitazione. Che non è un’offesa, ma un grande complimento. È giusto, perché vincendo il confronto diretto con Mbappé, ha vinto la partita con il PSG. Leao è la soluzione, sempre. Mai il problema. Leao vale anche la rimonta in campionato, perché è il giocatore più forte della Serie A.

    È stato così nell’anno dello scudetto. Palla a Leao, e il Milan volava e vinceva. Le parate di Maignan, i gol di Giroud, il carisma di Ibra. Poi Pioli ha creduto che dietro a tutto ci fosse soprattutto lui, le sue idee, e ha cominciato a cambiare il Milan, senza accorgersi che accentrando Theo e allontanando Leao dalla sua zona, perdeva la sua arma migliore, l’unica che poteva fare la differenza. Nemmeno Maldini l’ha aiutato, o forse sì e lui non l’ha ascoltato. Da campione d’Italia, il Milan è arrivato quinto e si è ritrovato in Champions solo grazie ai guai della Juventus.

    In estate un mercato ricco, non perfetto ma importante. Troppi doppioni e nessun centravanti, nessun difensore. Già detto, già scritto, eppure il Milan è forte e vale più di quanto finora ha fatto vedere. Prima del quinto derby consecutivo perso, Pioli ha detto di non pensare a quelli dell’anno scorso, perché rappresentavano il passato. E poi Inzaghi nel presente l’ha sistemato un’altra volta, sempre nello stesso modo. Più segno di inferiorità del Milan che di superiorità dell’Inter, e non è un gioco di parole.

    Stavolta, contro il PSG che l’aveva umiliato all’andata, la lezione è servita e Pioli ha cambiato il Milan. Più attento, e non dipende solo da lui, ma più basso e più corto sì. Ha messo due mediani (e lasciato fuori Krunic), ha lasciato che i terzini facessero gli esterni, ha creato lo spazio per Leao. Non è aritmetica, ma il Milan ha vinto. 

    Dire che ha giocato in quel modo da campione solo «perché aveva voglia», è sbagliato e offensivo. Eppure c’è la fila a sostenerlo. Adesso la parola d’ordine è “continuità”, quella che Leao dovrebbe avere dopo la magica notte contro Mbappé. Continuo, lui che anche quando il Milan è stato pessimo, con l’Udinese per esempio, è stato l’unico ad accendere la luce. E se la cosa più importante fosse invece la continuità di Pioli?

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