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  • Milan, le cinque responsabilità giganti di Furlani: il mercato degli algoritmi e un pericoloso déjà vu

    Milan, le cinque responsabilità giganti di Furlani: il mercato degli algoritmi e un pericoloso déjà vu

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Licenziando a sorpresa Paolo Maldini dopo un triennio di grandi risultati sportivi, Giorgio Furlani si è preso una serie di responsabilità giganti.

    1. Giustificare agli occhi dei tifosi la giubilazione di un monumento del “milanismo” in campo e fuori
    2. Migliorare o eguagliare i risultati calcistici del Milan nell’ultimo triennio
    3. Sostituire agli occhi della squadra e dell’ambiente interno rossonero una guida riconosciuta come lo storico “capitano”, di cui tutti hanno già nostalgia
    4. Rinunciare alla figura del “direttore sportivo” che nel calcio delle nostre latitudini è sempre stata fondamentale per raggiungere gli obiettivi
    5. Proporre un modello rivoluzionario di gestione di un club di calcio senza avere le disponibilità economiche necessarie per implementare tutte queste “innovazioni”

    Furlani ha dato vita alla “rivoluzione” che lui e Gazidis avevano in progetto dal novembre 2019, da quando cioè avevano già ottenuto il “sì” di Rangnick e di tutto il suo staff. Era lui quella figura di allenatore-manager che adesso hanno deciso di ritagliare su Pioli. Lo stesso che avrebbero voluto “esonerare” insieme a Maldini, Boban, Massara e Ibrahimovic prima che il Covid congelasse tutto. Quei mesi di “limbo” del 2020 in cui tutti si sentivano più buoni e meno interventisti, ma soprattutto non sapevano che futuro avrebbe avuto il calcio né a livello sportivo né a livello economico, avevano offerto a Maldini la possibilità di cementare una squadra coesa fuori e dentro il campo. Come si suol dire “avevano fatto quadrato” e con grande stupore di tutti Ibra e company avevano tirato fuori dal cilindro 10 partite da incorniciare. La proprietà, perso Rangnick e con gli introiti sotto scacco pandemico, non ha potuto fare a meno di rinnovare tutti i contratti, da Pioli a Ibra. Da lì è iniziato un triennio incredibile che, nonostante le illustri partenze dei big e nonostante le esigue risorse messe a disposizione, ha permesso al Milan di centrare un secondo, un primo e un quarto posto in campionato, nonché una semifinale di Champions League. Tutta roba che mancava da oltre 10 anni.

    Ma la voglia di “rivoluzione” di Furlani e company non si è mai sopita. E stavolta, senza neanche trovare scuse troppo convincenti, è passato alle vie di fatto. Prendendosi, lo ripetiamo, 5 responsabilità giganti. Che lui non vedeva l’ora di prendersi ma con cui adesso dovrà fare i conti. Finora era rimasto sullo sfondo, il suo nome compariva di sfuggita solo a margine dei CDA (sia dell’epoca Elliott sia di questa epoca Red Bird). I più attenti e mnemonicamente dotati se lo ricordano nelle testimonianze di Maldini e Massara presso il Tribunale del Lavoro di Milano durante la causa Boban. Adesso però sarà lui in prima linea, sarà lui a dover risultare credibile, a illustrare i progetti e a rispondere dei risultati. Il tutto senza alcuna esperienza nella gestione dell’ambito sportivo, con la “macchia” di aver cacciato Maldini e soprattutto senza quelle risorse economiche illimitate che, nel calcio e nella vita, ti consentono di sbagliare, risbagliare e riprovarci.

    La storia dimostra che tutti i neofiti nel mondo del calcio hanno commesso errori, in primis Berlusconi appena arrivato al Milan o gli sceicchi freschi campioni d’Europa con il City. Senza contare il Real di Florentino, l’Inter di Moratti o il PSG qatariota. Tutti questi però avevano o hanno la possibilità di sbagliare ripetutamente perché in possesso di potenziale finanziario praticamente “senza fondo”. Furlani no. Questa è la differenza. Il Milan di Furlani ha meno soldi a disposizione di quello di Fassone e Mirabelli. E mi viene da dire, ahimé, anche meno esperienza e competenza. Essere milanisti o laureati alla Bocconi, purtroppo, non significa saper gestire un club calcistico di livello mondiale con milioni di tifosi e un patrimonio storico inestimabile.

    Detto tutto questo, con grande apprensione e preoccupazione per il futuro rossonero, aspettiamo di vedere, valutare e giudicare quanto farà prima sul mercato e poi sul campo il Milan di Furlani. Ricordando all’amministratore delegato che il compito di un bravo manager dello sport non è fare un buon mercato, ma costruire una buona squadra, dentro e fuori dal campo. Furlani è del '79, come il sottoscritto, e sicuramente ha trascorso l’adolescenza a divertirsi con Football Manager, come il sottoscritto e tutti gli appassionati di calcio di quella generazione. Ma purtroppo o per fortuna, il calcio vero è un’altra cosa. Il modello “Moneyball” mi sembra tanto una moda o una suggestione cinematografica trasposta nella realtà. Mi ricorda tanto MilanLab, quando si diceva che si potevano addirittura prevedere gli infortuni dei calciatori. Il risultato furono gli anni con il maggior numero di indisponibili nella rosa del Milan. Speriamo di tutto cuore che il mercato degli algoritmi non faccia la stessa fine. Anche se con gli algoritmi ma senza soldi è difficile fare un grande mercato. Detto infine che il calciomercato rappresenta solo una componente nella gestione sportiva di un club poiché nel calcio, si possono fare ottimi mercati e pessime squadre, ma anche pessimi mercati e ottime squadre. L’ultima versione del Milan di Maldini lo dimostra.

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