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    Milan, Juve, Roma, Lazio: quanti torti! Colpa degli arbitri di Collina, l'uomo che trasformò il fischietto in banconota

    Milan, Juve, Roma, Lazio: quanti torti! Colpa degli arbitri di Collina, l'uomo che trasformò il fischietto in banconota

    • Stefano Agresti

    Probabilmente la Roma a Barcellona avrebbe perso lo stesso, però avrebbe avuto il diritto di giocarsela alla pari: undici contro undici. Invece gli avversari erano in dodici, uno di loro aveva il fischietto: ha negato due rigori (uno eclatante) ai giallorossi. Dicono che gli arbitri subiscano il potere dei grandi club spagnoli, ma a noi sembra che la verità sia un’altra: quando vedono una squadra italiana, la colpiscono.

     

    Al Milan è stato impedito di tentare la rimonta sull’Arsenal, al quale è stato regalato un rigore mai visto; a Londra hanno provato a far fuori la Juve, alla quale non hanno fischiato un penalty solare contro il Tottenham (purtroppo per loro, si è qualificata lo stesso). Per ultima la Lazio: incredibile il fallo fischiato in area a favore del Salisburgo. In Inghilterra come in Spagna oppure contro gli austriaci, insomma: siamo sempre defraudati. Da chi? Dagli arbitri di Collina, viareggino di Bologna, capo della commissione dell’Uefa dove lo ha voluto Platini (sì, Platini, quello degli inciuci) oltre che della Fifa. Un incubo per i nostri club.

     

    Pierluigi Collina un tempo andava in campo e fischiava. Molti sostengono che fosse il migliore al mondo, sicuramente era il più conosciuto: merito delle sue qualità, certo, così come di una spiccata personalità e di un look inconfondibile. Arbitrava con intelligenza, non d’istinto; gestiva le partite, non le lasciava giocare. Raramente commetteva errori clamorosi, perché era molto bravo, ma altri - il vecchio Agnolin, ad esempio - avevano probabilmente maggiore talento (e minore diplomazia). Gli juventini gli imputano uno scudetto perduto a Perugia, in una partita che non volle sospendere nonostante un nubifragio, però noi che abbiamo vissuto quei giorni da vicino, quasi da dentro, sappiamo che non poteva fare altro per via dell'atmosfera infernale creata attorno al campionato da un precedente errore pro-bianconeri.

     

    Posto su un piedistallo troppo alto, beatificato come esempio di correttezza e moralità da tanti cantori, terminò la carriera in modo inglorioso e sconveniente allorquando la Gazzetta dello Sport, l’8 agosto 2005, rivelò che aveva firmato un ricco contratto con una casa automobilistica tedesca, casualmente la stessa che all’epoca sponsorizzava il Milan. Gli avevano appena concesso la proroga straordinaria per arbitrare un’altra stagione benché avesse raggiunto il limite d’età. Scoperto l’inghippo, anziché cacciarlo in malo modo, gli chiesero - bontà loro - di scegliere tra il fischietto e il contratto. Indovinate quale fu la sua decisione.

     

    Meno di un anno più tardi, il piedistallo prese un’altra bella botta. Le intercettazioni di Calciopoli raccontarono di una telefonata durante la quale tal Meani, all’epoca sconosciuto dirigente del Milan, fissava un incontro notturno nel parcheggio del suo ristorante, da tenersi il martedì o il mercoledì, nei giorni di chiusura, perché nessuno potesse vedere. I convitati? Galliani e, guarda un po', Collina. Era la stagione 2004-2005. Anni dopo vennero alla luce altre intercettazioni, nelle quali si svelarono contatti telefonici diretti tra l’amministratore delegato del Milan e il numero uno degli arbitri italiani. Niente di penalmente rilevante, ma quel piedistallo…

     

    Nelle ultime stagioni, le squadre italiane sono state gravemente penalizzate in Europa: basta ricordare quanto è capitato alla Juve nella doppia sfida di Champions con il Bayern, ad esempio, ma anche a molti altri episodi che hanno coinvolto a più riprese la Roma, la Lazio, la Fiorentina, il Milan. A Napoli si arrabbiarono moltissimo quando vennero eliminati dal Dnipro con clamorosi e decisivi errori dell’arbitro. Il problema? Collina non era solo il capo dei fischietti d’Europa, ma anche il supervisore di quelli d’Ucraina. Conflitto d’interessi? Fate voi. In Ucraina lo aveva voluto a ogni costo il presidente federale, Hryhoriy Surkis, fratello di quell’Igor il quale nel 1995, come padrone della Dinamo Kiev, tentò di comprare lo spagnolo Lopez Nieto con due pellicce e una valigetta (il suo club fu squalificato dalle coppe per due anni). Una buona compagnia da frequentare, insomma.

     

    Ma gli affari sono affari e Collina, evidentemente, per questi ha un sesto senso. Tanto che ha trasformato una mansione di cui un tempo si decantava l’aspetto dilettantistico, quella dell’arbitro, in un’attività estremamente redditizia. Complimenti, meriterebbe quasi di stare su un piedistallo. Intanto, è il capo degli arbitri d’Europa e del mondo. Si salvi chi può. Soprattutto se italiano.


    @steagresti
     


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