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    Milan-Inter vista dal campo: Conceiçao manda a quel paese Leao, Inzaghi sfonda un cartellone pubblicitario

    Milan-Inter vista dal campo: Conceiçao manda a quel paese Leao, Inzaghi sfonda un cartellone pubblicitario

    • Davide Bernardi
      Davide Bernardi

    L’immagine più forte di un derby vissuto a pochi passi dal campo, arriva 30 secondi dopo il 90’. E’ un’immagine insolita, inedita, soprattutto per uno come Simone Inzaghi.

    Come detto siamo al 91’, l’Inter ha appena preso il terzo palo del suo secondo tempo, sempre lo stesso. 3 pali in un tempo, in un derby sono una cosa che ti alterano la stabilità emotiva. L’allenatore dell’Inter, che al primo di Bisseck era rimasto impassibile, al secondo di Thuram era caduto in ginocchio disperato, questa volta, al tiro di Dumfries che ancora una volta finisce su quel palo lì, quello alla sinistra di Maignan, mi sorprende. Lo stavo osservando attentamente da qualche minuto e mi ha sorpreso. Qualche anno vicino alle panchine mi ha insegnato che nei minuti finali, ancor di più in quelli, gli allenatori devono avere quasi tutte le tue attenzioni. 


    Inzaghi su quell’azione salta con Dumfries, è una sua peculiarità (e non solo sua) quella di “accompagnare” dalla panchina le gesta dei suoi calciatori nei momenti topici. Inzaghi salta con Dumfries, quando atterra e vede la palla sul palo, rimane impassibile un secondo e mezzo, prima di girarsi verso il proprio staff. Fa qualche passo in direzione panchina e a me, che lo sto osservando e che tante volte da vicino l’ho osservato, sembra in trance. Preso in una purea di rabbia e frustrazione, ciondola la testa come non fa mai, lo sguardo in un punto vuoto, indefinito. Quando è a tiro del cartellone pubblicitario, al centro della propria area tecnica, letteralmente lo sfonda. Gli rifila un calcio che non è da lui, lo crepa, entra nel cartellone con mezza gamba, come fosse quel palo che tre volte ha respinto l’Inter. 

    E’ un calcio anche pericoloso per lui, un calcio non da lui, un calcio che spaventa chi è vicino a lui e non lo sta guardando. Forse, neppure chi lo conosce se lo aspetta. Perché Simone, come tutti gli allenatori, ha una maniera tutta propria di stare in panchina. Spesso a mani in tasca, elegante, sempre in giacca e cravatta, sta attento che camicia e capelli siano sempre al loro posto. Spesso l’unico gesto che si concede in una partita tranquilla è il braccio alzato, quando la palla è a sinistra e Dumfries pronto a correre a destra. Poi però, ovviamente e ci mancherebbe pure, ha dei picchi di adrenalina che lo scuotano, lo squassano. Calcia l’aria, per segnare, quando Dimarco a porta vuota fa 1-0 nel primo tempo, prima che l’arbitro annulli per fuorigioco. Corre a schiena bassa con la mano che mulina, per accompagnare la corsa di Pavard, una delle poche volte che a sinistra il Milan è scoperto. Salta a ogni cross che arriva in area, tranne curiosamente quello che Zalewski attutisce per de Vrij. 

    Tipi strani gli allenatori. Basta pensare a Conceiçao, che in panchina è molto meno elegante e molto più felino di Inzaghi. Il portoghese è letteralmente un leone in gabbia, perdonate questa stanca e inflazionata metafora animalesca, ma immaginatevi l’aggirarsi perpetuo, avanti indietro, spesso in cerchio, che hanno i leoni, tipico di chi vorrebbe uscire dallo spazio che lo limita. Ecco Conceiçao in panchina è così. 

    Insomma l’area tecnica, diventa aria tecnica e in questo derby gli basta meno che mai. Si toglie la giacca e manda a quel paese Leao al primo tacco sbagliato, prima di correggergli la posizione tutto il primo tempo. E’ letteralmente ossessionato, in generale e ancor di più in queste partite, dalle distanze della squadra, cui urla continuamente di salire appena chi davanti ha le ali per correre, corre. Chiede a Bennacer, che esce al 45’ soprattutto per questo, di avere la giusta posizione quando la palla va a Leao, ma l’algerino non la trova questa posizione e siccome Conceiçao sconti non ne fa a nessuno, al 18’ manda già a scaldare 3 uomini. E poi il suo gesto più tipico, soprattutto a chi è lontano, alza un braccio con la mano arricciata, un artiglio che vuole tirare a sé qualcosa appeso più in alto. 

    Negli anni ho imparato che non esiste persona che certe partite le viva sempre alla stessa maniera: vi faccio due esempi di enorme lucidità del derby. 

    Torno a prima che la partita cominci, al riscaldamento. Fabio Capello, negli anni insieme in Spagna, a seguire Real e Barça, tra le varie cose, me ne ha insegnata una: il riscaldamento quasi sempre ti dice come andrà una partita. Osservo il Milan, dove, da quando c’è Conceiçao, il capitano è Maignan, che però chiaramente fa un riscaldamento a parte, separato dai i compagni di movimento. Qui mi chiedo chi “emotivamente” guiderà la squadra nel pre-partita. Ecco Tomori, che si è opposto due volte alla cessione in questa sessione di mercato, l’ultima a 24h dal derby, perché lui vuole rimanere al Milan, è quello che parla di più. Lo fa chiaramente per questioni linguistiche con Walker, appena arrivato, ma anche con Abraham, Pulisic e Reijders, che l’italiano ormai lo masticano, ma continuano a preferire l’inglese. E in generale lo fa perché, incredibilmente, sembra il più sereno di tutti. A vedere la partita di Tomori, Capello aveva ragione, ancora una volta. 


    Per chiudere invece, vado veloce alla fine, a 92.40 e qualcosa in più. L’Inter ha appena segnato, con de Vrij su assist lucidissimo di Zalewski, cui Inzaghi prima di entrare, urla nelle orecchie: OH PERSONALITA’. EH. Preso alla lettera. 

    Ma non voglio parlare di Zalewski, ma di Barella. C’è un’immagine forte, un’altra, in cui la robycam, quella telecamera “appesa” che riprende il campo dall’alto, inquadra 25-30 persone correre tutte verso la bandierina a urlare l’1-1. E poi ce n’è una, una sola che corre a prendere la palla in porta, perché un derby così, con 3 pali e gol annullati, voleva vincerlo, non pareggiarlo. 


    Perché alla fine l’adrenalina, ognuno la vive come vuole. 
    Tipi strani i giocatori. 
     


    Commenti

    (21)

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    ganz13
    ganz13

    terremoto inter, non poteva iscriversi al campionato, cosa rischia? dalla possibile retrocessione...

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