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    Milan, il vento è cambiato: il Sergente Conceiçao come segnale di rottura col recente passato

    Milan, il vento è cambiato: il Sergente Conceiçao come segnale di rottura col recente passato

    • Massimo Callegari
      Massimo Callegari
    C’è un nuovo sergente a Milanello. Ha il volto truce ma, a differenza del suo signorile predecessore, sa come portare dalla sua parte i senatori. Dopo gli anni delle coccole di Pioli, del filosofo Giampaolo, del senso di appartenenza di Gattuso e del moderato Montella, a Milanello torna un allenatore spigoloso e senza filtri.

    Uno come Sergio Conceiçao non si vedeva dai tempi di Sinisa Mihajlovic o, addirittura, da quelli di Fabio Capello, capace di essere morbido nell’immediato post Sacchi e poi durissimo negli anni successivi. Le celebri battaglie con Dejan Savicevic per indurlo a spremere tutte le energie dal suo talento nascevano in realtà dai successi ottenuti da Don Fabio: “All’inizio spiegavo a tutti le mie scelte, poi non ne ho più avuto bisogno: avevo vinto, i calciatori riconoscevano la mia autorità e le accettavano”.

    Con tutte le dovute e doverose proporzioni, il processo che porta da papà Pioli a Sergente Conceiçao via Fonseca è esattamente inverso a quello che propiziò la staffetta Sacchi-Capello. Allora bisognava alzare il piede dall’acceleratore, limitare le indicazioni tattiche per liberare la fantasia e la mente dei calciatori dopo quattro anni di richieste molto esigenti. 

    Oggi il tema è più psicologico che tecnico. Il ciclo di Stefano Pioli è stato costruito su un rapporto paterno tra allenatore e giocatori. Il revival in Arabia e gli abbracci quasi commossi con l’ex tecnico, lo hanno confermato.

    La “transizione psicologica” verso Paulo Fonseca si è incagliata con una delegittimazione reciproca: prima quella dell’allenatore verso i leader post scudetto poi quella dei big dello spogliatoio verso il tecnico. Il doppio ammutinamento (cooling break di Roma e penalty gate di Firenze) ha avuto ripercussioni tecniche, culminate nelle esclusioni di Theo Hernandez e Tomori, riesumato da Conceiçao dopo appena quattro presenze da titolare in tre mesi, di cui una dimenticabile contro il Sassuolo in Coppa Italia. 

    Ecco, la differenza tra Sergio e Fonseca non sta solo nel timbro della voce, marcatamente più vigoroso e profondo del nuovo tecnico, ma anche nella differente modalità di “aggredire” il gruppo: Conceiçao (almeno finora) lo ha sempre fatto con messaggi collettivi, Fonseca attaccava personalmente i calciatori, inquinando la sacralità dello spogliatoio. 

    Anche l’attacco frontale dell’intervallo a Riad è stato rivolto a tutta la squadra: “Questo è ancora il vecchio Milan”, cioè quello del suo predecessore, con poca anima e il cuore a battiti alterni. L’elettroshock ha avuto effetti poderosi, gli episodi hanno aiutato l’audacia del tecnico e la sua capacità di correggere in corsa errori evidenti di formazione, a partire da Bennacer, fuori condizione e fuori posizione.

     Il messaggio recapitato ai microfoni di Sportmediaset a fine partita è stato chiaro: “Sono qui per vincere, non per farmi degli amici”. Del resto, la maturità delle colonne dello spogliatoio passa anche da questo “salto di specie” di allenatore: i figli crescono quando il papà lascia la loro mano, i calciatori quando abbandonano la comfort zone e accettano di essere messi in discussione da un’autorità superiore, un po’ più distaccata e decisa. 

    Dopo il secondo tempo di Riad, tutti hanno capito che quella è la strada per riportare il Milan all’altezza della sua storia.  Anche i giocatori che, dopo i primi allenamenti, erano rimasti un po’ impressionati e un po’ allarmati dall’approccio deciso del 'truce' Sergente Conceiçao.

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    brando 81
    brando 81

    Da sacchi a capello si passava da uno squadrone a un'altro , da fonseca a coincecao si passa da u...

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