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Milan, faida in Curva: armi, agguati e pestaggi per spaccio e merchandising
L’obiettivo, come si legge sul Corriere della Sera, è controllare lo spaccio e il business del merchandising in Curva Sud. I metodi sono quelli di sempre. Come i nomi: i fratelli Francesco e Luca Lucci, attuale capo della Sud, Giancarlo Sandokan Lombardi, Marietto Diana e il Barone Giancarlo Capelli. In mezzo una «faida» tra due schieramenti della tifoseria rossonera. I «Commandos tigre» cacciati dal primo anello del Meazza con pestaggi e minacce armate. Il resto è un copione già visto dieci anni fa: agguati, droga e pallottole.
Condannati al comando
Prima di raccontare questa storia bisogna guardare al passato. Al 2006 e alla vicenda del tentativo di estorsione al Milan: alcuni ultras tentano di mettere le mani sul business dei biglietti. Viene arrestato il capo del gruppo «Guerrieri ultras» Sandokan Lombardi e con lui anche il Barone, Giancarlo Capelli, storico leader della curva milanista, che uscirà poi pulito dall’inchiesta. Lombardi viene condannato a 3 anni e 8 mesi. Nel frattempo finisce in un’inchiesta per riciclaggio con il clan mafioso dei Fidanzati. Si scopre che nella Curva Sud c’è un sottobosco di interessi criminali. Emergono i contatti tra Sandokan e il leader dei «Viking» della Juventus Loris Grancini, oggi giocatore di poker, miracolosamente scampato nel ‘98 alla sparatoria di viale Faenza e considerato vicino a clan calabrese e al narcotrafficante Pietro Amante. Luca Lucci viene indagato nel 2009 per un’aggressione a un tifoso interista che nel pestaggio perderà un occhio e morirà suicida tre anni dopo. Ma viene anche sfiorato da un’altra indagine: nel 2006 ha prestato la sua auto allo ndranghetista Luigi Cicalese, killer dell’avvocatessa Maria Spinella. A far da tramite Daniele Cataldo, altro ultras arrestato a Sesto un anno fa con un carico di armi.
Il pestaggio e le armi
Gli equilibri del tifo rossonero vedono oggi la Curva Sud (con relativo striscione) unico gruppo del secondo anello blu al Meazza. Al primo ci sono i Commandos. Ma durante Milan-Juve del 9 aprile scorso alcuni ultrà scendono dalla Sud per affrontare i Commandos: lo screzio nasce dalla coreografia dei tifosi. La tensione era nell’aria: quel giorno i Commandos erano in forze. Qualche urlo, poi i tifosi risalgono. La Digos per questi fatti ha già proposto una trentina di Daspo. Il seguito, più violento, ha come teatro lo stadio Marassi di Genova. È la sera del 17 aprile, sulle scalinate e lontani dalle telecamere, alcuni Commandos vengono pestati a sangue. «Picchiatori esperti in arti marziali arrivati dalla Curva Sud», ricostruisce la polizia. Qualche giorno dopo uno dei capi viene minacciato da uomini «armati». Anche i Commandos non sono sprovveduti. I capi sono legati a una famiglia di sardi coinvolti in un’inchiesta antidroga. Per questo la polizia teme una vendetta immediata. Che però non arriva. Non si sa se per cautela (i numeri sono sfavorevoli) o se i Commandos hanno capito che è meglio evitare una guerra. Sembra che alla base della faida ci sia la scoperta della testimonianza di alcuni membri dei Commandos durante le indagini della polizia sul caso dell’estorsione del 2006.
Il comunicato sul web
Il 25 aprile esce sul web un misterioso comunicato che annuncia dopo 49 anni lo scioglimento dei Commandos. Passano poche ore e arriva la smentita. Ma il 15 maggio, ultima di campionato Milan-Roma, al primo anello — dove c’erano i Commandos — c’è invece l’inossidabile Barone. Per i ben informati questo è il segnale che il direttivo della Sud s’è preso anche il primo anello. A far gola, oltre al bacino di pubblico (20 mila posti in totale) è il business del merchandising.
Soprattutto in chiave futura, con l’arrivo (possibile) dei cinesi. Sia chiaro: la stragrande maggioranza non ha niente a che vedere con queste vicende. Lucci e soci sono da sempre vicini a Barbara Berlusconi e in questa stagione hanno contestato duramente Adriano Galliani. La vulgata racconta anche di un incontro tra Lucci e il presidente Silvio Berlusconi per chiedere la cacciata dell’ad. Ma i risultati della squadra non contano. Anzi, i vertici della Sud starebbero progettando un grande rientro: quello della Fossa dei Leoni, storico gruppo sciolto nel 2005, e quello delle Brigate rossonere. L’obiettivo è di attirare nuovo pubblico facendo leva sulla nostalgia. E più pubblico serve anche a far da schermo allo spaccio di droga gestito dagli «elementi criminali»: «Iniziative — dicono gli investigatori — che non rispondono a interessi sportivi ma a logiche criminali».