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Bucciantini: Milan e Lazio da 3° posto
Ma è dietro alla vetta che si è mosso qualcosa: la Lazio e il Milan hanno trovato continuità di gioco e risultati. Sono due squadre piacevoli perché cercano tutta l’ampiezza e profondità del campo: hanno interpreti veloci e tecnici e il coinvolgimento dei centrocampisti nella finalizzazione dimostra personalità e schemi efficaci. Nel giudizio di fine mercato, furono le due squadre che promuovemmo: acquisti almeno adatti, se non proprio eccezionali. Mentre – per restare nella zona della lotta per il terzo posto - Napoli, Inter e Fiorentina sembravano grossomodo aver confermato pregi e difetti, con nessun acquisto decisivo nelle zone del campo lacunose. Per questo parlammo di mercato inutile, perché non spostava gli equilibri dello scorso torneo, lasciando la terza, quarta e quinta forza distanti da Juventus e Roma. Qualcuno contestò questo giudizio anche con buoni argomenti, ma queste sette partite ancora non portano sostanza alle ambizioni di tre squadre che insistono nei medesimi difetti. La Fiorentina da quando ha perso Rossi (e sono ormai 10 mesi) non riesce ad essere credibile in area avversaria ed è come se la manovra trovasse un limite, un muro che Cuadrado prova a sfondare con alterne sorti, spesso frustrate. Ai ragazzi dell’attacco bisogna concedere le brutte domeniche con infinita pazienza, a gente come Ilicic invece non si deve più chiedere niente: non s’incastra nel gioco, dopo 50 partite c’è poco da tentare. Il giocatore più in forma, Mati Fernandez, non vede il calcio in verticale, ma solo in orizzontale: è uno splendido dominatore del possesso palla, ma in quella posizione di trequartista servirebbe più agonismo nell’aggressione dell’area (con incursioni senza palla) e qualche giocata verticale che non abita nei suoi pensieri. Forse, Bernardeschi possiede questo calcio. Aspettare, adesso, non ha più senso perché il campionato della Fiorentina può rinsecchirsi già domenica a Milano, contro i rossoneri. Ma l’impressione è più generale, e più preoccupante. Contare quanti milioni di euro (grossomodo 45, e circa 20 lordi d’ingaggio all’anno) è costato il terzetto Gomez-Rossi-Ilicic, diversamente inabili alla causa, è quel tarlo che sta scollando la proprietà dalla società e quest’ultima dal tecnico. La Lazio ha dominato il primo tempo, costruendo una vittoria che in altre trasferte era mancata per colpa del noviziato, non per altro. La difesa ha giocato “alto”, accorciando il campo per le corse di Cuadrado, ed piaciuta soprattutto nella personalità in disimpegno, che ha permesso un possesso palla maggiore della Fiorentina, squadra che fa di questo possesso cifra stilistica (e un po’ accademica). Candreva e Lulic hanno governato le corsie, Mauri ha scompaginato la difesa viola con i suoi inserimenti. Un calcio semplice ma saporito e ripetuto in stile, per molti minuti. Nella ripresa la Fiorentina poteva pareggiare, ma nella sua azione c’era meno linearità. Pioli ha un organico diseguale, poco profondo in certi ruoli, ma la Lazio non ha le coppe e ancora ha avuto poco da Keita, Onazi, Klose: può correre per il terzo posto, se tutto funziona.
Il Milan continua a trovare il gol con una facilità impressionante, in casa, in trasferta. Inzaghi ha inserito nel gioco Honda, che sembrava marginale. I difensori partecipano all’azione con coraggio e prendono iniziative decisive (anche ieri, due assist: Abate e Rami). È tornato in campo El Shaarawy, che in questa serie A può fare la differenza. Torres c’entra poco con questa squadra e questa idea di calcio e servirà Montolivo (con verticalizzazioni centrali più svelte) per farcelo entrare, ma per ora Menez è due spanne più su. Certo, manca un po’ di robustezza, qua e là, ma il lavoro di Inzaghi sulla mentalità e sulla manovra è solare, evidente, importante. Potrebbe restare anche una squadra eternamente azzardata e incompleta (e flettere un po’ davanti a squadre che sapranno impattarla e impegnarla nel lavoro a tutto campo), ma quell’ambiente sa rafforzarsi e fortificarsi con le vittorie: se il Milan si sente forte, poi lo diventa. La Fiorentina è avversario ideale per misurare certi progressi tattici. Nella sfida a campo aperto, i viola sono fenomenali, almeno lo erano, fino a ieri, perché la Lazio ha vinto proprio sul “terreno” di Montella. Mentre soffrono quando il campo diventa sincopato. Milan-Fiorentina è la partita da vedere nel prossimo turno. Inter-Napoli era invece quella più importante di questo: doveva selezionare una squadra, e magari scartare l’altra. Il pareggio rimanda le sentenze, anche perché si è visto un repertorio completo di prodezze e limiti, da entrambe le parti. Il Napoli spesso concede troppo campo agli avversari, di qualunque lignaggio. Ha così tanta qualità in attacco che poi i gol arrivano, ma dilapidare due vantaggi quando ormai l’Inter sembrava stanca è tutt’altro che promettente per chi sogna obiettivi massimi. Curiosamente, mentre l’anno scorso segnavano tutti, quest’anno segna solo Callejon: Higuain, niente, mai. Fra gli attaccanti di Benitez, Callejon è quello che da sé – per caratteristiche e mentalità – si crea l’occasione, muovendosi ovunque, sbucando nelle zone morte dell’area: è il maggior attaccante sul secondo palo che c’è in circolazione, laddove basta una diagonale difensiva mal calibrata che restano i centimetri per organizzare un tiro. Fa tutto così velocemente (e spesso al volo) che poco spazio con lui diventa enorme. Resta il fatto che gli altri (più bisognosi di manovra, di palloni da giocare) segnano molto meno, e il Napoli quando attacca f ameno paura d’un tempo. L’Inter gioca una bella partita perché è parsa fisicamente più sana, e soprattutto perché Hernanes s’intesta della manovra, permettendo a Kovacic l’iniziativa anarchica e dirompente: questi sono i migliori di Mazzarri, che deve partire dalla domanda più semplice: come farli giocare al meglio. Dalla superbia dei due nascono buone azioni, poco manovrate, ma efficaci. Purtroppo per i nerazzurri l’attacco sciopera. Palacio non sta bene, lotta, e basta. Icardi è misurabile con la presenza nel tabellino: se è assente, quella è la sua partita. Quando Palacio sarà in condizione di far appoggiare i centrocampisti e gli esterni, tutta la manovra avrà un guadagno netto. È evidente che l’esercizio è risicato, ma è altrettanto evidente che l’Inter ha molti giocatori con caratteristiche simili, e pochi altri che arieggiano il gioco. L’Inter non avrà mai troppe soluzioni di gioco, e invero Mazzarri aggiunge poco (e sembra sempre più stressato). Però la dipendenza da giocatori di così tanta qualità può anche essere una garanzia di imprevedibilità: è difficile farli respirare tutti insieme, tendono a nutrirsi dello stesso ossigeno, ma l’Inter e il suo tecnico devono provare a sfibrare gli avversari in una porzione di campo più ampia, costringere mediani e difese altrui a partite più disordinate, e permettere a Hernanes, Kovacic e anche Guarin di trovare lì, in quel disordine, lo spazio per invertire una stagione che non può scivolare via così frettolosamente.