Milan, dove è finito Ibrahimovic?
- 110
Fa rumore il silenzio del gigante di Malmo, riapparso sui social nelle ultime ore per evidenziare una ferita alla testa ricucita. Non tanto per il tempo in sé, sono trascorse soltanto due settimane dalle ultime parole di Ibra (pre-derby), quanto più per le situazioni sviluppatesi in casa rossonera dalla vittoria con l'Inter, che sembrava poter dare nuovo slancio alla stagione del Diavolo e invece non ha trovato continuità se non nel seguente successo sul Lecce: tra Champions League e Serie A, episodi che avrebbero potuto giovare di un intervento anche mediatico del Senior Advisor della proprietà RedBird.
POLEMICHE ARBITRALI E I RIGORI DI FIRENZE - I tackle non erano il suo mestiere da calciatore, ma da dirigente la storia cambia e i tifosi se ne aspettavano probabilmente uno dopo le polemiche arbitrali della partita contro il Bayer Leverkusen. Fonseca non si è risparmiato, criticando duramente l'operato del direttore di gara e del VAR per il mancato rigore su Loftus-Cheek e alcune chiamate più che discutibili durante la gara, come il colpo di Tapsoba a Theo Hernandez e la gestione dei cartellini. Occasioni che spesso chiamano i dirigenti ad intervenire ai microfoni delle tv a perorare la causa dei tesserati e ad essere il volto di un club insoddisfatto se non furente. Silenzio, così come dopo il pasticcio sui rigori di Firenze. Presi di forza, calciati e sbagliati da Theo Hernandez e Tammy Abraham, nonostante il rigorista designato fosse Christian Pulisic come spiegato anche in maniera infastidita da Fonseca nel post-gara del Franchi. Il portoghese si è esposto, ma dopo l'episodio e il secondo ko dopo prima della sosta il popolo rossonero invocava una voce più altisonante. Anche in questo caso, le attese di tifosi e addetti ai lavori non sono state rispettate almeno dal punto di vista pubblico, preferendo gestire la questione quietamente e lontano dalle telecamere come accaduto in precedenza con il cooling break di Roma che aveva coinvolto Theo e Leao.
IL LEONE E IL BOSS - Pensare che la stagione 2024/25 era iniziata con altre premesse e una certezza: Ibrahimovic non era semplicemente l'uomo forte della proprietà, ma il plenipotenziario dell'area sportiva del Milan. A partire dalla presentazione del progetto Milan Futuro proseguendo con le presentazioni dei colpi di mercato (Morata, Pavlovic). Un ruolo ribadito anche nell'acceso confronto dialettico con Zvonimir Boban a Sky prima del Liverpool. Uno scambio ricco di dichiarazioni forti che hanno fatto il giro del web, nello stile cui Ibra aveva abituato anche da calciatore: "Il mio ruolo è semplice: comando io, sono io il boss e tutti quanti lavorano per me. So che Boban non l'ha capito, ma ora glielo ridico: comando io. Io lavoro e si lavora in silenzio", e anche "Quando Leone va via i gatti si avvicinano, quando Leone torna i gatti spariscono. Non mi riferisco alla squadra, ma a chi ci sta attorno e il livello è troppo basso". Frasi che non hanno ricevuto un'accoglienza unanime, "da spaccone" per alcuni e certamente non rinfrancate dalla deludente sconfitta contro i Reds.
LOW PROFILE - Proprio quelle parole hanno segnato però un punto di svolta e aperto una fase 2.0 dell'Ibra dirigente, che ha seguito una politica più low profile almeno dal punto di vista mediatico. La sua presenza dal punto di vista del lavoro quotidiano d'altronde non è mai mancata a Milanello e non solo e lo aveva rivendicato già nelle scintille con Boban ("Dal primo giorno che sono entrato sono sempre stato presente e quando non ci sono sono presente lo stesso"). Anche quando non era apparso in favore di telecamera era regolarmente allo stadio e nelle occasioni in cui ha saltato partite (Lazio e Venezia) era Gerry Cardinale in persona a rappresentare la proprietà. Nessun cambio di approccio dal punto di vista operativo "dietro le quinte", ma una strategia comunicativa più discreta probabilmente anche per evitare sovraesposizioni che possano prestare il fianco a strumentalizzazioni in un momento per il Milan.
Una conferma l'ha data lo stesso Zlatan prima del derby: "La critica fa parte del lavoro, delle responsabilità. Non importa il mio ruolo, importa il Milan: non tutti capiscono le battute, devo stare attento a quanto pare... E' un lavoro impegnativo e mi piace, ma non è un one-man show. L'ho sempre detto, chi mi critica non mi disturba, ma mi dà gas". Una stilettata che lascia intendere come Ibrahimovic non si aspettasse la lunga coda di polemiche seguite alle uscite pre-Liverpool. Soprattutto per quella frase, "Io sono il boss", che ha spalancato la porta alle più svariate interpretazioni e all'ipotesi di una convivenza complicata con l'amministratore delegato Giorgio Furlani.
FURLANI E IL 'CASO' DELL'ORGANIGRAMMA - Emblematica da questo punto di vista la polemica nata dal post Instagram di Anita Elberse, professoressa dell'Harvard Business School ed esperta in business dell'intrattenimento, media e sports. L'economista è stata a Milanello perché ha dedicato un suo studio al club rossonero, avendo avuto proprio Furlani come alunno ad Harvard, e nelle foto pubblicate ce n'è una che ha infiammato il web. Furlani e Elberse posano davanti a una lavagna sulla quale è raffigurato l'organigramma del Milan, dove il nome dell'amministratore delegato è ben evidenziato (e indicato chiaramente da Furlani stesso) come il primo direttamente sotto Cardinale, al di sopra di Zlatan Ibrahimovic e Geoffrey Moncada. Un gesto che sui social - e non solo - è stato letto come una provocazione, una chiara risposta a quel "Comando io, sono io il boss e tutti gli altri lavorano per me" di Ibra. Come a dire: ecco chi comanda davvero.
Una lettura alimentata anche dal momento difficile che il Milan sta affrontando sul campo, dagli sviluppi sulla questione stadio tra San Donato e San Siro e dalle voci su una possibile cessione di quote del club da parte di Cardinale, smentite da RedBird mediante portavoce. Una lettura che pone l'enfasi sulla tempistica e la dicotomia con le dichiarazioni di Ibra e omette altri dettagli del post stesso, come la presenza di Ibrahimovic all'incontro a Milanello (ha posato con Elberse) o il fatto che sia una dichiarazione dello stesso Zlatan ad aprire lo studio ("Giorgio [Furlani] è tanto bravo a parlare di numeri quanto io lo sono a giocare a calcio"). O ancora che, al netto del contesto, l'organigramma rifletta di fatto la struttura del club, con Ibra e Moncada a riportare all'amministratore delegato nel gruppo di lavoro e lo stesso CEO ad avere potere di firma per accordi commerciali, contratti e accordi di compravendita dei calcatori.
ROMPERE IL SILENZIO - La sosta è l'occasione per raffreddare gli animi e organizzare la ripartenza in vista del ciclo di partite che attende il Milan, con il doppio impegno a San Siro contro Udinese e Bruges, prima del Bologna e del big match con il Napoli che chiuderà ottobre. In campionato c'è da riprendere il cammino, in Champions invece bisogna proprio partire e cancellare lo 0 alla voce punti. Le gare con i friulani e con i belgi sono crocevia importanti e appuntamenti da non fallire. E in queste occasioni ci si aspetta anche il ritorno di Ibrahimovic davanti alle telecamere, per dare risposte agli interrogativi che accompagnano il delicato momento del Diavolo e dare anche un segnale forte, alla squadra, a Fonseca e al mondo rossonero. E per scoprire in quale versione si presenterà lo svedese, se il Leone ruggirà in maniera potente o si farà sentire in modo più quieto.