Getty Images
Mattarella, Mina e mio zio Sergio, che inventò il Festival di Sanremo
Poco? Boh, per me è molto. Ieri sera per esempio. E poi anche oggi all’ora di pranzo quando, desinando, non hai nessuno con cui parlare perché Funny, la mia cagnetta, comunica con lo sguardo. Insieme guardiamo la televisione. A quell’ora c’è il Tiggì.
A Pechino aprono i Giochi invernali. Draghi convoca Conte. La pandemia rallenta e da oggi c’è anche la nuova pillola salvavita. Poi c’è il Festival che, per dati di ascolto, è un happening nazionale. Mattarella telefona ad Amadeus e lo ringrazia per aver ricordato la sua presenza, insieme con la moglie e il fratello Piersanti, a “Bussoladomani” per l’ultimo concerto di Mina.
Era il 23 agosto del 1978. Eravamo in tanti. Ne parlarono, l’indomani, i giornali di tutto il mondo. Alla fine della performance mi ritrovai, nella saletta privata di un ristorante su mare, al tavolo con Mina, Giorgio Gaber, sua figlia Dalia e mio zio Sergio. Non in veste di giornalista, ma come nipote dell’uomo il quale aveva “inventato” un genere di fare spettacolo in Italia. Prima con la “Bussola” e poi con “Bussoladomani”.
Oggi la “Bussola” è un tempio sconsacrato. “Bussoladomani” uno spazio dove far pascolare i cani e correre i bambini. Sono trascorsi quasi trent’anni dal giorno in cui mio zio Sergio se ne è andato senza mai arrivare all’appuntamento in chiesa per il mio matrimonio. La signora in nero lo attendeva sull’autostrada ad Asti. Gli anziani lo ricordano. I giovani chiedono di raccontare come si fa per i Beatles. La Versilia gli deve molto di una storia memorabile e irripetibile.
Anche il Festival di Sanremo si aggrappa alla coda alla sua cometa perché sa che il primo a inventare quella manifestazione musicale, adesso epocale, fu proprio Sergio, insieme con Aldo Valleroni, alla ”Capannina” in Pineta di Viareggio l’anno in cui finì la guerra. Questa sera sul palco dell’Ariston verranno proposte le ”cover” più belle della musica internazionale. Tutte cantate già in “Bussola” e in “Bussoladomani” dai big che soltanto Sergio sapeva portare. Scusate l’intrusione ma non posso trattenermi e devo dire che sono orgoglioso di chiamarmi Bernardini.