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    Marino per CM: vi racconto Allegri!

    Marino per CM: vi racconto Allegri!

    Oggi non si parla di Massimiliano Allegri soltanto come l’allenatore capace di vincere lo Scudetto al primo colpo in due squadre diverse, ma il tecnico bianconero è riuscito meritatamente a guadagnarsi anche l’etichetta di mister di formato europeo. Al buon Max, infatti, oltre alla capacità di gestire bene la lotta di vertice della Serie A, viene oggi riconosciuta la dote, non comune, di saper plasmare e motivare  sul campo e nello spogliatoio, le sue squadre, in modo tale da affrontare le partite di Champions League a guisa di esami mandati a memoria.

    Due estati fa, però, pochi avrebbero scommesso che Allegri portasse nel suo DNA gli attributi tecnici e carismatici per sostituire, senza farlo rimpiangere, in campionato, un supervincente come Antonio Conte. Nessuno avrebbe, poi, pronosticato che Max sarebbe riuscito persino a fare meglio del suo predecessore, nel fantastico percorso europeo, culminato nella finale con il Barcellona.

    In questo momento, gli elogi che si elevano dal vecchio continente per l’ex “acciuga” livornese sono pressoché unanimi e non c’è chi riesca a mettere in dubbio che, Allegri, con le sue moderne e globalizzate concezioni tattiche, sia un allenatore che, un giorno o l’ altro, riuscirà a prendere l’ex Coppa dei Campioni per le sue proverbiali orecchie. Allegri è un allenatore che riesce, nel complicato compito, di affascinare, con le sue risapute conoscenze tecniche ed intuizioni tattiche, i suoi top player, imponendosi, nello spogliatoio,  con il sorriso sulle labbra ed un leale e costruttivo dialogo.

    Ma, chi era Massimiliano Allegri prima di confermarsi precoce genio della panchina, tanto da passare, in soli sei anni, dalla panchina dell’Aglianese a quella del Milan, prima e della Juventus, poi?

    Nella mia ormai quasi quarantennale esperienza dirigenziale, sono riuscito parecchie volte ad imprimere una svolta repentina nella carriera e nella vita dei miei calciatori, che per mia e loro fortuna, in alcuni casi, sono persino riusciti a diventare Campioni del Mondo o protagonisti affermati della Serie A e della massima competizione europea. A partire dai primi anni ottanta, potrei raccontare tante storie di calciatori, inizialmente considerati dalla critica come mie audaci e personali scommesse, trasformatisi, poi, in autentici fuoriclasse. Ognuno di questi romanzi tascabili, lo custodisco gelosamente nella mente e nel cuore, andando, ogni tanto, a ripassarlo, nel timore di poterne, col tempo, dimenticare qualche dettaglio.

    La storia di Allegri giocatore, però, mi passa sempre negli occhi così nitida da somigliare ad un moderno film a 3D.

    Alla fine di giugno del 1991, fui chiamato dal compianto presidente del Pescara Pietro Scibilia, imprenditore semplice e galantuomo, a rifondare, insieme a Giovanni Galeone, la squadra abruzzese, che navigava in serie B, schiacciata dai debiti delle gestioni precedenti. Per ricostruire la squadra, fummo, quindi, costretti a scommettere su tanti giovani di Serie C, nonostante la irrefrenabile voglia di Serie A degli abituali venticinquemila frequentatori dello Stadio Adriatico.

    In questo progetto, l’ unico giocatore che Galeone mi chiedeva in maniera pressante,  era quella giovane aletta, dalle gambe corte e veloci, vista all’opera in serie C nel Pavia, quel Frederic Massara, oggi stimato dirigente della Roma. I coniugi Achilli, proprietari del Pavia, avevano già promesso Massara a Maurizio Zamparini che, all’ epoca, era presidente del Venezia in serie B. Gli Achilli mi fecero capire, però, che se avessimo pagato per Massara gli stessi soldi del Venezia e, in aggiunta, comprato per quattrocento milioni di Lire, un altro giocatore del loro organico, loro avrebbero raggiunto i parametri per l’iscrizione al campionato e si sarebbero svincolati dall’impegno con Zamparini.

    Piero Achilli mi consegnò una lista di nomi in cui c’ era anche quello dell’allora ventiquattrenne Massimiliano Allegri, che avevo visto all’opera nella Pro Livorno due anni prima, sollecitato dal mio grande maestro, Italo Allodi, che, all’epoca, nonostante la sua gravissima malattia, era  consulente della squadra toscana, in cui militava l’ attuale tecnico bianconero.Tanta era la voglia di prendere Massara, che, pur avendo visto una sola volta Allegri, ricordando il consiglio di Italo e sforzandomi audacemente a paragonarlo all’ inimitabile Antognoni, beffai Zamparini e comprai entrambi i giocatori. Inizialmente la stampa ritenne Massara, il vero colpo di mercato, ma, poi, dopo un paio di anni, la grande plusvalenza si rilevò Allegri, che vendemmo al Cagliari del neopresidente Cellino per sette miliardi di lire.

    Quando Galeone seppe dei due acquisti, esclamò : “Ma come? Ti avevo chiesto di prendermi un giocatore e me ne porti due?“. Tuttavia, dopo pochi giorni di ritiro, il tecnico, napoletano di nascita e friulano d’adozione, mi bisbigliò in un orecchio: “Allegri è la più forte mezz’ala che ho allenato finora in carriera!“. Intanto Allegri, mentre giocava divinamente, trascinandoci alla vittoria di quel Campionato di B, assorbiva da Galeone tutto quanto tatticamente serviva, in una simbiosi perfetta tra maestro ed allievo.

    La storia di Allegri allenatore di oggi passa per le sue, allora già evidenti, doti di giocatore allenatore in campo. L'anno dopo, giocando in A, al fianco di Carlos Dunga, che presi dalla Fiorentina, Max apprendeva, da quel mostro del saper stare in campo, altri preziosi segreti tattici. Intanto, da centrocampista, debuttante in A, segnava, allora, come un Hamsik dei giorni d’oggi. Non dimenticherò mai quando Allegri, in perdenti intervalli di partite, mi chiamava nel magazzino dell’Adriatico e sottovoce, mi spiegava cosa c’era da correggere nell’atteggiamento della squadra.

    “Un giocatore così, è destinato a diventare un buon allenatore!“, presagivo, a quel tempo, a me stesso. Mai avrei pensato, però che la realtà avrebbe superato l’immaginazione.

    Che farà la Juventus se Allegri dovesse subire una possibile attrazione fatale dall’estero? Marotta non ha bisogno di consigli, ma, tra i nomi che circolano, in considerazione dei flop rimediati in Italia dai celebrati Benitez e Luis Enrique, eviterei altre esotiche importazioni di allenatori al primo impatto con il calcio italiano. Subito dopo Conte ed insieme a Simeone e Deschamps, che sono alcuni dei nomi riportati dalla stampa, proverei, però, a sentire anche  quel genio di Luciano Spalletti, peraltro, già interpellato dai vertici bianconeri, un anno e mezzo fa, quando si decise di affidare la panchina ad Allegri. 

    Pierpaolo Marino
    @PierpaolMarino

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