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    Mancini traditore, peggio di Lukaku e Sacchi: ingiustificabile, ma la colpa è di Gravina

    Mancini traditore, peggio di Lukaku e Sacchi: ingiustificabile, ma la colpa è di Gravina

    • Alberto Cerruti
    Peggio di Lukaku e di Sacchi. In attesa che si liberi la strada che dovrebbe portare Spalletti alla guida della Nazionale, non può passare in secondo piano il tradimento di Mancini, capace di battere in un colpo solo l’ex attaccante dell’Inter e l’ex c.t azzurro, che in epoche diverse hanno cambiato improvvisamente idea e squadra proprio come lui. La storia di Lukaku è così fresca che non ha nemmeno bisogno di essere ricordata, mentre quella di Sacchi appartiene all’altro secolo e per questo merita di essere ripassata.

    Eliminato nella fase a gironi all’Europeo del 1996, due anni dopo aver perso il Mondiale ai rigori, il primo c.t. azzurro proveniente da un club lasciò la Nazionale in piena notte, all’inizio di dicembre, per tornare a guidare il Milan, dopo l’improvviso esonero di Terim. Era un momento difficile per la squadra rossonera, ma anche per quella azzurra perché il 12 febbraio 1997 c’era il difficile confronto a Wembley, contro l’Inghilterra, prima tappa per la qualificazione al Mondiale del 1998. Il presidente federale Nizzola fu costretto a promuovere in corsa il c.t. della Under 21, Cesare Maldini, che poi guidò l’Italia al primo successo (1-0) in una gara ufficiale in terra inglese.

    A prescindere da questo importantissimo risultato, Sacchi tradì per amore del suo vecchio Milan, non certo per i soldi. Mancini, invece, non ha scelto di tornare alla sua vecchia e indimenticabile Sampdoria per riportarla in serie A, bensì per altri motivi.

    Se davvero andrà a guidare l’Arabia Saudita, che guarda caso fu la prima squadra affrontata al suo debutto come c.t. azzurro, oppure se aspetterà la chiamata del Psg, sarà tutto chiaro, ma anche se rimanesse fermo più a lungo di Spalletti il suo abbandono della navicella azzurra avrebbe il sapore di un tradimento, ingiustificabile per tanti motivi. Sorvolando sui modi, perché una comunicazione via pec non è certamente il massimo dell’eleganza, il primo e più evidente dei motivi riguarda i tempi, perché avrebbe potuto dare le dimissioni in giugno dopo l’ultima partita contro l’Olanda, oppure nove giorni prima quando Gravina lo promosse supervisore di tutte le nazionali con un nuovo staff tecnico.

    Al di là della tempistica, che comunque conta visto che il 9 settembre ci sarà il primo impegno ufficiale contro la Macedonia del Nord, mentre Sacchi lasciò a due mesi e mezzo dalla gara contro l’Inghilterra, ci sono poi altri motivi ancora più importanti che ci spingono a parlare di tradimento, a cominciare dal fatto che Mancini ha sempre avuto il massimo appoggio da Gravina. Il presidente, infatti, gli aveva rinnovato il contratto fino al 2026 prima ancora di sapere come sarebbe finito l’Europeo poi vinto a Wembley, stabilendo un autentico record nella storia della Nazionale, perché nessun c.t., neppure i campioni del mondo del mondo Bearzot e Lippi hanno mai avuto contratti così lunghi. E soprattutto Gravina ha rinnovato la fiducia a Mancini anche dopo la mancata qualificazione all’ultimo mondiale, invece di dimettersi insieme con lui.

    Questa è stata la più grande colpa del presidente che ha coccolato Mancini concedendogli tutto, dalle convocazioni di 30 giocatori per due partite ravvicinate, fino alle provocazioni verbali, perché tali erano le ripetute promesse di vincere il prossimo Mondiale, prima ancora di qualificarsi per l’Europeo. Invece di ricevere gratitudine, Gravina è stato abbandonato improvvisamente dal c.t. e così nemmeno lui esce bene da questa situazione. Perché Mancini ha tradito prima di tutto il presidente e con lui ha tradito la Nazionale e tutti quelli che, sbagliando, lo avevano sempre difeso.

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