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Mamic rischia la galera: da Modric a Lovren, quanti affari sporchi in Croazia
Mettiamo un po’ d’ordine: si parla di Zdravko Mamic, massimo dirigente della Dinamo Zagabria e uomo di grandissimo potere non solo in Croazia, ma in tutta l’est europeo. I colleghi di Zagabria e dintorni dicono chiaramente che non c’è giocatore croato che si sposti sul mercato se Mamic non dà il suo benestare. Un dirigente che aveva creato una sorta di sultanato dove tutto doveva riportare a lui e ai suoi uomini di fiducia. È andata bene fino a quando la magistratura di Osijek, chiamata a gran voce da tifosi e appassionati di calcio croati – lo vedremo dopo – ha aperto un’inchiesta e ha fatto scattare alcuni arresti.
Quello che è saltato fuori dall’inchiesta nel corso di un anno di indagini e tre mesi di iter processuale è stato quanto di peggio il calcio croato abbia mai visto, forse persino peggio di quello che accadde nel momento più drammatico della vecchia Yugoslavia, quello della polverizzazione dell’intero paese. Mamic pretendeva bustarelle per favorire il movimento di giocatori di alto profilo e l’importo variava a seconda dell’importanza del giocatore.
Per Luka Modric si parla di soldi entrati direttamente nelle tasche di Mamic sia nel corso della sua permanenza al Tottenham che di quella al Real Madrid. La figura di Modric è uscita davvero appesantita dal processo: il giocatore, una delle stelle del prossimo Mondiale, rischia una condanna penale per avere testimoniato il falso davanti ai giudici sostenendo che Mamic non aveva mai intascato denaro. Una brutta storia. Modric potrebbe essere richiamato dal tribunale di Osijek nel corso del Mondiale.
Quello di Modric è solo il caso più clamoroso: si parla di decine di giocatori coinvolti in un’organizzazione che Zdravko Mamic aveva creato ad arte e organizzato in modo quasi militare. Sotto di lui il fratello Zoran, con i due ex dirigenti della Dinamo Milan Pernar e Damir Vrbanovic a far girare il denaro su conti esteri mentre la Dinamo veniva foraggiata da contributi statali, un’altra delle vicende che ha portato all’esplosione della bolla.
Dejan Lovren, anche lui piuttosto abbottonato davanti ai giudici che potrebbero accusarlo di intralcio alla giustizia, avrebbe garantito a Mamic oltre dieci milioni di euro… più di quanto era finito nelle casse della Dinamo dal cui vivaio Lovren esplose nel 2004.
Il processo è finito con tutti gli imputati condannati. Tre anni per Vrbanovic, quattro anni e due mesi per Pernar, quattro anni e undici mesi per Zoran Mamic. Il sultano, Zdravko Mamic, è stato condannato a sei anni e sei mesi che in Croazia significa certezza del carcere: falso, corruzione, malversazione, riciclaggio. I reati fiscali arriveranno più tardi, l’indagine sui flussi di denaro è ancora in corso.
Mamic, che ha lasciato la Dinamo ormai da qualche tempo e che dice di non volersi più occupare di calcio, resta a Medjugorje, almeno per ora. Se avesse un piede dall’altra parte del confine sarebbe già stato blindato e accompagnato in carcere. Non ha presenziato alla lettura della sentenza del processo ufficializzata la quale la stragrande maggioranza dei tifosi croati – non solo quelli della Dinamo che da molto tempo boicottavano la gestione del sultano contestandolo in qualsiasi modo – ha festeggiato.
In realtà è una festa che nasce da una rivoluzione che come tutte le rivoluzioni rischia di lasciare diverse macerie. I documenti sugli affari di Mamic continueranno a manifestarsi per diversi anni e per il calcio croato sarà difficilissimo riorganizzarsi. La federazione aprirà un periodo di controllo, forse di commissariamento per la gestione del calcio che in Croazia non è solo uno sport, ma una vera e propria forma di sopravvivenza e rivendicazione sociale.
A Mamic, arrestato nel 2015 quando la prima tranche dell’indagine ebbe inizio, ferito da un colpo di pistola in un agguato, costretto a girare con cinque uomini di scorta nell’ultimo anno, la Croazia chiede di presentarsi al confine e saldare il suo debito. Dal suo ritiro spirituale di Medjugorje il boss del calcio croato fa sapere di non essere nascosto e di non volere scappare. Dai social network croati rimbalza un hashtag eloquente… “veniamo a prenderti noi”.