
Lucio: 'Che errore andare alla Juve! Tutta colpa di Branca... Conte? Nessun rancore, è l'uomo giusto per l'Inter'
SUL DERBY - “È una partita speciale tra due grandi squadre con grandi tifoserie: i miei derby li ricordo bene, ne ho giocati 5 e vinti 4. Forse portavo fortuna... L’atmosfera del Meazza è bellissima, i tifosi si comportano bene, c’è grande rispetto tra la gente. Per me Inter-Milan è il “clasico” più importante del mondo”-
IL 4-0 - “Fu una partita pazzesca: Sneijder era appena arrivato e fece la differenza, Maicon e Thiago Motta segnarono e giocarono molto bene. Non era un risultato qualunque per un derby ma avevamo dimostrato di essere molto più forti. Avevamo più qualità e fu una partita chiave della stagione”.
SULLA JUVE - “Fu un errore. Nel 2012 era cambiato tutto, c’era un allenatore, Stramaccioni, che mi diceva di restare ma non era ciò che voleva. Infatti ogni 10 minuti mi chiamava Branca e mi diceva di trovarmi una squadra. Non era facile dopo tutto quello che avevo fatto all’Inter. Non arrivavano contratti forti, all’ultimo giorno non avevo altre opzioni: il mio manager mi disse di andare alla Juve. Ma è stata una decisione sbagliata”.
SU CONTE - “Di Conte dico che è un buon allenatore, quello che è successo ci poteva stare. Bonucci rischiava una lunga squalifica e Conte mi disse che avrei giocato io, poi non è successo e non ho trovato spazio. Sono stato poco alla Juve, non ho provato per i bianconeri quell’affetto che ho sentito sempre nei confronti dell’Inter”.
SUL CONTE INTERISTA - “Non ho rancore nei confronti del mister. Lo reputo un tecnico davvero preparato, che si dedica molto alla squadra e le trasmette tanto: può essere l’allenatore giusto per riportare l’Inter in alto”.
SU IBRAHIMOVIC - “È un attaccante molto forte e molti dicono che è arrogante, però non lo conosco abbastanza per confermare questo giudizio. All’Inter ci siamo allenati insieme una settimana: io arrivavo, lui andava a Barcellona. Marcarlo è difficile: i corpo a corpo con lui sono difficili perché è grande e forte. Quando lo affrontavo la prima cosa a cui pensavo era il pallone non il corpo”.
SU PAQUETA’ - “In Italia lo seguo poco, lo ammetto. Me lo ricordo al Flamengo: ha tecnica e visione di gioco, però qui in Brasile c’è un altro modo di giocare, più lento, più tecnico. In Europa è diverso e giocatori così quando arrivano soffrono se non sono preparati”.