
Lothar Matthäus: dal Bayern Monaco all’Inter dei record e ritorno, leggenda bavarese al top in nerazzurro
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DAL BAYERN ALL’INTER NELL’ESTATE DEL 1988
Nato in Baviera, ad Erlangen, il 21 marzo 1961, Lothar cresce a Herzogenaurach, nel Distretto della Media-Franconia. I genitori gli impartiscono un’educazione ferrea, senza vizi. Matthäus studia, lavora come arredatore di interni e gioca a calcio nell’FC Herzogenaurach. Fa un’alimentazione sana e la sera va a letto presto, alle 10.
A 18 anni passa in Prima squadra al Borussia M’Gladbach, e con i Puledri brucia le tappe e sale alla ribalta nazionale e internazionale con le sue performance. In 5 stagioni colleziona 200 presenze e 51 gol, guadagnandosi la chiamata della Nazionale maggiore della Repubblica Federale tedesca. La Juventus di Trapattoni è disposta a ricoprirlo d’oro per venire a giocare in Italia, ma Lothar dice no.
“Quando avevo 20 anni sarei potuto andare alla Juventus, avrei potuto guadagnare 20 volte di più di quanto guadagnavo all’epoca in Germania – dirà a “Kicker” – e far parte di una grande squadra. Qualsiasi giovane avrebbe accettato la proposta, ma per me i soldi non sono mai stati decisivi. Non mi sentivo abbastanza maturo per giocare in Serie A”.
L’Italia può attendere, e Lothar ci arriverà solo qualche anno dopo. Per lui arriva invece la prima esperienza al Bayern Monaco, che si concretizza nell’estate del 1984. Matthäus si trasferisce per circa 2 milioni e mezzo di marchi tedeschi, circa 2 miliardi e mezzo di Lire. In Baviera completa la sua maturazione tecnica e tattica, trasformandosi da mediano di contenimento a tuttocampista, in grado di agire con pari efficacia nelle due fasi di gioco. Inizia a proporsi con maggiore efficacia anche in zona offensiva, dove fa valere spesso le sue eccezionali doti balistiche.
Nei primi tre anni al Bayern con il numero 8 sulle spalle vince 3 titoli tedeschi, una Coppa di Germania e una Supercoppa tedesca. Su di lui torna forte l’interesse di Giovanni Trapattoni, nel frattempo passato all’Inter nel 1986. Ci prova persino il Napoli di Maradona, che lui aveva marcato così bene nella finale dei Mondiali 1986 a Città del Messico. Il Bayern però non ne vuole sapere di privarsene.
Durante la stagione 1987/88, però, il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini affonda il colpo e acquista il cartellino del forte centrocampista, in previsione dell’estensione da 2 a 3 degli stranieri tesserabili per ogni club italiano. L’idea è quella di vendere Passarella, tenere Scifo e tesserare Matthäus e un altro straniero, inizialmente individuato in Madjer, colui che deciderà con un colpo di tacco la finale di Coppa dei Campioni di quella stagione in favore del Porto a spese proprio del Bayern.“Fu Rummenigge a consigliarmelo con grande entusiasmo”, spiegherà Pellegrini a Calciomercato.com.
La fumata bianca per Matthäus arriva, dopo un lungo corteggiamento, il 21 aprile 1988, con il Bayern ancora a caccia di una vittoria in Coppa dei Campioni che sfumerà in finale contro il Porto. Il club milanese versa 5 miliardi e 600 milioni di vecchie Lire (fonte Panini) per assicurarselo, mentre al giocatore va un ingaggio da 850 milioni l’anno.
"Rispetto Platini, adoro Maradona ma per vincere ho bisogno di Matthäus", dichiara subito Giovanni Trapattoni. Che poi ribadirà il concetto allo stesso giocatore.
"Trapattoni mi ha sostenuto fin dall'inizio, - confermerà Lothar - sapeva che aveva bisogno di me per vincere. Mi ha dato subito il numero 10, anche se io non lo volevo. Non mi vedevo come un numero 10. Quando mi chiesero che numero volevo, dissi che al Bayern avevo l'8, ma l'avevano già preso. Pensai allora che me ne avrebbero dato un altro. 'Prenderai il numero 10', insistette lui. 'Non lo voglio', ho ribattuto. Ma lui allora ha detto: 'So che non sei Platini, ma io per vincere ho bisogno di te' ".
Su consiglio di Matthäus, l’Inter preleverà dal Bayern Monaco anche un altro giocatore: Andreas Brehme, il terzino sinistro che assieme a lui cambierà il volto dell’Inter di Trapattoni e trascinerà la squadra nerazzurra ad un triennio di grandi successi. Madjer invece non sarà preso: il suo acquisto salta a sorpresa dopo le visite mediche. A Milano, a completare il trio degli stranieri, approderà così Ramon Diaz.
MATTHAUS AL TOP CON L’INTER
Gli arrivi dei tre stranieri danno a Trapattoni una rosa importante in grado di contrastare il Milan di Sacchi, vincitore dello Scudetto 1987/88 e il Napoli di Maradona.
A Lothar il tecnico di Cusano Milanino affida la maglia numero 10 e il ruolo di mezzala offensiva.
“Quando mi chiesero che numero volevo – racconterà Matthäus -, dissi che al Bayern avevo l'8, ma l'avevano già preso. Pensai allora che me ne avrebbero dato un altro. 'Prenderai il numero 10', insistette Trapattoni. 'Non lo voglio', ho ribattuto. Ma lui allora ha detto: 'So che non sei Platini, ma io per vincere ho bisogno di te' ".
In una stagione che vede il campionato cominciare a ottobre per via delle Olimpiadi di Seul, Trapattoni può usare la Coppa Italia per fare esperimenti. Il tecnico inizialmente pensa a Giuseppe Baresi, diventato capitano dopo la cessione di Altobelli, come terzino sinistro, con Brehme in mediana, Matthäus mezzala sinistra e Matteoli rincalzo di Lothar. Quando quest'ultimo però raggiunge la miglior forma, però, ha una grande intuizione: fuori Baresi, Brehme a sinistra libero di spingere, crossare per le punte e in particolare per la torre Serena, e di concludere a rete, e Matteoli regista basso.
La mossa, che rappresenterà la svolta tattica e tecnica dell’Inter, arriva nella 2ª giornata di campionato il 16 ottobre 1988. I nerazzurri sono sotto 1-0 in casa contro il Pisa di Bolchi, e dopo l'intervallo Trapattoni rompe gli indugi e manda in campo proprio il centrocampista sardo al posto di Baresi, spostando Brehme nel suo ruolo congeniale di laterale mancino.
La gara finisce 4-1 in rimonta per la squadra di Trapattoni. Al poker partecipano anche i due tedeschi, con Matthäus che nel giorno dell’esordio e dopo i 3 gol firmati nei gironi di Coppa Italia trova anche il primo sigillo nel massimo campionato italiano, la rete del 4-1 che chiude i giochi.
Da quella partita nasce “l’Inter dei record”, che frantuma ogni primato nei campionati a 18 squadre e a fine stagione vince meritatamente uno storico Scudetto, il 13° nella storia del club milanese. Matthäus è il leader e il trascinatore della squadra: segna 9 gol e fornisce un assist in 32 presenze di Serie A. Complessivamente considerando la Coppa Italia e la Coppa Uefa le marcature del tedesco sono 12 in 44 partite. Proprio un suo gol iconico su calcio di punizione nella sfida Scudetto contro il Napoli di Maradona consegna matematicamente il titolo ai nerazzurri.
La stagione 1989/90 porta a Milano anche un altro tedesco, l’attaccante Jürgen Klinsmann. Con i suoi due connazionali Brehme e Klinsmann, Matthäus vive un altro anno da protagonista, anche se inizia ad accusare qualche problema fisico.
Il numero 10 tedesco colleziona 25 presenze, 11 gol e 8 assist in Serie A, in tutto le reti sono 13 in 30 apparizioni. I risultati della squadra di Trapattoni sono però meno soddisfacenti. Per i milanesi c’è un 3° posto in Serie A dietro Napoli e Milan e la conquista della solo Supercoppa italiana (gara che non vede Lothar in campo). La delusione maggiore è in Coppa dei Campioni: l’Inter esce al 1° Turno contro gli svedesi del Malmö.
Ma i Mondiali di Italia ’90 lo vedono alzare al cielo la Coppa del Mondo con la Germania occidentale dopo un torneo vissuto da protagonista assoluto. La stagione 1990/91 è così sul piano personale la migliore del quadriennio nerazzurro: per Matthäus sono ben 16 le reti con 2 assist in 31 presenze in Serie A (record personale). Per l’Inter sfuma però il 2° Scudetto: decisivo un rigore sbagliato, o per meglio dire paratogli da Pagliuca, nello scontro diretto contro la Sampdoria.
L’Inter vince la Coppa Uefa (12 partite, 6 gol e 2 assist), battendo nella doppia finale tutta italiana la Roma. Con la Coppa Italia (3 presenze e un gol) il suo bottino personale sale a 23 gol e 4 assist in 46 presenze stagionali.
L’ADDIO ALL’INTER E IL RITORNO AL BAYERN MONACO
A fine stagione Giovanni Trapattoni lascia la panchina dell’Inter e al suo posto arriva Corrado Orrico. Le cose non vanno più bene come negli anni precedenti per il campione tedesco, che viene nuovamente arretrato sulla mediana e durante tutta stagione deve fare i conti con diversi problemi fisici.
I risultati della squadra sono deludenti e nel gennaio 1992 al posto del dimissionario Orrico approda in panchina Luís Suarez, con il compito di traghettare la squadra alla stagione successiva. L’Inter non riuscirà a qualificarsi per le coppe europee e per Matthäus per giunta la stagione si concluderà nel modo peggiore: il 12 aprile 1992, nella gara di campionato contro il Parma, il tedesco si rompe il legamento crociato anteriore del ginocchio destro: per lui stagione finita in anticipo con soli 5 gol (4 in campionato) in 34 gare totali.
Con l’Inter fuori dalle Coppe europee e i problemi personali legati al divorzio dalla prima moglie, Matthäus riflette a lungo e alla fine decide di salutare l’Inter e l’Italia. Dopo 53 gol in 154 presenze totali in nerazzurro, Lothar fa ritorno al Bayern Monaco nell’estate del 1992, con i bavaresi che pagano il suo cartellino circa 3 miliardi di Lire.
Ristabilitosi dal punto di vista fisico, vince in volata la Bundesliga 1993/94. La seconda esperienza in Baviera durerà complessivamente ben 7 anni e mezzo, fra trionfi e infortuni, di cui uno particolarmente grave, la lacerazione del tendine d’Achille il 25 gennaio 1995, che non riesce tuttavia a fermarlo.
"Ho sempre detto che avrei voluto decidere io quando concludere la mia carriera. – dirà a riguardo - La cosa peggiore sarebbe stata dovermi fermare a causa di un infortunio. Ne ho avuti un paio seri, ma sono stato fortunato, perché ho avuto accanto uno staff medico che mi ha aiutato a superarli".
In tutto Lothar vincerà altri 3 campionati tedeschi, 2 Coppe di Germania, 3 Coppe di Lega e la 2ª Coppa Uefa della carriera, il primo titolo continentale con il Bayern, nel 1995/96. Fra i suoi allenatori in due periodi diversi ci sarà nuovamente anche Giovanni Trapattoni, con cui condivide la conquista di Scudetto, Coppa di Lega e Coppa di Germania nel biennio 1996-1998.
Con l’avanzare dell’età il capitano del Bayern arretra il proprio raggio d’azione, tanto da agire da libero in difesa, rivelandosi straordinariamente efficace anche nel suo nuovo ruolo. L’unico rammarico sarà la mancata vittoria in Champions League. Dopo essere uscito in semifinale con l’Ajax nel 1994/95, il Bayern Monaco di Matthäus, guidato da Ottmar Hitzfeld raggiunge la finalissima nella stagione 1998/1999.
Al Camp Nou di Barcellona i tedeschi passano in vantaggio al 6’ con una rete su punizione di Basler, che sorprende Kahn e finché Matthäus è in campo sono Campioni d’Europa. Ma il numero 10 deve alzare bandiera bianca all’80’, lasciando spazio a Fink.
Gli inglesi vanno al forcing finale e contro un Bayern privo del suo capitano sono premiati: due angoli tesi di Beckham, e due gol, uno di Sheringham, uno di Solskjær, in pieno recupero, portano al trionfo il Manchester United e condannano al dramma sportivo Matthäus e compagni.
A metà della stagione successiva, Lothar, che nel frattempo ha stabilito diversi record in Nazionale, lascerà il Bayern Monaco, la squadra che è stata per lui come una seconda pelle, con un bilancio personale di 100 gol in 410 partite ufficiali, per spendere le ultime energie di una fantastica carriera negli Stati Uniti, in MLS, con i MetroStars di New York, riuscendo anche a vincere la Eastern Conference.
Intrapresa senza troppa fortuna la carriera da allenatore, quasi 18 anni dopo il ritiro ufficiale tornerà addirittura in campo a 57 anni giocando 50 minuti da capitano dell’FC Herzogenaurach, la squadra dove tutto era iniziato, già laureatasi campione di Settima divisione tedesca, chiudendo simbolicamente il cerchio. Ma il suo cuore calcistico sarà sempre diviso fra i due club che più di tutti lo hanno visto protagonista e ne hanno esaltato le gesta: Bayern Monaco e Inter. I nerazzurri lo hanno anche inserito nel 2018 nella propria Hall of Fame.