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  • L'ex 'nuovo Totti' Petrucci a CM: "Il calcio in Israele e quella notte nel bunker"

    L'ex 'nuovo Totti' Petrucci a CM: "Il calcio in Israele e quella notte nel bunker"

    • Francesco Guerrieri

    “United grab new Totti”. Il Manchester United prende il nuovo Totti. Così titolava in prima pagina il Daily Mail il 13 giugno 2008, quando Davide Petrucci inizia un’avventura che non aveva neanche mai immaginato: "Quando un ragazzo fa bene nelle giovanili magari si parla di lui, ma finire sulle prime pagine dei giornali principali in Italia e in Inghilterra è stata una sensazione incredibile" ci racconta oggi il centrocampista, protagonista in Serie C nel Messina. E c'è qualcuno che quella prima pagina se l'è conservata: "Mio nonno ha tutti gli articoli su di me da quando ho iniziato, sicuramente avrà anche quello. Quando lo vado a trovare ci facciamo una partita a biliardo e sfogliamo quei ricordi". Lui sognava di crescere e giocare nella Roma; i Red Devils?! E chi se l’aspettava… 


    Ti sentivi davvero il "nuovo Totti"?
    "Erano anni in cui facevo tanti gol e assist, ecco perché mi hanno dato quell'etichetta. Ma sono errori che si fanno spesso con i giovani, io penso che ognuno ha il suo percorso e di Totti ce n'è uno solo".

    Negli Allievi della Roma hai avuto Andrea Stramaccioni come allenatore. 
    "Mi ha fatto fare il salto di qualità, con lui ho sentito di aver raggiunto il mio punto più alto possibile, e questo mi ha permesso di attirare l'attenzione del Manchester United". 

    A quei tempi eri il classe ‘91 più forte d’Italia.
    "Io ero consapevole della mia forza, ho sempre lavorato duramente vivendomi quel momento con tranquillità".

    Poi arriva il Manchester United: ci racconti il primo pensiero quando hai saputo del loro interesse? 
    "Volevo rimanere alla Roma, il sogno di una vita. Per me c'erano solo i giallorossi".

    E poi?
    "Confrontandomi con i giocatori delle nazionali Under avevo saputo che avevano tutti dei contratti, noi della Roma no. Così mio padre chiese alla dirigenza se ci fosse questa possibilità spiegando che avevamo anche altre offerte; ma se avessimo firmato saremmo rimasti lì. Loro pensavano stesse bluffando e che non ci fossero proposte, così ci dissero che la filosofia del club era quella di non fare contratti ai giovani".

    Invece il Manchester United c'era davvero.
    "Ero e sono molto amico di Macheda, quando giocavamo insieme in Nazionale c'erano osservatori dello United che venivano a vederlo e gli dissero che erano interessati anche a me. Visto il comportamento della Roma, ho fatto le mie valutazioni e ho accettato il Manchester. Erano gli anni d'oro di una delle squadre migliori d'Europa".

    Tornando indietro rifaresti quella scelta? 
    "Certo, altre mille volte. Lì sono cresciuto molto sotto l'aspetto umano, ho imparato la lingua, conosciuto tantissime persone e mi sono confrontato con nuove culture".

    Ci racconti una curiosità del tuo periodo con i Red Devils?
    "Un giorno facciamo il test dell'urina per capire il grado d'idratazione di ognuno. Quando finisco il mio turno sento delle urla in corridoio, mi dicono che il capitano Gary Neville mi stava cercando. E già mi sembrava strano che stesse cercando me... Era arrabbiato perché dai risultati del test era emerso che non bevevo abbastanza”.

    E ti trovò?
    ”Eh si. Mi fece una cazziata che ancora ricordo".

    In quel Manchester c'era anche Cristiano Ronaldo.
    "Mamma mia, Cristiano è competitivo su ogni cosa. Insaziabile. Voleva vincere anche le partite di ping pong".

    Che rapporto avevi con Ferguson?
    "Considerava tutti allo stesso modo, io ero trattato come i top player. Non mi vedeva come un ‘bambino’ come succede spesso in Italia con i giovani".

    In quel Manchester, oltre a Macheda, c'era anche Gollini con il quale sei molto amico ancora oggi. 
    "Arrivò qualche anno dopo di me, lui era un sedicenne e io il capitano della squadra giovanile: l'ho aiutato a inserirsi in gruppo. Oggi siamo molto legati, lui è stato il padrino di mio figlio e quando riusciamo andiamo in vacanza insieme".

    Come ti sei lasciato con lo United?
    "Benissimo, li ringrazierò a vita e mi sento legatissimo a loro. Nonostante il mio lungo infortunio il club mi ha rinnovato il contratto per tre stagioni dandomi fiducia. A distanza di 10 anni sono tornato a Manchester e lì mi hanno accolto come se fossi una leggenda: hanno voluto organizzare un'intervista nella tv ufficiale facendomi aprire anche la partita contro il Tottenham".

    Poi hai iniziato a girare: Belgio, Romania, Turchia e Israele.
    "In ogni Paese ho avuto esperienze positive. Subito dopo il Manchester sono andato al Cluj, dove mi sono sentito importante in una stagione in cui abbiamo vinto molto".

    Dove sei stato meglio?
    "In Turchia mi sono divertito molto a giocare perché il livello era alto: c'erano van Persie, Eto'o, De Jong, Quaresma... E in ogni stadio l'atmosfera era pazzesca".

    Il Paese in cui hai avuto più difficoltà? 
    "In Israele, il problema era fuori dal campo. Rispetto a quello che dicono le tv la guerra non è in tutto il Paese, ma lì ci sono spesso conflitti religiosi. Mi è capitato di trovarmi durante un attacco palestinese".

    Ci racconti cosa succede in quei momenti?
    "Era una sera in cui io ero molto vicino alla striscia di Gaza, sono partiti mille missili verso l'Israele e altri 2000 diretti in Palestina: lì funziona così, per ogni missile che arriva ce ne sono il doppio che partono. In queste situazioni dobbiamo chiuderci in un bunker e aspettare che finisca. Vi racconto un aneddoto di quella sera".

    Dicci.
    "Sarei dovuto andare a dormire a casa per poi spostarmi di notte nel bunker, ma siccome non avevo voglia di svegliarmi in piena notte ho trasferito direttamente il letto nel bunker e sono andato a dormire lì. Alla mia famiglia in Italia non avevo detto nulla dei bombardamenti, non volevo spaventare mia moglie che era incinta. La mattina dopo hanno sentito la notizia si sono preoccupati. Ancora di più perché mi chiamavano ma io non rispondevo al telefono. Volete sapere perché?".

    Certo.
    "Nel bunker non prendeva il cellulare. Io ho dormito fino a mezzogiorno senza sentire rumori, quando sono uscito mi sono arrivati i messaggi e le chiamate di familiari preoccupatissimi".

    L'INTERVISTA COMPLETA 


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