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  • L'ex medico della Nazionale Castellacci a CM: "I tanti infortuni? Troppe partite e poco turnover, ma c'è una soluzione"

    L'ex medico della Nazionale Castellacci a CM: "I tanti infortuni? Troppe partite e poco turnover, ma c'è una soluzione"

    • Francesco Guerrieri
    Tanti, troppi infortuni. Come ogni anno. Dopo le pause per le nazionali storicamente i giocatori che tornano nei club sono spesso indisponibili. I ko aumentano sempre di più di stagione in stagione, le partite si moltiplicano e a pagare è - quasi - sempre la salute dei calciatori: "Per essere tutelati dal proprio allenatore serve fare più turnover e non puntare sempre sugli stessi giocatori" ci racconta l'ex medico della Nazionale Enrico Castellacci, oggi Direttore del dipartimento di Medicina dello Sport, fisioterapia e medicina rigenerativa al San Rossore Sport Village e responsabile del reparto di ortopedia e traumatologia della Casa di Cura San Rossore di Pisa

    Da cosa dipendono tutti questi infortuni secondo lei?
    "Bisogna innanzitutto considerare che oggi il calcio va a una velocità superiore al 50% rispetto a una volta; inoltre c'è il discorso che un top player medio arriva a fare 75/80 partite in un anno, e questo chiaramente aumenta il rischio di infortunio. Dal punto di vista medico è moralmente indecente: giocando tante partite si è portati ad allenarsi meno, ogni due giorni si scende in campo e quindi si riducono anche i tempi di recupero".

    Recentemente voi medici avete mandato un chiaro messaggio alle istituzioni.
    "Come categoria abbiamo protestato per le troppe partite, e l'abbiamo fatto insieme all'Associazione Italiana Calciatori diffidando Uefa e Fifa. Il fatto che questo argomento stia iniziando a sensibilizzare anche i giocatori aiuterà a frenare questo andamento che ogni anno vede sempre più gare: ci sono nuovi tornei, le nazionali scendono in campo più spesso...".

    Quanto influisce il fattore psicologico sull'infortunio di un giocatore?
    "L'aspetto mentale interviene al momento di affrontare l'infortunio: ognuno, psicologicamente, lo fa in modo diverso. Ma se un giocatore va spesso ko deve essere forte dal punto di vista psicologico, altrimenti scatterà la paura di farsi male continuamente. Pensando anche di mettere a rischio la carriera".

    Ci sono diversi esempi di giocatori che si fanno male spesso: Dybala, Milik...
    "Sì, questo scenario l'abbiamo visto con più calciatori. Vi faccio l'esempio di Pato: in Italia subiva molti infortuni, in Cina non ne aveva più. E uno dei motivi era sicuramente psicologico, perché era libero anche mentalmente".

    E' solo una sensazione che un giocatore che torna dopo un grave infortunio non è più lo stesso di prima?
    "No, la maggior parte delle volte è così. A volte si rientra in campo avvicinandosi al livello precedente, altre volte si è lontani. Molti sottovalutano la lesione del crociato e l'intervento del crociato: è un trapianto, e come tale va rispettato; sapendo che non si ha più un ginocchio con strutture proprie ma trapiantate. E spesso non si torna al 100%".

    Quanto peso ha sugli infortuni il modo di giocare di oggi che si basa molto sulla velocità?
    "La filosofia è cambiata, oggi si arriva a fare preparazioni personalizzate per singoli giocatori e questa tendenza andrà ad aumentare sempre di più in futuro. Ogni atleta ha caratteristiche fisiche proprie, diverse dagli altri, e anche i recuperi devono essere ad personam".

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