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Leggenda Carosio, dalla radiocronaca che 'creò' il calcio a Topolino e i film con Lando Buzzanca
CINQUE A CINQUE - Non è stato solo un radiocronista, no. Nicolò Carosio ha dipinto con la sue parole il calcio per un periodo molto lungo, circa quarant'anni è durata la sua carriera, attraverso ben oltre tremila fra radiocronache e telecronache. Nato a Palermo da madre inglese – cantante – e padre italiano, ispettore di dogana, Carosio si laurea in legge ma non pare proprio intenzionato ad esercitare la professione. Altro lo affascina. Lo sport in generale, il calcio in particolare. È durante un lungo viaggio tra Inghilterra e Austria che Carosio mette a fuoco ciò che vuole fare da grande. Ad Higbury Carosio assiste ad alcuni allenamenti dell'Arsenal e nota che Chapman spesso si posiziona sugli spalti e a voce descrive ciò che vede fare dai suoi giocatori. A Vienna resta rapito dalle fluenti e dettagliate radiocronache di Willy Smieger, così nel 1932 Carosio partecipa ad un concorso indetto dall'Ente Italiano audizioni Radiofoniche (E.I.A.R.). Durante l'audizione, che si tiene a Torino, Carosio decide di inventarsi la cronaca di un immaginario derby tra Torino e Juventus: tra pali, traverse, azioni mozzafiato, dopo un quarto d'ora di parole a raffica il punteggio è già sul 5 a 5 quando i dirigenti lo fermano e gli offrono un contratto di collaborazione. Vero che già nel maggio del 1928 Giuseppe Sabelli Fioretti ed Enrico Sergentini avevano fatto la radiocronaca di Italia-Ungheria, ma ancora all'epoca la radio era un lusso per pochissimi. La prima radiocronaca ufficiale di una partita di calcio in Italia è di Carosio, il 1° gennaio 1933, Italia-Germania. Da quel momento la radio e la voce di Carosio accompagneranno gli appassionati di calcio sempre più spesso, cementando quel connubio tra evento e sua narrazione del quale Carosio è stato maestro.
QUASI RETE - Come accennato, la radio ha avuto un'importanza fondamentale nello sviluppo non solo mediatico della passione italiana per il calcio, così come il calcio ha fatto da traino all'affermazione delle radiocronache e delle produzioni radiofoniche dell'EIAR se è vero che proprio in occasione del prestigioso incontro tra Italia e Inghilterra a Londra del novembre 1934 l'EIAR utilizza quell'evento per pubblicizzare su La Stampa l'abbonamento ai suoi servizi. La partita in questione è quella dei “Leoni di Higbury”, enfatizzata propagandisticamente dai media a favore del regime anche grazie alla voce di Carosio che racconta quei 90 minuti in un'esplosione di enfasi. Bene Antonio Papa e Guido Panico mettono in risalto un aspetto di quell'evento: “(...) il match fu assai inferiore alla memoria che se ne è conservata. A trasformarla in apoteosi fu Nicolò Carosio”. Carosio entra nelle case degli italiani non solo “cantando” le gesta della Nazionale ma anche ogni domenica nella radiocronaca del secondo tempo di una partita del campionato di serie A. Come spesso si è avuto modo di dire, negli anni'30 quella di Carosio diventa la seconda voce più popolare d'Italia, dopo – ovviamente – quella del duce. Carosio con la sua voce, con la sua fantasia e la sua impetuosa cadenza dipinge l'incontro di calcio come un evento mai banale. È un modo di fare radiocronaca tutto suo, molto personale, dove cronaca e commento arrivano a fondersi a tal punto da diventare un tutt'uno. Nel suo martellante incedere inventa modi di dire che diventeranno celebri e dalle sua labbra un innocente tiro in porta diventa magicamente un “quasi rete” capace di far vibrare l'ascoltatore. Soltanto con l'avvento delle radioline a transistor e poi ancora meglio con la televisione ci si accorgerà di quanto il racconto di Carosio spesso si discosti dal reale andamento della partita, ma nessuno gliene farà una colpa. Nella sua lunga carriera racconta agli italiani i due trionfi mondiali, la conquista dell'oro olimpico e tutti i mondiali sino al 1970.
IL “CASO” ITALIA-ISRAELE - Già con l'Europeo del 1968 Carosio aveva “diviso” il microfono con l'astro nascente Nando Martellini, ma il suo brusco addio alla Nazionale avviene due anni dopo, al mondiale messicano. L'episodio è arcinoto. Durante l'incontro tra la nostra Nazionale e Israele Carosio si riferisce un paio di volte al guardalinee dell'Etiopia chiamandolo “l'etiope” e ciò basta perchè ne nasca un caso diplomatico e che la RAI allontani Carosio. Successivamente, come a volte accade, tutto viene ingigantito e si perdono i contorni di ciò che è reale da ciò che è menzogna e per anni, decenni, si è erroneamente creduto che Carosio avesse insultato il guardalinee usando l'espressione “quel negraccio”. Solo recentemente, grazie al lavoro di Massimo De Luca e Pino Frisoli si è potuta riaffermare la verità storica di quanto accaduto.
DIMENTICATO - Purtroppo però ormai il danno è fatto. Carosio da quel giorno non commenta più la Nazionale e viene pensionato dalla RAI nel 1971, dopo l'ultima telecronaca dell'incontro tra le rappresentative di Lega del Belgio e dell'Italia. Negli anni '70 Carosio partecipa come attore nel film di D'Amico “L'Arbitro” con Lando Buzzanca e Joan Collins, nel quale interpreta se stesso e per alcuni anni collabora con il settimanale Topolino per il quale cura due rubriche “Vi parla Nicolò Carosio” e “I grandi amici di Topolino” dove intervista e racconta personaggi del mondo dello sport, dell'arte e dello spettacolo. Con la sua voce Carosio non ha solo raccontato il calcio, ma anche importanti momenti nella storia italiana, come in occasione della cerimonia per la liberazione di Milano. Eppure il calcio, proprio quel mondo che più di ogni altro aveva contribuito a far diventare popolare, dimentica molto in fretta Carosio, tanto che non gli dedica neppure un minuto di raccoglimento in occasione della morte. Carosio muore agli inizi di autunno del 1984 alla clinica “Città di Milano” dove era ricoverato da tempo.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)