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Laziomania: vincere non è l'unica cosa che conta
La Lazio è ancora convalescente, diciamolo senza paura, Inzaghi pure: francamente lo ammette, Badelj doveva entrare prima, mi riesce difficile immagine un match più abbordabile per far trovare tanti minuti a Correa, invece si è scaldato, scaldato, scaldato, bruciacchiato i muscoli a furia di scaldarsi, ma niente. Ritenta, magari la prossima, però è un peccato.
Chi si aspettava di vedere un bel gioco illuministico, fulgido esempio di bellezza Inzaghiana, rimane deluso: qualche lampo di Milinkovic, il gol di rabbia di Luis Alberto, un'esultanza pesante. Rabbiosa, mi voglio ripetere: nessuno mi leverà mai dalla testa che qualche scoria c'era, eccome, nell'aria. Della scorsa stagione, di queste due partite: il Frosinone non può guarire da tutti i mali, però è come un po' prendersi una bella aspirina. Fa sentire meglio.
Serviva vincere, d'accordo, ma si può vincere in tanti modi. Non era il solito tango biancoceleste, battente, elegante, quello visto in campo: la Lazio ha concesso quasi niente, ma non ha superato gli argini, non è stata straripante. Un po' stretto ci sta, in questo risultatino: gli sta attillato, ma alla fine rimane addosso, più che l'insoddisfazione di non aver fatto più gol, rimane addosso, ripeto, il brivido sottile di quegli angoli nel finale, quei palloni in area, quel tocco di Lulic in area.
Tutte cose che sarebbe stato meglio vivere senza patemi. La Lazio è ancora convalescente, ma la medicina reale sta nei 3 soliti noti: Milinkovic oggi ha lampeggiato per bene, Luis Alberto poco ma decisivo, Immobile inceppato. Sulla loro intesa si giocherà il futuro della Lazio. Su loro, e sul gioco espresso dalla squadra, quello che veramente il tifoso della Lazio vuole rivedere, quello di cui vuole essere fiero. Ok, mi avere convinto, vittoria fondamentale: però ridatemi quel bel gioco là, per favore. Vincere non è l'unica cosa che conta.