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    Laziomania: Vecchio Testamento, ansie e Correa (c'è il derby)

    Laziomania: Vecchio Testamento, ansie e Correa (c'è il derby)

    • Luca Capriotti
    Testa all'Udinese (c'è il derby). Concentriamoci sulla gara di Udine (c'è il derby). Giocherà Luis Alberto (c'è il derby). Mi immagino sia stata questa la dialettica interiore di mister Inzaghi. Un connubio inestricabile di necessità immediate e pressanti pensieri per il prossimo futuro. E il prossimo futuro si chiama derby. 

    Ma mi ha incuriosito e a tratti incupito e a tratti meravigliato la Lazio sperimentale che ha messo in campo il mister. Perché riparte da antiche certezze (ha fatto filotto di 5 vittorie, ha un grande difensore centrale che non è olandese non è esotico ma quanta legna che fa, ha cuore) si riprende spessore, e scopre novità.

    Le antiche certezze sono sempre le stesse, quelle tra parentesi per dire, ma aggiungerei quel palpito intestino e quel brivido freddo nei 6 minuti concessi da Maresca, a beneficio dello spettacolo e dell'astio dei tifosi della Lazio nei suoi confronti. Forse un po' eccessivi (ma lo dico a freddo, a caldo mi sono sembrati eterni, e un'ingiusta punizione per qualche mia colpa passata), comunque carichi di tensione. L'antica certezza è sempre la stessa: il tifoso della Lazio i 3 punti li deve partorire con dolore. E sia, ci teniamo stretto questo vecchio Testamento.

    Novità novità novità, new hits: Correa mi piace sempre più. Sarà per la linguaccia alla Zarate, che è nel mio personale pantheon, scintilla in un mondo grigio, sarà per quel doppio passo bruciante, il fisico che mette in mezzo a protezione, il mix di tecnica e potenza. Tare aveva ragione: non lo sa neppure lui quanto e forte. E dare ragione a Tare non è molto di moda, a Roma, ma lo faccio volentieri. Non per il gol, ma per quello che intravede in questo ragazzo.

    Badelj, lo dico ora che non è in formissima, per questa Lazio è un lusso in panchina. Davvero, ieri l'ho visto arrabbiarsi, caricare la squadra, giostrare il pallone come un regista e andare duro come un medianaccio italiano degli anni '50. E in panchina, non dimentichiamolo, è tornato un certo Berisha. Stravedo per lui, spero un giorno di poter tirare fuori questo articolo e dire, con ghigno di onniscienza: ve lo avevo detto. Nel mentre conservo il link.

    Manca così poco al derby che non riesco a non pensarci, non ci è riuscito neppure Inzaghi. L'aria di Roma si carica di una nuova elettricità, le vecchie amicizie vengono accantonate per giorni o per mesi, ci si mette attorno al fuoco a sentire i racconti dei vecchi tifosi, di quando si andava allo stadio insieme, e Roma era goliardica, affamata, ancora in piedi, ruspante di vita. Ora è una specie di mostro divora figli, Saturno contro. Basta un derby, per rovesciarne la fame e la bile addosso ad uno dei due. Vorrei non fosse così, ma lo è. Vorrei dormire di più, ma non lo farò. Vorrei pensare ad altro, ma non lo farò. Vorrei scrivere di altro, ma non lo farò. C'è il derby, bellezza. Tutto il resto può aspettare. 

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