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Laziomania: una Champions da 7, con un vero rimpianto (oltre a Muriqi)
MURIQI - Partiamo da lui: Inzaghi lo fa iniziare titolare, e veramente la situazione è un po' imbarazzante. Ci prova, aiuta, ma sembra uno di noi bambini va a giocare coi grandi. Per rendimento e spesa, ad oggi forse è secondo solo a Vavro come pressappochismo e pochezza tra gli acquisti inconcludenti di Tare. Capitano ad ogni ds, sarebbe stato bellissimo se non fosse capitato PROPRIO quest'anno. Questo vuol dire bocciarlo? No, non ancora. Aspetteremo, io sono uno di quelli che ancora sogna - contro ogni logica tecnico-tattica - di vederlo che fa 20 gol. Peccato, va detto, che nella stagione più importante della nostra vita con Lotito, ad oggi, ci siamo presentati con nostro acquisto più importante così rabberciato, fuori forma, fuori contesto, fuori focus. Ha sbagliato Tare a prendere lui e Fares? In assoluto forse no, per questa stagione ha fatto un fiasco enorme. La sua fortuna è che i tempi del calcio sono più lunghi per i Ds rispetto agli allenatori, la sua sfortuna è che certi giocatori possono adattarsi quanto vogliono, ma se non sono abbastanza bravi per giocare in Serie A non lo sono oggi, e non lo saranno mai. Spero non sia il caso di Muriqi, di fatto è il caso di Vavro.
RIMPIANTO - Ma lasciamo perdere questo tema e tracciamo un micro-bilancio Champions: per me la Lazio, al netto di quanto detto, fa una bella Champions League, da 7. Abbiamo tutti il cruccio di non averla vista allo stadio, per me la partita più esaltante resta la gara di andata contro il Borussia Dortmund. Una specie di dimostrazione di reale forza: la Lazio in Champions League ci può stare, può giocarsela e passare un girone a conti fatti non proibitivo, ma comunque di livello. Il grande rimpianto - oltre allo stadio vuoto - è sempre legato al Covid: il mini focolaio che ci ha azzoppato due partite (Brugge-Zenit) non ha solo generato strascichi e inchieste, ma ci ha fatto giocare gare chiave in 13. Eh già, nessuna Asl ci ha difeso, nessuno ha detto che gli altri erano dei cattivoni a volerci far giocare, nessuno ha alzato barricate, chiesto rinvii, fatto accuse o cause legali. La Lazio ha giocato, si è presentata, e poi nonostante tutto è pure finita sulla gogna e a processo. Che meraviglia. Chiudendo da prima del girone, forse le prospettive e il sorteggio sarebbero stati meno proibitive. Il doppio scontro col Bayern al contrario secondo me ha rimarcato una cosa: a questi livelli i nostri "aspettiamolo", "si sta impegnando", "facciamocelo andare bene", "forse come toppa va bene" vengono polverizzati dalla letale realtà dell'eccellenza. E gli scarsi, aimè, si dimostrano quello che sono: scarsi.
SCARSA SUNT SCARSA - La Lazio ha nascosto spesso la pochezza di alcuni suoi giocatori dietro i miracoli di Inzaghi o la forza dei suoi big, del suo impianto di gioco, del suo collettivo. Quando arrivano i giganti, hanno la capacità di dimostrare una cosa: che non ci puoi arrivare, non con una certa dose di pressappochismo di mercato e buonismo d'accatto. Un'altra cosa: la Champions ora ci dia consapevolezza. Ce la siamo giocata, ora dobbiamo riprendercela. La corsa Champions deve diventare una specie di ossessione, la necessità vitale deve diventare ritornare su questo palcoscenico. La crescita starà tutta qui: fare il bis. Che non sia l'avventura di una vita, ma una storia lunga, continua, per crescere, migliorare, instaurare un circolo virtuoso che porti all'eccellenza. Altrimenti tutti i discorsi sulla crescita vanno a farsi benedire. Come si arriva di nuovo in alto? Anche tagliando quelli che, sommariamente, prima chiamavo scarsi, per sintesi. Tagliando magari anche altri concetti a lato: se costa 20 milioni, e non ci aiuta in notti così, aspettarlo va bene, ma intanto criticare chi lo ha portato deve essere un dovere per chi guarda al mondo Lazio con onestà. Per gli altri, che hanno deposto l'obiettività ai piedi di chissà quali altri favori e vantaggi, non c'è nulla da fare. Loro si meritano l'Europa League, o come pena del contrappasso si meritano di aspettare un anno, un altro anno, un altro ancora, che un giocatore scarso all'improvviso diventi fortissimo. Inutilmente.