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Laziomania: Tudor sbaglia tutto! Luis Alberto meritava altro, Guendouzi deve restare, sulla melina finale...
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Nell’ultima gara della stagione Igor Tudor sbaglia tutto, ma proprio tutto: dalle scelte di formazione alle dichiarazioni, passando per la mancata passerella a Luis Alberto fino a una stucchevole melina nel finale, sul risultato di parità. Decisioni alle quali si fatica a trovare una spiegazione valida alla luce dell’attuale situazione di una Lazio che preoccupa e non poco i tifosi in vista del futuro.
La stagione va in archivio con un pareggio a dir poco deludente sotto tanti aspetti, la fotografia perfetta di una stagione in campionato al di sotto delle aspettative ma soprattutto del passaggio da Maurizio Sarri a Igor Tudor. Un passo indietro evidente per il presente e per un futuro che ora appare tutt’altro che roseo e ambizioso. La scelta di non concedere la passerella finale a Luis Alberto risulta davvero inspiegabile e ingenerosa nei confronti dello spagnolo, mentre la dichiarazione su un Lotito ‘ambizioso’ e quella ermetica sul futuro di Guendouzi delineano un profilo di un tecnico che continua a imporre il peso del proprio ruolo invece di gestire un gruppo di calciatori e soprattutto uomini, maneggiando con cura pregi e difetti. La dote più importante per un ruolo che deve coniugare l’aspetto comunicato a quello tattico con lo stesso peso, se non preponderante per il primo.
ERIKSSON - Un ritorno a casa. All’Olimpico, in biancoceleste, Sven-Goran Eriksson ha fatto la storia. E non a caso viene sommerso dall’affetto dei tifosi della Lazio, che lo riaccolgono con striscioni, cori e tante manifestazioni di benevolenza. “Forza Sven! Un'aquila vola anche contro vento” è lo striscione apparso in Tribuna Tevere. Uno dei tanti attraverso i quali lo stadio celebra gli anni ricchi di vittorie e gioie con lo svedese in panchina e si schiera al suo fianco nella lotta contro la malattia. “Il popolo laziale ti ama e lotta al tuo fianco” si legge in Curva Maestrelli. Poi la coreografia della Nord con la maglia del centenario, bandiera della Svezia, tricolore, coccarda per la vittoria della Coppa Italia e logo dei cent’anni e sotto la scritta “Sven” lascia tutti a bocca aperta. Anche lo stesso Eriksson, che si concede il giro di campo raccogliendo omaggi e affetto dei tifosi prima del fischio d’inizio di Lazio-Sassuolo, prima di prendere la parola travolto dall’emozione. Un mix di sentimenti che unisce l’Olimpico, che si stringe attorno a uno degli uomini che ha fatto la storia del club.
ARRIVEDERCI PIPE - Quelle lacrime lì. Sentimenti allo stato puro. Un legame indissolubile. Perché al netto di gioie e dolori, di vittorie e sconfitte, di vette e blackout, il rapporto tra Felipe Anderson e la Lazio sarà per sempre. E siamo pronti a scommettere che si tratta di un arrivederci, magari in altre vesti, e non un addio. Il saluto del brasiliano è di quelli che toccano il cuore. La maglia celebrativa, il giro di campo in lacrime, le parole pronunciate per ringraziare tutti. La foto con Olympia. Il riassunto di una notte indimenticabile. Come ha dichiarato lui stesso, nella seconda stagione nella sua prima avventura in biancoceleste Felipe Anderson ha mostrato con maggiore continuità il suo talento cristallino. Imprendibile. Poi le montagne russe. Un saliscendi in cui molto spesso l’aspetto caratteriale è diventato un fattore determinante in negativo, non consentendo a FA7 il definitivo salto di qualità. Ma al netto di questo, resta quel legame tra il brasiliano e la gente biancoceleste, che ha sempre lodato il suo attaccamento alla Lazio e ai suoi colori.
LE SCELTE E LA MELINA - Se il passato rappresenta un mix di emozioni che difficilmente consentono di trattenere le lacrime ad un Olimpico in festa e immerso nei ricordi, il campo catapulta la Lazio in un presente che appare tutt’altro che roseo. L’1-1 contro il Sassuolo rovina la festa di un ambiente accorso a celebrare due personaggi come Eriksson e Felipe Anderson, ma che si ritrova a fischiare la squadra al termine dell’incontro per quella che è stato una prestazione ben oltre la grave insufficienza. Colpa di Igor Tudor, che incappa in una serie di scelte totalmente sbagliate, a partire dalla formazione iniziale. In una sfida contro un’avversaria già retrocessa, il Sassuolo, il croato schiera una squadra inspiegabilmente con interpreti e atteggiamento difensivo. Una scelta difficilmente comprensibile, che si riflette su una prova inguardabile della squadra. A completare il quadro la melina nell’ultima parte della sfida, quando invita la squadra a non affondare e gestire il pallone per portare a casa un pari che garantisce l’Europa League. Il tutto contro una formazione già in Serie B e senza più nulla da chiedere al campionato. Qualcosa di surreale…
LUIS PUNITO - Nella serata da cancellare di Tudor gioca un fattore determinante l’esclusione di Luis Alberto. Lo spagnolo, molto probabilmente all’ultima con la maglia biancoceleste, non solo non parte titolare ma non viene nemmeno schierato a gara in corso per la passerella finale. Altra scelta incomprensibile. Luis Alberto, celebrato dalla Curva Nord con uno striscione (“La pelota siempre al diez... buena suerte Luis!”) e con cori, non meritava di chiudere in panchina la sua storia lunga 8 anni con la Lazio. Al netto di comportamenti ogni tanto fuori le righe e un carattere troppo fumantino ed esuberante, lo spagnolo avrebbe meritato almeno uno spezzone di gara contro il Sassuolo per salutare i tifosi alla sua ultima in biancoceleste. Quella di Tudor appare una scelta ‘punitiva’ dopo le vicende che hanno coinvolto i due nell’ultimo periodo, con le dichiarazioni post Lazio-Salernitana sull’addio e la lite sfociata con la mancata convocazione contro l’Empoli. Un atteggiamento da sergente di ferro che non lancia però segnali positivi e una decisione che non è certamente passata inosservata agli occhi del popolo biancoceleste.
LE PAROLE SUL MERCATO - Quello di Luis Alberto non è l’unico caso da cui emerge un tipo di comportamento ben preciso da parte di Tudor. Dall’arrivo del croato, Matteo Guendouzi è stato relegato al ruolo di alternativa. La lite di Marsiglia è cosa nota e al netto di dichiarazioni di facciata il rapporto tra i due è tutt’altro che idilliaco. Il centrocampista, però, è stato senza dubbio tra i migliori della stagione deludente della Lazio e uno dei (pochi) acquisti azzeccati degli ultimi anni. Se è vero che i panni sporchi si lavano in famiglia, è vero pure che Tudor deve chiarire una volta per tutte la situazione con il francese. La scelta su Luis Alberto non lascia presagire nulla di buono: una cessione in estate sarebbe un grave danno alla squadra e un segnale inconfutabile sull’ego del tecnico davanti al bene del club. Guendouzi deve restare, la Lazio deve ripartire da lui. Nella conferenza post gara, inoltre, Tudor parla di ambizione sul mercato di Lotito e la voglia di rinforzare la squadra. Dichiarazioni che vanno in contrasto con le indiscrezioni su possibili tensioni proprio sul mercato. Parole pronunciate senza troppa convinzione e che molto presto verranno smentite o confermate dai fatti. Il tempo sarà galantuomo…
L’AVEVAMO DETTO… - Non è mistero. Proprio in questa rubrica dopo le dimissioni di Sarri e l’arrivo di Tudor avevamo scritto a chiare lettere e senza troppi dubbi che quel momento segnava l’inizio di un ridimensionamento della Lazio. Un punto chiave, ma in negativo, che avrebbe riportato la squadra biancoceleste lontano dai vertici e dal secondo posto conquistato dal tecnico toscano. Al netto dei risultati in campionato, i segnali arrivati in questo finale di stagione confermano un trend negativo che preoccupa e non poco l’ambiente biancoceleste. L’atteggiamento autocratico di Tudor, con i casi Luis Alberto e Guendouzi emblematici, e un mercato all’orizzonte che si preannuncia senza grandi investimenti dopo la qualificazione in Europa League, oltre all’addio di alcuni dei pilastri storici della squadra, generano sconforto. Basta parole, ora servono i fatti. E il mercato sarà il primo termometro e indicatore reale di una squadra che puntualmente ha fallito l’ingresso in Champions League per il secondo anno di fila. Montagne russe in termini di risultati e un limbo che rappresenta una storia vista e rivista nella gestione ventennale targata Lotito.