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    Laziomania: piccoli passi per la squadra, un grande Guendouzi per Sarri

    Laziomania: piccoli passi per la squadra, un grande Guendouzi per Sarri

    • Luca Capriotti
    La vince da solo: Guendouzi si prende la Lazio sulle spalle e la scaraventa ai quarti con un gol difficile, ma soprattutto corre, giganteggia, primeggia, è tuttocampista di nome e di fatto. Fa una grande gara, e gli altri, forse un po’ trascinati, fanno passettini in avanti. E di questi tempi, anche un leggero upgrade diventa degno di nota, e un fattore di speranza per superare la pioggia di fischi dell’ultima interna.

    SARRI SI GUARDA INTORNO - Sarri cambia meno di quello che ci si aspetta, perché sa che questo gruppo ha bisogno di tirare fuori a poco poco l’anima, e una sconfitta può pregiudicare il fragile equilibrio di chi si sta rimettendo in piedi dopo un avvio di stagione complesso. Mette dentro giusto qualche puntello, e gli dice pure male: è costretto a fare due cambi per infortuni, non programmati Luca Pellegrini fa quello che dovrebbero fare i terzini, e invece dei fischi stavolta in un Olimpico infreddolito e sotto una pioggerella infame il gruppo si porta a casa il passaggio del turno con applicazione, diligenza, gestione, pochissimi rischi. E purtroppo qualche infortunio di troppo, e qualche sliding doors.

    ZERO RISCHI - Alla fine, al contrario del match contro il Cagliari, la Lazio ha rischiato poco o nulla. Il Genoa è stato vivo, perfino in controllo della partita per una buona parte del secondo tempo, e questo in casa, all’Olimpico, dopo essere passato in vantaggio, è comunque un problema. La Lazio ha mancato il gol del raddoppio (e devo dire che un paio di volte ci è andata vicina), ma soprattutto ha gestito, ha tenuto botta, è stata ordinata. Gila (altro segno più, e la scivolata su Retegui vale tanto, tanto) e Patric oramai sono una coppia solida e funzionale, Pellegrini dovrebbe trovare un po’ più il campo, e in generale mi sembra che l’impegno ci sia stato. Il palleggio è salito di tono, Sarri dice che da 3 anni a Roma la Lazio è in crisi, e non ha torto. Però questa squadra non la chiude un  Peccato che, è questo è un tema per le prossime settimane, la fredda notte dell’Olimpico si porti appresso un paio di infortuni di troppo.

    INFORTUNI - In particolare, è un peccato che ad uscire sia Isaksen (oddio, pure Patric ci lascerebbe in difficoltà numerica). Per due motivi: stava trovando brillantezza, e in generale ha skill che ci mancano ora: è sfrontato, ha carattere, ha piedi e rapidità. Esce dopo meno di 30’, e al suo posto purtroppo ritrova il campo Felipe Anderson. Il brasiliano oramai è in piena crisi di identità, un’immagine su tutte, quando travolge il Taty Castellanos pur vedendolo arrivare. In generale, Sarri dice che il contratto lo tocca poco, ma non è sempre stato croce e delizia. E adesso è croce. E insomma, io mi sento di dire che, come spesso mi succede, quando Sarri parla, io ascolto.

    SLIDING DOORS -
    La partita contro il Genoa è un po’ la cartina di tornasole di alcune situazioni personali dei giocatori. Di Felipe Anderson abbiamo parlato, ma ci sono altri due giocatori che, in Coppa Italia, hanno sciupato l’ennesima occasione di dare una sterzata alla loro esperienza alla Lazio. Daichi Kamada mette in campo una gara scialba, con una sola palla buona per Immobile (ottimo il suo rientro in campo, lucido e reattivo), e in genere sembra un po’ ancora ombroso, in un momento di ambientamento complicato e più lento di quanto forse ci si aspettava da un ragazzo intelligente e di qualità come lui. L’altro di chance ne ha sprecate tante: Basic è più di là che di qua, e questo l’abbiamo capito, e di là è un mondo fuori dalla Lazio. Poteva lasciarci con 10 minuti di serenità e il gol del raddoppio, invece davanti a Leali sbaglia un rigore praticamente. Fotografia della sua esperienza romana, tanti presupposti, e poco altro. Per fortuna c’è Guendouzi, e Basic lo rivedremo al massimo in una news di calciomercato.

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