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    Laziomania: per brevità, è la legge del calcio bellezza

    Laziomania: per brevità, è la legge del calcio bellezza

    • Luca Capriotti
    Per brevità è la legge del calcio quella che è andata in scena a Genova tra Lazio e Genoa. La legge del calcio in tutto il suo spietato, divertente, allucinante splendore. Una partita da cardiologia, una commedia buffa, ironica, spalleggiata da sentimenti densi e rustiche esultanze. Per poi finire come nelle migliori tradizioni italiane: tutto resta come era prima. La legge del calcio dice subito una cosa: se sei figlio di ex Lazio e per di più chiacchierato sul mercato, segnerai alla Lazio. Simeone con un gol da 9 puro mette un certo languorino a Tare, e ai tifosi della Lazio, che forse hanno già in mente un vecchio coro da tirare fuori dal cassetto. La legge del calcio vuole che un rigore più o meno buono negato a Parolo riaccenda la Lazio, che segna, su un altro rigore, trasformato da un rabbioso Biglia. Dopo averlo sbagliato, parato da Lamanna, tanto per far salire la tariffa del cardiologo succitato. La legge del calcio vuole che Maresca, l'arbitro, riesca a far saltare i nervi a tutti: prima ad Inzaghi, che si accomoda nel tunnel, poi a Juric, che si accomoda nel tunnel accanto a lui, due cuori da ex calciatori e una capanna. Dopo una lunga corsa per il campo, magia di Marassi, con fischi ad Inzaghi ed ovazione per Juric. Una legge del calcio anche questa, quando torna un allenatore di cuore viene applaudito, e la sua squadra tira fuori la prestazione più rabbiosa del girone di ritorno. La legge del calcio vuole che Lombardi, un ragazzino ex Primavera, entrato al posto di Felipe Anderson abbia la palla del vantaggio dopo una corsa folle in contropiede. E la sciupi, fuori, con tanto di illusione del gol. Com'era quel numero, quello del cardiologo? La legge del calcio vuole che poi subito dopo, ovvio no, segni Pandev, ex Lazio, "avvelenato" di bilioso veleno con Lotito e Tare. E lo dimostra di nuovo, senza bisogno di grosse interpretazioni. Fa un po' male anche ai tifosi della Lazio, a dire il vero. Perché il calcio alla fine è anche affetto, e l'affetto schiaffeggiato duole. La legge del calcio vuole che poi entri Luis Alberto, fino ad ora un signor nessuno in casa Lazio. Tanto che, alzate le mani, chi lo vuole in campo per risolvere la partita? Chi ha pensato, sinceramente, che potesse cambiare qualcosa? E invece la legge del calcio, alla fine, vuole che proprio lui, l'uomo meno atteso, da lontano sigli nel recupero il gol del pareggio, di mirabile fattura, pregevole, esteticamente perfetto. E tutte le maledizioni passano il Mar Rosso all'improvviso e diventano gioia, per rimanere in tema pasquale. Gioia a metà, perché la legge del calcio vuole a Genova la Lazio non vinca da troppo tempo, vuole che questa Pasqua sia amara un poco, un poco allegra, come una vecchia commedia. In cui, per virtù del pareggio milano-cinese e dello stop dell'Atalanta, alla fine è successo di tutto. Ma, come spesso capita in Italia, non è cambiato davvero nulla.

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