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    Laziomania: la Lazio (Immobile) ci crede oltre ogni ragionevole speranza?

    Laziomania: la Lazio (Immobile) ci crede oltre ogni ragionevole speranza?

    • Luca Capriotti
    La Lazio non riesce a battere un ottimo Parma già retrocesso se non con 4 rimpalli ed il solito immobile, il solito cuore, la solita anima che va ben oltre il 90'. Non solo, va ben oltre questo campo, forse perfino oltre questo gruppo, il legame tra questi ragazzi e Simone Inzaghi.

    Questa partita ha evidenziato i soliti problemi della Lazio, ed i soliti pregi. La solita Lazio, che si stava condannando da sola, e da sola si è ancora una volta ritrovata, contro ogni pronostico, all'ultimo respiro utile. Oltre ogni nostra considerazione, maledizione, voglia.

    LA PARTITA INDECOROSA - La partita è stata brutta: il primo tempo si è concluso con poco o nulla di fatto, molto nervosismo, un po' di depressione e scarsa motivazione, come se fosse tutto finito (la matematica in realtà non condanna). Parma e Lazio sembravano accomunate dalla stessa scarsa ambizione, con la differenza che gli ospiti sono rimasti in campo con ordine, in Brunetta hanno trovato un leader tecnico vivace e frizzante e di fatto migliore in campo. Dall'altra parte la Lazio assetata dipendeva dalle giocate fluide di Luis Alberto, l'unica fonte di calcio in campo. Acceso, spento, di nuovo acceso, il gioco era tutto da lui e per lui. La palla più ghiotta è la sua, la sua traversa una scheggia di emozione in un match difficile, con il Parma che dopo 45' attenti arretrava con buon ordine, mettendosi nella posizione di trincea che la Lazio ha odiato per tutta la stagione, l'unico terreno in cui davvero non sa stare, non sa giocare, non sa incidere. Poi solo brividi: due legni del Parma, due belle parate di Strakosha, Muriqi che esce furioso, la Lazio sempre più alla deriva. Alla fine la scena più inaspettata: il colpo di coda, il colpo dell'anima, il gol di forza, casualità, astuzia e coraggio di Ciro Immobile. Che, nell'intervista postpartita, chiede un upgrade di mentalità vincente. A tutti, società compresa, non solo ai compagni.

    IL BILANCIO MA NON ORA - Non è (solo) Muriqi il problema: questa punta da 20 milioni ha carattere, ma non è il carattere che fa di un uomo un calciatore di livello, o appena un calciatore adatto alla Serie A. Tutto il mercato di Tare è stato sballato: Fares sembra uno capitato per caso in un posto strano, che non gli piace, a lui estraneo, Akpa Akpro è poco più che un discreto giocatore, forse il vero acquisto della serata sembra quel portiere accantonato per la maggior parte della stagione, che con due super parate tiene a galla i suoi quando sono spaccati in due e si sono ridotti a fare il torello a dei retrocessi. Questi sono tutti i dettagli, la checklist e le postille di un fallimento strategico, ma in questo preciso momento della stagione non è ancora il momento di tirare fuori il pallottoliere e fare la conta degli errori, dei segni + e dei segni -. So che per molti la tentazione è forte, per qualcuno è una ragione di vita, per qualcuno la giusta rabbia di un mancato supporto a questo mister e al nucleo principale di questa squadra (non più di 7 giocatori). Ma ora non è il momento dei bilanci, c'è un derby da onorare, un finale da vivere. Un ultimo sussulto in cui sperare.

    HA SENSO CREDERCI? - La Lazio entra di fatto in Europa League, e detta così fa a metà tra delusione e comunque sussistenza in Europa, seppur quella piccola e piuttosto vituperata (non da tutti). In questo momento storico ci è capitato di parlare di tutto: del futuro di Simone Inzaghi, della cessione della Salernitana, perfino dei 7 gol subiti dal Toro di Cairo, classica vittima della proverbiale "maledizione di Lotito". La Lazio, questa stessa Lazio in difficoltà contro una squadra già retrocessa, si sta ancora giocando una flebile speranza. Stupido crederci? Lo do per scontato. Ma credo che voi ed io siamo stati in grado, e forse lo saremo ancora per un po', perfino di cullarci sotto questa fioca luce di una lontana possibilità, forse solo meramente matematica.

    Per Inzaghi, per quelli di noi che questo ritorno in Champions se lo sono dovuto vedere da casa, per quelli che non ci credono più, questa squadra dovere di tenerci vivi fino all'ultimo, tenere gli altri sospesi fino all'ultimo minuto, all'ultimo respiro, quell'ultimo sussulto che mai come in questa stagione è nostro, solo nostro. Ci ha insegnato questo, l'anno trascorso dietro a questa squadra: quando nessuno ci crede più, in quel momento segna la Lazio. Questa la lezione vera della stagione, di questo Ciro Immobile. E va perfino oltre il calcio, se possibile. In quel momento, oltre ogni ragionevole speranza, la Lazio segna.

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