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Laziomania: ecco perché Klose non è stato l'uomo immagine che volevate
Non può essere l'uomo-immagine perché non ha mai voluto fare l'uomo-immagine. Probabilmente perché ha preferito il professionista, il lavoratore, una mentalità della non-apparenza. Questo anche a discapito di una possibilità importante a livello di marketing: all'estero la Lazio è la Lazio di Klose, ancora oggi, ma a lui, le questione mediatiche proprio non interessano. All'inizio neppure voleva rilasciare interviste in Italia, convinto che il suo italiano non fosse perfetto, convinto di poter passare un messaggio sbagliato, non perfettamente comprensibile. E questo, per un perfezionista fanatico è inaccettabile. Klose non è stato l'uomo-immagine che volevate perché all'immagine ha preferito anteporre la Storia. La sua personale, e la storia dei suoi record, del suo ingresso nell'Olimpo del calcio. Alla lunga, probabilmente, delle interviste che stiamo facendo non rimarrà nulla. Ma Klose sarà sempre metro di paragone, sarà sempre quello da raggiungere e superare. Tra 30 anni gli chiederanno: sei contento che hanno superato il tuo record in Nazionale, o alla Lazio, o lo stanno per superare? Perché superarlo sarà difficile, lo è sempre stato per tutti.
Forse l'immagine che preferiva Klose è quella che, tra copertine glitterate e patinate degli altri, che a lui non sono mai piaciute, esce con più difficoltà. Esce con più difficoltà, ma alla lunga, e il suo cammino alla Lazio è stato lungo, quasi metà dell'era Lotito, di cui è stato probabilmente l'unico campione assoluto, alla lunga esce, traspare. Forse l'immagine che preferiva era quella del campo di allenamento, con le ombre che si allungano, la sera che avanza. La fine dell'allenamento, ed i compagni che vanno a fare la doccia, chiacchierando. Lui che si ferma a parlare con un ex Primavera, con qualche ragazzo, teso, con gli occhi svegli, dopo l'ultimo scatto a recuperare l'ultimo pallone, a pressare, come se fosse l'ultimo allenamento sulla faccia della terra, l'ultimo pallone utile. Poi tutti che vanno via, anche l'ex Primavera, e lui che va a prendere la sacca dei palloni, ed uno, ad uno, li raccoglie, li va a raccogliere in giro per il campo. Come se non avesse appena vinto il Mondiale, come se non fosse il giocatore più prestigioso della rosa, come se non fosse Miroslav Klose. Poi un sorriso sghembo, improvviso, una battuta secca, uno sguardo attento. Raccoglie l'ultimo pallone, con la sacca sulle spalle, e per ultimo lascia il campo. Forse questa è l'immagine che preferiva, forse questa è l'unica immagine che voleva dare: il primo ad entrare, l'ultimo ad uscire dal campo di calcio, sempre come se fosse l'ultimo allenamento, l'ultima partita, l'ultimo pallone giocabile sulla faccia della terra.